Incontri è una rubrica a cura di Serena Ribaudo. Incontri come dialoghi tra curatore ed artista, alla ricerca del senso delle cose dell’arte e della vita.

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Francesco De Grandi

Francesco De Grandi ha in sé la forza viscerale e la grazia misteriosa della Pittura. I mezzi formali pregevoli, le doti audaci di colorista, la vocazione immaginativa si predispongono per essere fedelmente al servizio di una fiamma antica che mai si sopisce, anzi si rinnova in visioni ed impulsi sempre di straordinaria efficacia e pieni di devoto rapimento. 

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Tiziana Pers. L’arte e la difesa dei deboli

Tiziana Pers è un’artista e attivista friulana che ha fatto del rispetto e della dedizione per tutte le creature l’amoroso cibo di cui nutre incessantemente la propria attività. L’energia pulsante di Tiziana s’invera, prende corpo in un’esperienza artistica moderna e poetica che attinge audacemente alle tematiche più contemporanee per rileggerle con immediatezza e profondità. Con tutta la fiamma e l’originale senso della sua ricerca. Ha calcato i più importanti palcoscenici nazionali ed internazionali, Tiziana: tra i tanti il Castello di Rivoli, il Madre di Napoli, il Palais de Tokyo di Parigi, il Museo Nazionale di Storia Naturale di Sofia in una doppia personale con la guatemalteca Regina José Galindo. Ma fuor di dubbio, la Pers trova il suo nido sicuro, il suo luogo di appartenenza in quella regione natìa dove ha fondato, insieme con la sorella Isabella Pers (anche lei artista dalle pregevoli intuizioni), RAVE East Village Art Residency, meta-progetto di Residenze d’Artista che negli anni ha visto sfilare personalità del calibro di Adrian Paci, Tomás Saraceno, Ivan Moudov, Giuseppe Stampone, Liliana Moro.
Ho avuto il piacere di dialogare con Tiziana Pers.

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IOSONOVULNERABILE. La conquista del diritto alla vulnerabilità.

Dal 30 settembre 2023 al 30 gennaio 2024, all’ExCarcere Pontificio di Velletri, “iosonovulnerabile, dunque vivo. Arte è amare la realtà!” a cura di Sergio Mario Illuminato. Una pratica performativa transdisciplinare all’exCarcere Pontificio di Velletri per esplorare la realtà e la vulnerabilità umana.

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Giovanni Gaggia. La bellezza è un punto preciso

Conosco Giovanni Gaggia da parecchi anni. Lo considero un fratello d’anima. Abbiamo per lungo tempo percorso mano nella mano un cammino professionale costruito sull’armonia, sull’affetto, sull’empatia, su di una ricerca di corrispondenze estetiche e di fede artistica che ci accomunavano e ci accomunano. Giovanni mi è sempre parso come un anacoreta.

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Una Malinconia in cui l’Anima sembra ristorarsi. Intervista ad Elena El Asmar

“Almustafà, l’eletto e l’amato, come un’alba verso il suo giorno, aveva atteso dodici anni nella città di Orfalese il ritorno della nave che doveva riportarlo all’isola natìva”. Così si apre Il Profeta di Kahlil Gibran, un’opera luminosa. Un’opera eroica per dolcezza e profondità. Una vera Sacra Bibbia del Novecento, ammirata e amata dai lettori di tutto il mondo. Protagonista de Il Profeta è Almustafà che ritroviamo anche ne Il Giardino del Profeta, altro capolavoro letterario di limpida ed antica bellezza dell’autore libanese-statunitense. Proprio Il Profeta ed Il Giardino del Profeta divengono il criterio lirico cui mi sono attenuta in questo per me sentito dialogo con Elena El Asmar. Un filo d’oro che si dispiega gentile nelle forme dialogiche della nostra conversazione. Che sussurra un canto malinconico e prezioso.

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Elio Cassarà: della melodia dell’Anima

Elio porta già inscritto nel suo stesso nome la meravigliosa inclinazione del suo fare arte, il télos del suo dipingere. L’innamoramento della luce del sole, del manifestarsi di questa in moltitudini di declinazioni. La luce di ardente sensualità di Sicilia, la luce vibratile, osmotica, riflessa negli specchi d’acqua di Venezia, la luce preziosa, aurorale di Mosca. Monet sosteneva: “voglio dipingere l’aria”. Elio vuole dipingere la luce. E lo fa con dedizione, con inesausto studio, con fede. Con un anelito che sembra riecheggiare le parole di Florenskij: “Verità, Bene e Bellezza: questa triade metafisica è un unico principio, un’unica vita spirituale esaminata sotto vari punti di vista”. Una sorta di summum bonum che diviene il filo d’oro che si dipana nel suo essere artista.

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Mustafa Sabbagh. D’arte e di vita

Mustafa Sabbagh è riconosciuto come uno dei 100 fotografi più influenti al mondo. La sua opera d’altissima caratura trova il suo principio più profondo, la sua radice più organica in un intelletto creativo e poetico di purezza adamantina. La profonda modernità, cui Sabbagh approda, affonda senza tradimenti nel tempio della Bellezza e, parafrasando Mallarmé, negli “arcani rivelati” dei quali l’artista diviene appassionato officiante. Tanto più potente è l’opera sua, quanto più ci appare icastica, ardente, ignea, purificata. La sua attività immaginativa si amplia dalla celebre fotografia, che a volte pare scolpita nell’onice, alla sapiente produzione scultorea ed installativa, sempre sortendo esiti d’eccezionale coerenza e di lucida esattezza. Se, come sosteneva Leonardo da Vinci, la luce non può mai cacciare del tutto l’ombra, Mustafa Sabbagh è l’artefice di universi immaginativi slittanti e duplici, aspri e sacri, tormentosi e lenienti, intessuti della bellezza d’ombra del Notturno e di visioni dalla più abbacinante purità ialina.
Ho avuto il piacere di dialogare con lui d’arte e di vita.

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Donato Piccolo. Essere nel proprio tempo

C’è nell’opera di Donato Piccolo un dato rituale che si aggancia ad un principio immutabile. Un nous, un codice interiore che ha trovato i suoi mezzi espressivi più efficaci nell’eccezionale, nel prodigioso. Amare una vocazione così lucida, ed al contempo così inafferrabile, attribuisce un valore speciale ad una intuizione, ad una volontà di escavazione che si muove oltre il demi-monde per giungere ad una energia archetipica, ad un’alta memoria del Mondo. È in questa che Piccolo si immerge per andare a raccoglierne il nucleo più misterioso ed essenziale e poi ricrearlo attraverso formule e forme, soluzioni del tutto nuove. Ho avuto il piacere di intervistare Donato e di dialogare con lui di arte e di scienza, di Leonardo e di Einstein.

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Tiziana Cera Rosco e del cercare dimora nell’enigma

Tiziana Cera Rosco adempie da sempre alla Ragione Invisibile del suo essere, alla chiamata dell’artista. È al mondo come artista. La sua fame d’indagine immaginativa, d’analisi estetica, d’escavazione animica mai sembra placare le febbri di un daimon che è per lei guida e fattore genetico, di un anelito al rinvenimento dell’immortale strada verso la Bellezza. La sua è una fabulazione artistica fatta di abbandoni salvifici e di rigore compatto: che al contempo detona la crisi e la riconcilia, spezza i nervi e li pacifica. Il luogo della sua arte è l’Anima; il filo d’oro che si dipana nel suo taccuino è la Purezza. Ho avuto il piacere di dialogare con lei

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“L’Arte è mia. Ma non solo”. Dialogo sottovoce con Francesco Lauretta

Conosco Francesco Lauretta da lungo tempo. Una familiarità fatta di incontri gentili, di conversazioni en plein air tra le bellezze opulente di Palermo e tra i prospetti che paiono d’ematite di Firenze. Ho avuto così sempre modo di approfondire, di questo artista, la squisita sensibilità, l’esattezza intellettiva, la fiamma viola che lo accende. Condividiamo questo “esotismo composito” per dirla alla D’Annunzio: entrambi percorsi dal fervore di girovagare per la penisola, abbiamo custodito nel nostro organismo una sostanza intrisa dei blu radiosi delle acque abitate dalle sirene, cullata dai profumi delle pomelie e delle zagare. Una sicilianità che si esprime, nella pittura di Lauretta, nella vibratilità dei barbagli luminescenti, nell’impasto cromatico che è di purità gemmea. L’ho sempre pensato come un San Francesco che si pone con fede dinanzi alla sua tela in un’esecuzione pittorica o disegnativa che è tutta un fluire di linfe interiori, che è tutta una vera teologia dell’arte. Un citaredo dalla malinconia pacata ma dalle pupille ignee. Sono felice di tornare a dialogare con lui, in un’idea comune d’Arte.