Beatrice Marchi (Gallarate, 1986) con il progetto “La Compagnia” è la vincitrice del Premio ArteVisione 2023, bando annuale di Careof ideato nel 2011 con l’obiettivo di supportare, produrre e promuovere le ricerche più innovative nel campo dell’immagine in movimento, sviluppato attraverso un percorso di formazione e la produzione di nuove opere filmiche.
Beatrice Marchi un’artista visiva che vive e lavora tra Berlino e Milano. È stata allieva di Alberto Garutti all’Accademia di Brera di Milano e di Jutta Koether alla HfbK di Amburgo, dove ha conseguito un MFA nel 2017. Utilizzando diversi media come il video, la performance e la pittura, esplora i ruoli identitari nelle dinamiche di gruppo per mettere in discussione gli stereotipi di genere, le definizioni morali e professionali.
Il suo lavoro è stato presentato in mostre personali e collettive presso istituzioni e gallerie internazionali, come: Museion, Bolzano (2023); Pogobar, KW, Berlino (2023); MAXXI L’Aquila (2022); Fondazione Prada, Milano e Tokyo (2022); Kunstquartier Bethanien, Berlino (2021); Istituto Svizzero, Milano (2021); MACRO, Roma (2021); Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno (2019); Palazzo Reale, Milano (2019); Performance Space, New York (2018); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino (2017);16ma Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma (2016).
L’opera “La Compagnia” nasce ispirandosi a fatti realmente accaduti all’inizio degli anni Duemila nei boschi della provincia di Varese, col fine di esplorare il senso di appartenenza ad una comunità.
Il progetto della Marchi è stato premiato dalla giuria di ArteVisione per «la capacità visionaria di un lavoro che riesce a essere contemporaneamente straniante e coerente[…]» poiché in esso è visibile «[…]la vocazione sperimentale, sia a livello formale sia a livello linguistico: l’artista impone, anche tramite una commistione di registri e modalità differenti, una riflessione sul mezzo e sulle possibilità di sovversione e rivoluzione dello stesso».
La Compagnia di Beatrice Marchi, come per le precedenti edizioni di ArteVisione, sarà prodotta da Careof, confermando l’impegno dell’organizzazione non profit a supporto di artiste e artisti italiani, sostenendone concretamente il lavoro e la ricerca nell’ambito dell’immagine in movimento.
Per approfondire il discorso sull’opera che sarà prodotta nei prossimi mesi ho avuto il piacere di intervistare l’artista: Beatrice Marchi.
Maila Buglioni: «Il film “La Compagnia” racconta una vicenda realmente accaduta nei primi anni Duemila nel varesotto. Puoi raccontarci la trama?»
Beatrice Marchi: «Il film a cui sto lavorando è un ritratto della provincia lombarda in cui sono cresciuta attraverso una serie di ricordi che si intrecciano ad episodi di cronaca rivisitati. Parla del senso di appartenenza, creando un parallelo tra i tentativi che si attuano per identificarsi in un gruppo e i rituali di una compagnia di adolescenti, questi ultimi ispirati a fatti realmente accaduti nei boschi della zona, in cui avvennero degli omicidi, le cui vittime e carnefici facevano parte dello stesso gruppo. La narrazione non si articolerà nella descrizione dei fatti di cronaca, ma piuttosto in una riscrittura onirica della storia per focalizzarsi sul sentimento della paura di abbandono e sul desiderio di appartenenza al gruppo, attraverso un punto di vista che si basa sul mio vissuto personale.»
M. B.: «Obiettivo dell’opera è, come tu stessa hai affermato, esplorare il senso di appartenenza ad una comunità o gruppo di persone. Puoi spiegare come arriverai a tale finalità?»
B. M.: « Il mio obiettivo è quello di osservare quei sentimenti che ci spingono a identificarci in un gruppo, in diverse modalità, nelle varie fasi della vita. Attraverso il racconto di alcune figure che animano la provincia italiana dove sono nata è possibile osservare alcuni aspetti contrastanti che riguardano la scelta di costumi, gesti e costrizioni entro i quali vengono costruite categorie identitarie o gruppi sociali.»
M. B.: «In “La Compagnia” la vicenda è raccontata dalla voce narrante di una mosca che interagisce con una colonna sonora inedita che accompagna le immagini realizzate combinando animazione 2D e riprese dal vivo. Come nasce l’idea di dar voce ad un insetto come la mosca?»
B. M.: « La figura di una mosca come voce narrante mi permette di raccontare un’altra prospettiva, ovvero quella di essere parte di una collettività più ampia che condivide l’appartenenza allo stesso pianeta.»
M. B.: «Inoltre, ciò che caratterizza le immagini del video che ho potuto visionare è l’utilizzo di una rappresentazione grafica bidimensionale supportata dalla tecnologia digitale e dall’immissione di tutto ciò in uno scenario reale. In questo continuo cambiamento di prospettiva e di visione – tra reale e fantasia – immagino che, una volta realizzato il video, si attiverà nel pubblico uno straniamento, straniamento che creerà in lui sconcerto e anche molte riflessioni, sensazioni, etc. Ecco, in vista della sua realizzazione, puoi raccontarci come si svilupperà il lavoro?»
B. M.: «Il film è realizzato con una tecnica mista che include animazione 2D e riprese in live action, accompagnate da una trama musicale che interagisce per tutta la durata del racconto con una voce narrante della figura di una mosca. La parte performativa racconta un rituale di trasformazione di un personaggio che sarà interpretato da me e il suo tentativo di identificarsi in un gruppo. Le animazioni mi aiuteranno a portare un’altra visione della stessa storia, mostrata attraverso gli occhi della mosca»
M. B.: «Cosa ti aspetti che rimanga al pubblico dopo aver visto la tua opera filmica?»
B. M.: «Riconoscersi nella vulnerabilità e nella solitudine dei personaggi alla ricerca di un gruppo può essere uno spunto per riflettere sul significato di identità collettiva, tematica che percepisco sempre più urgente di un approfondimento, alla luce dei conflitti basati su identità in cui le persone necessitano di riconoscersi»
M.B.: «Progetti futuri? Puoi anticiparci qualcosa?»
B. M.: « Al momento sto lavorando a nuovi progetti, in fase iniziale, e non vorrei anticipare altro.»
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