Carlo Sala, ph. Alberto Stievanin

F4 / UN’IDEA DI FOTOGRAFIA | Parola al direttore Carlo Sala

Villa Brandolini di Pieve di Soligo ospita, sino al 10 luglio, F4/UN’IDEA DI FOTOGRAFIA, festival diretto da Carlo Sala e affiancato dal Premio Francesco Fabbri della Fondazione. Visioni, ricerche e paesaggio sono il filo conduttore del festival.

Lo scorso 4 giugno Villa Brandolini a Pieve di Soligo (TV) ha aperto al pubblico per l’XI edizione del Festival F4 / Un’idea di fotografia, a cura di Carlo Sala. Occasione per entrare in contatto con la relazione tra immagine e sperimentazione di ricerca culturale, grazie ad una coralità di visioni e poetiche che, come tappe di un viaggio nell’alveo del linguaggio fotografico, porta in scena una duale ed affascinante altalenanza tra imamgine ed immaginario, visione e paesaggio, ricerca sperimentale e rappresentazione tout court. Mappatura che si dipana mediante due mostre, ‘aggregate per differenze’.

Al Festival è poi, come sempre, legato il Premio Francesco Fabbri 2022, fortemente voluto e portato avanti dalla Fondazione omonima.

Segnonline ha incontrato Carlo Sala, curatore e direttore artistico di F4 / Un’idea di fotografia per porgli alcune domande sul festival e non solo…

Azzurra Immediato: ‘Dalle riflessioni sul paesaggio di Luigi Ghirri e Mario Cresci alla fotografia di ricerca’ è il concept che accompagna l’XI Edizione di F4 / Un’idea di fotografia, mediante cui l’indagine svolta del medium fotografico e da visioni autoriali eterogenee per cronologia e poetica, costruirà una narrazione ampia e profonda su tematiche quali il rapporto tra fotografia e paesaggio e fotografia e sua significazione contestualizzata. Qual è, dunque, la radice che il festival e Lei avete portato ad emersione per l’edizione 2022 di F4?

Carlo Sala: Sono due progetti espositivi diversi, sia per i lavori esposti che per il display adottato, ma complementari perché entrambi sono idealmente ‘figli’ della celebre frase di John Berger secondo cui «ogni immagine incorpora un modo di vedere». I visitatori vedranno due mostre che – da un lato attraverso la relazione con il paesaggio e dall’altro analizzando i processi di risignificazione dei contenuti visivi – riflettono sulla capacità delle immagini di indagare e incidere sul reale.

A.I.: Fosfeni, la mostra che ha tra i suoi protagonisti grandi maestri della fotografia come Luigi Ghirri e Mario Cresci ed importanti esponenti degli anni Duemila, compie un excursus che, tramite nomi di artisti di diversa estrazione anagrafica e di ricerca, si riallaccia alla poesia ‘Fosfeni’ di Andrea Zanzotto, nativo di Pieve di Soligo. La trama filosofica fra verso ed immagine ha guidato, in qualche modo, la progettazione della mostra e l’interpolazione delle differenti grammatiche degli artisti, esaltandone, poi, i punti di contatto?

C.S.: Ho sempre pensato che il fosfene – la presenza temporanea nel campo visivo di scintille o punti luminosi – fosse una straordinaria metafora di quello a cui debba tendere uno sguardo contemporaneo, che, invece di fermarsi all’evidenza, deve cercare delle visioni altre, dei punti di vista laterali. La mostra parte da un maestro della fotografia come Luigi Ghirri che ha ragionato in modo profondo sulla percezione del reale e vediamo esposti degli scatti che ritraggono dei murales vernacolari raffiguranti una serie di paesaggi stereotipati grazie ai quali l’autore ha innescato una riflessione sugli immaginari. Il percorso prosegue con vari artisti contemporanei che mettono in dubbio e decostruiscono il reale, come le visioni naturai di Silvia Mariotti o quelle oniriche realizzate da Silvia Bigi mediante degli algoritmi fino ad Alberto Sinigaglia che riflette attorno al concetto di sublime tecnologico.

A.I.: The image as process è la seconda mostra del festival ed è curata da Lei e dal collettivo The Cool Couple; essa sofferma la propria attenzione sul ruolo del significato delle immagini immerse nei contesti più disparati – come ormai il quotidiano ci ha insegnato – fruite da pubblici trasversali. Ciò innesca processi spesso sorprendenti e mai univoci. L’esposizione, sviluppata secondo i termini di 10 tematiche, è stato affidata ad artisti ponenti il proprio focus su tali dinamiche. In questo caso, il pubblico, cosa dovrà aspettarsi?

C.S.: I visitatori saranno immersi all’interno di un flusso di immagini – quasi a dare forma all’iconosfera del nostro tempo – portatrici di una serie di tematiche e spunti che vanno dalla biopolitica alle questioni gender, dalla memoria alla metafotografia. È una mostra che non vuole portare dei riferimenti letterali e assoluti, ma chiedere al fruitore di assumere un ruolo attivo e di non limitarsi a cogliere le relazioni che si innescano tra le varie immagini, ma di crearne di nuove e impreviste.

A.I.: Dinamiche, quelle emerse grazie ad una scelta curatoriale collettiva, che ha assegnato a 10 curatori del panorama italiano il ruolo di ‘segnalatore’ di 10 artisti. Quella che molti considererebbero una Babele organizzativa, in che maniera, al contrario, ha portato ad un flusso d’analisi e di espressioni tali da gemmare un abbecedario composito e accattivante?

C.S.: L’esposizione era stata pensata per celebrare un decennio di attività del settore arti visive della Fondazione Francesco Fabbri e per questo ho voluto coinvolgere una serie di curatori e artisti che sono stati legati a vario titolo ai nostri eventi. La progettazione della mostra è stata essa stessa un processo che ha permesso di riflettere sullo statuto delle immagini oggi, su come queste siano soggette a continui processi di senso e su come possano influenzare e contribuire a modificare la nostra quotidianità.

A.I.: Al Festival F4 è infatti legato anche il Premio Francesco Fabbri dedicato all’Arte emergente e alla Fotografia contemporanea. Quali saranno i punti su cui si concentrerà la ricerca del Premio e quali le aspettative per questa edizione?

C.S.: Il Premio Fabbri, giunto alla sua undicesima edizione, negli anni è stato una sorta di ‘cartina tornasole’ delle istanze dell’arte emergente e delle riflessioni legate all’immagine contemporanea. Il bando quest’anno rimarrà aperto fino al 4 settembre e sono già arrivate molte candidature che spero in mostra diano una panoramica su una serie di urgenze a cui l’arte odierna non può sottrarsi. Con i colleghi di giuria – Lorenzo Balbi, Daniele De Luigi, Rossella Farinotti, Antonio Grulli, Francesca Lazzarini, Elisa Medde, Angel Moya Garcia e Mauro Zanchi – vogliamo operare un lavoro di scouting tra le più interessanti istanze creative italiane e internazionali.

A.I.: Parliamo ora di fotografia extra festival. La fotografia si è mossa da un certo tipo di focus virando verso una ricerca che ha, spesso, messo da parte una certa spettacolarizzazione per tornare ad un dialogo più intimista e, forse, necessitante di verità talvolta taciute. Quali sono i cambiamenti che, oltre i naturali processi di avanzamento delle grammatiche fotografiche, Lei ha potuto registrare negli ultimi 3 anni? La fotografia italiana di oggi quale direzione sta prendendo ed in quali dettami o caratteristiche è riconoscibile?

C.S.: Il panorama italiano degli ultimi anni è stato caratterizzato da ricerche polisemiche che hanno condotto la pratica fotografica verso una serie di riflessioni sullo statuto dell’immagine e sulla creazione, gestione e ricezione di palinsesti visivi. Questa polifonia di visioni, percependo come angusti i confini teorici, formali e sistemici dello specifico mezzo espressivo, ha di sovente virato verso ibridazioni mediali che a seconda dei casi hanno portato a decostruire e ricostruire il processo fotografico, a connetterlo con display installativi e narrazioni video o ad abiurarlo attraverso l’uso di immagini preesistenti creando delle narrazioni in senso lato. Ciò che sembra unire i vari progetti sono i comuni nodi teorici, la consapevolezza del ruolo e dell’influenza dell’immagine nella vita quotidiana e il contesto mediatico globalizzato in cui tali autori operano attraverso temi come il sovraffollamento iconico, l’estetica della sorveglianza, le rappresentazioni del potere tra geopolitica e fenomeni di decolonizzazione dell’immaginario, i processi di creazione collettiva, l’omologazione della fotografia vernacolare digitale, l’apprendimento e la creazione autonoma delle macchine e la riprese di alcuni riflessioni sulla memoria privata o collettiva alla luce dell’impossibilità ontologica di distinguere in modo compiuto realtà e finzione.

A.I.: Il ruolo della fotografia ha assunto una valenza inusitata – come molti addetti ai lavori hanno sottolineato e cosa che le neuroscienze affermano da sempre – anche nella costruzione di identità soggettive e corali, nella narrazione del quotidiano e nella costruzione di ponti verso l’altro da sé. Ciò emergerà di certo anche dalla mostra The image as process; se Carlo Sala, invece, dovesse dare un consiglio ai giovani che oggi iniziano i propri studi in fotografia, cosa suggerirebbe loro?

C.S.: Di lasciare da parte feticismi tecnici e mitologie passate, aprirsi all’ibridazione mediale, per interrogarsi profondamente sull’impatto che le immagini hanno nelle nostre vite. L’iconosfera visiva che ci circonda è una questione prettamente biopolitica perché le immagini sono degli agenti attivi capaci di condizionarci negli acquisti, nelle scelte politiche e perfino nelle emozioni. I giovani autori devono necessariamenteindagare questi temi, con la consapevolezza che le immagini sono dei fenomeni complessi, “sovradeterminati” come direbbe Georges Didi-Huberman.

A.I.: Tornando a F4 / Un’idea di fotografia, qual è la Sua idea e definizione di Fotografia oggi e cosa si aspetta da questa edizione del festival?

F4 / Un’idea di fotografia. The image as process: Filippo Berta, Livello 0, 2019

C.S.: Spero che questo festival – come in generale tutti i miei progetti curatoriali – contribuisca a vedere l’immagine fotografica nella sua funzione culturale, sociale e politica, affinché il pubblico faccia idealmente propria la famosa asserzione del poeta e filosofo francese Paul Valéry secondo cui “gli occhi sono organi che servono a chiedere”.

‘I visitatori vedranno due mostre che – da un lato attraverso la relazione con il paesaggio e dall’altro analizzando i processi di risignificazione dei contenuti visivi – riflettono sulla capacità delle immagini di indagare e incidere sul reale’ afferma Carlo Sala e, in attesa anche degli esiti del Premio Fabbri, non resta che godere delle visioni degli autori invitati ad F4 / Un’idea di fotografia per offrire nuova possibilità al nostro sguardo, non più passiva dimensione di scorrimento d’immagini ma vettori di domande e nuove comprensioni.

F4 / Un’idea di fotografia, XI Edizione
Villa Brandolini
Piazza Libertà 7, Pieve di Soligo (TV)
Dal 4 giugno al 10 luglio 2022
Venerdì-sabato 16.00-19.30; domenica 10.30-12.30 e 16.00-19.30
Ingresso gratuito
Info mostra e prenotazioni: segreteria@fondazionefrancescofabbri.it – www.fondazionefrancescofabbri.it
tel. 334.9677948
Ufficio Stampa: Sara Zolla – press@sarazolla.com – tel. 346 8457982
Evento promosso da Fondazione Francesco Fabbri e Comune di Pieve di Soligo
Con il patrocinio di Regione del Veneto, Provincia di Treviso, Landscape Stories
Rassegna inserita in RetEventi Cultura Veneto 2022

Azzurra Immediato

Azzurra Immediato, storica dell’arte, curatrice e critica, riveste il ruolo di Senior Art Curator per Arteprima Progetti. Collabora già con riviste quali ArtsLife, Photolux Magazine, Il Denaro, Ottica Contemporanea, Rivista Segno, ed alcuni quotidiani. Incentra la propria ricerca su progetti artistici multidisciplinari, con una particolare attenzione alla fotografia, alla videoarte ed alle arti performative, oltre alla pittura e alla scultura, è, inoltre, tra primi i firmatari del Manifesto Art Thinking, assegnando alla cultura ruolo fondamentale. Dal 2018 collabora con il Photolux Festival e, inoltre, nel 2020 ha intrapreso una collaborazione con lo Studio Jaumann, unendo il mondo dell’Arte con quello della Giurisprudenza e della Intellectual Property.