Una rubrica a cura di Giuseppe Frazzetto.

Immaginato da Stanislaw Lem nel romanzo omonimo del 1961 (poi raccontato nel film di Andrej Tarkovskij, 1971, e nel remake di Steven Soderbergh, 2002), il pianeta Solaris è abitato da un’entità enigmatica in grado di materializzare sogni e desideri inconsci. Metaforicamente, allora, Solaris è il nome del nostro mondo “postcontemporaneo”, in cui l’apparente razionalità dei dispositivi si è in effetti strutturata in una diffusa “crisi della presenza”. Alla crisi si reagisce con attitudini espressive, neo-mitiche, mescolando gli ambiti della vita, della pratica estetica, del confronto con i media. Il Solaris è perciò affascinante e inquietante. È lo spettacolo di qualsiasi cosa, destinato a qualunque spettatore nonché allo spettatore qualunque. Ma non è solo uno spettacolo, né soltanto una rete di spettacoli. Giacché il Solaris cresce col nostro contributo. Ci vampirizza. Ci trasforma in potenziali artisti, produttori, performer. Il Solaris ha innumerevoli autori: noi.

Carla Lonzi (e Carla Accardi): “Autoritratto”

Alcune suggestioni rilevanti sul rapporto fra arte e critica possono scaturire dalla rilettura di un testo prezioso di Carla Lonzi (Firenze 1931 – Milano 1982): Autoritratto. Accardi, Alviani, Castellani, Consagra, Fabro, Fontana, Kounellis, Nigro, Paolini, Pascali, Rotella, Scarpitta, Turcato, Twombly. (Farò riferimento all’edizione originale, De Donato, Bari 1969. Il libro successivamente è stato pubblicato da et al., 2010 e da Abscondita, 2019). In questo intervento mi limiterò comunque ad accennare ad alcune argomentazioni di Lonzi e di Carla Accardi (Trapani 1924 – Roma 2014).

Il Giornale di pittura (1954-1964) di Toti Scialoja

La lettura dello splendido Giornale di pittura di Toti Scialoja (Quodlibet, 2022) sembra aprire un portale temporale, testimoniando una Stimmung di cui l’attuale spirito del tempo forse non ha più nemmeno il sospetto; e però le riflessioni di Scialoja ci risultano familiari, risuonando nelle armoniche d’un che di desiderato e “classico” – ci fanno pensare: così scrive un artista, così un artista dovrebbe lottare col tema della propria arte (cioè dell’arte-vita), con serietà e tenerezza, confidando nell’esile speranza di non sperare in una risposta definitiva.

Sul Grande Cretto di Alberto Burri, ancora

Nell’anniversario del terremoto del Belìce del 1968, la Fondazione Orestiadi di Gibellina il 15 gennaio ha presentato due opere, di Costas Varotsos e di Gianfranco Anastasio. Nell’occasione, e in ricordo dell’artefice Ludovico Corrao, proponiamo alcune riflessioni sul Grande Cretto di Alberto Burri.

La “disciplina crimson”

Il 22 ottobre un evento particolare permetterà agli appassionati di vedere il celebrato documentario In the Court of the Crimson King, King Crimson at 50, diretto da Toby Amies.
“In a carefully choreographed global event, the movie will be available for One Day Only in select independent cinemas worldwide on Wednesday 19th October, with a specially filmed introduction. This will be followed on Saturday 22nd October by a special streamed screening in London, with live introduction by Robert Fripp and Q&A with the director and band members. The whole event and movie to be available live worldwide on the nugs.net platform and available through Video On Demand for a 24 hour period thereafter to allow for fans in different time zones around the world”.
Colgo l’occasione per proporre un mio testo del 2020 (quasi inedito) in cui discutevo della “disciplina crimson” a partire da In the Wake of Poseidon.

L’aporia dell’atopia

Un nuovo brano proposto da Björk si intitola Atopos. Il testo allude a un intricato rapporto amoroso; l’uso della parola atopos risulta perciò alquanto appropriato, come rinvio allo stato d’animo di chi si innamora e/o di chi si interroga su un amore forse in crisi. Il termine ha una storia illustre.

Giacomo Verde

Giacomo Verde. Alle radici dell’Artivismo

Il 9 settembre si aprirà al Museo d’arte contemporanea CAMeC di La Spezia la seconda sezione (Tecnoarte e Interazione), curata da Andreina Di Brino, Anna Maria Monteverdi e Sandra Lischi, della mostra Liberare Arte da Artisti (promossa dal Comune della Spezia; partner le Accademie di Belle Arti di Carrara, di Bari, di Brera e l’Università Statale di Milano, Dipartimento di Beni culturali). La mostra è dedicata a un protagonista delle ricerche di confine fra arte, tecnologia, impegno civile e politico, cioè Giacomo Verde (1956 – 2020). Il progetto espositivo curato collettivamente da un gruppo di artisti e studiosi vicini a Verde, si basa in parte sulle ricerche condotte da Anna Maria Monteverdi, già compagna dell’artista, insieme con Dalila D’Amico e Vincenzo Sansone sui disegni per le videoinstallazioni; ricerche che hanno condotto a una pubblicazione per la Milano University Press che è possibile scaricare liberamente.
Ho rivolto alcune domande ad Anna Maria Monteverdi.

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Retrospettive. Il mito di La jetée

Può risultare sorprendente la constatazione d’un permanere della remota coppia Dioniso / Apollo. Ma i tempi la impongono, la richiedono i media attuali. La nostra percezione e la nostra memoria, acuite e allo stesso tempo anestetizzate dai media, si misurano col turbine d’un continuo mutamento, che però sembra frazionarsi indefinitamente in istanti, ognuno dei quali in sé concluso e (in)significante. In termini di resa simbolico-culturale, assistiamo allo scontro fra l’attitudine “dionisiaca” delle procedure performative e il tentativo “apollineo” del perfetto agghindarsi, della posa definitiva.

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