Officina Malanotte, 2022, Bonotto Delle Tezze, Vazzola, foto Elisa Cescon Tedesco

Officina Malanotte. La pittura che rigenera

Officina Malanotte è un nuovo spazio post-industriale in grado di generare cultura. È un’ex officina meccanica, di proprietà della tenuta Bonotto delle Tezze, situata nel comune di Vazzola, nel trevigiano. Di recente ha ospitato cinque tra i più significativi artisti del nostro paese che praticano la pittura come Thomas Braida, Beatrice Meoni, Nazzarena Poli Maramotti, Chris Rocchegiani e Alessandro Roma, invitati in una residenza finalizzata a lavorare (insieme) sul valore (presente) del luogo, mediando e raccontando, il mondo rurale e post-industriale del Veneto di campagna.

Tra maggio e giugno gli artisti hanno co-abitato, dialogato con i membri della famiglia e dello staff dell’azienda, conosciuto le persone che passavano di lì per piacere o per lavoro, e si sono presi il loro tempo. Chi di mattina presto, chi di notte, chi con le cuffie per isolarsi, chi al centro dello spazio per sentire il rumore del lavoro di tutti. Una vera e propria officina, dove ciascuno lavora per dar nuova vita alle cose. Così gli artisti, insieme ad Antonio Bonotto, patron dell’azienda, e Daniela Capra, curatore della residenza e del progetto, sono riusciti nell’obiettivo di riattivare lo spazio, senza snaturarlo da quello che era in origine. 

Una risposta alle esigenze di “recupero” contemporanee. Dall’impellente bisogno di ripensare le nostre origini, con una vita più sana, a contatto con la natura, all’urgente bisogno di reimpiegare e riqualificare l’enorme capitale di ex-spazi industriali costruiti e abbandonati a seguito dei cambiamenti di carattere economico e sociale ai quali abbiamo assistito negli ultimi decenni. Un esempio virtuoso di rigenerazione e di produzione culturale che riguarda non solo il settore agricolo, ma anche quello industriale. Si sono riqualificati entrambi in modo sinergico, grazie alla cultura, che si riconferma esser un ottimo attore di sviluppo nell’epoca post-industriale.

Per qualche settimana sarà ancora possibile entrare nel mondo di un’azienda vitivinicola storica, legata al suo territorio da più di seicento anni, e vedere di persona il risultato delle indagini degli artisti, ma anche i luoghi, gli oggetti e le azioni che le hanno generate. Thomas Braida non appena entrato ha iniziato a disegnare trattori. Quei trattori che effettivamente appena entriamo non possiamo non notare. Sono enormi, di diversi colori e forme, con due fari davanti che li rendono quasi antropomorfi. Beatrice Meoni infatti da subito ci (ri)vede dei dinosauri, degli enormi animali che appartengono ad un’epoca storica passata. Li osserva, li cavalca, e nel magazzino dei pezzi di ricambio, dove noi possiamo vedere un’ordinatissimo inventario di bulloni, pistoni, e ferramenta, con targhette scritte a mano, lei ci rivede un museo di storia naturale pieno di reperti storici. Nel corridoio, che collega il magazzino all’entrata, troviamo invece gli uffici, e qui il tempo cambia, perché è come se fosse sospeso. Gli spazi sono rimasti esattamente come li hanno lasciati l’ultimo giorno di lavoro i proprietari precedenti. Un vero e proprio ufficio-museo che ci fa rivivere l’atmosfera degli anni del boom economico. Un inconsapevole museo d’impresa, lasciato intonso nel tempo come testimonianza da vedere, perché i dettagli e le cose che possiamo notare qui sono davvero di un’altra epoca, dal timbro per la data con le rotelline, al fax, alla rubrica da tavolo, ai quadri. Sono quest’ultimi ad aver attratto la curiosità di Nazarena Poli Maramotti. I quadri alle pareti di una stanza possono generare non poche domande esistenziali sul motivo o la (non) storia per cui si trovano li, e ora qui, davanti a noi. In egual modo Alessandro Roma nota dei fiori sparsi, qui e lì, nelle loro più molteplici forme, alcuni sono finti, riproduzione fedele del vero, altri invece freschi portati da lui o raccolti in giornata. La forma cambia nel tempo in base alla sostanza, e quindi, l’elemento fondamentale che ha permesso alla sostanza di prender nuova vita è stato soprattutto il dialogo con la famiglia, che nel caso di Chris Rocchegiani si trasforma in una profonda riflessione sul lavoro, sulla forza creatrice e distruttrice della natura, sulla religiosità primitiva e i riti quasi animisti di cui la fede si nutre. Officina Malanotte, nell’aprirsi ci restituisce un’atmosfera, il risultato di un lavoro, che dal suo primo appuntamento, rinfranca lo spirito della tenuta centenaria: “Niente sopravvive nel tempo se non è in grado di evolvere”, e questo è proprio il principio con la quale affronta e scrive questa nuova pagina, ancora, di storia.