La Sistematica è un “Ramo delle scienze biologiche che si occupa dello studio e dell’identificazione delle relazioni tra esseri viventi e fossili e rappresenta tali relazioni in sistemi gerarchici che, a loro volta, ne costituiscono la classificazione” (Enciclopedia Treccani). Questa rubrica di Andrea Guastella non riguarda tuttavia gli eucarioti, ma il Mondo dell’arte descritto come sistema (Lawrence Alloway, “Artforum”, 1972), e non ha alcuna pretesa di elaborare tassonomie. Si propone, questo sì, di indagare le relazioni sistemiche – “Qual è il significato e la funzione culturale, sociale ed economica dell’arte figurativa nella situazione attuale? Qual è il rapporto esistente fra valore estetico e valore economico in una società in cui anche la produzione artistica tende ad essere connotata e condizionata ormai in forma sempre crescente dal mercato e dalla moda? In che misura l’attuale interazione organica fra la rete internazionale delle gallerie e quella dei musei, che caratterizza il mondo dell’arte contemporanea al suo livello più alto, incide sulle modalità creative degli artisti e su quelle della fruizione da parte del pubblico?” (Francesco Poli, Il sistema dell’arte contemporanea, Laterza, 2009), e si dovrebbe continuare – attraverso la viva voce dei soggetti interessati: critici, collezionisti, galleristi, curatori. Persino gli artisti, se si comportano bene, hanno diritto di parola.

Filippo Lotti

Aste mercato e pandemia: Filippo Lotti

Direttore generale di Sotheby’s Italia dal 2000, Filippo Lotti è un filosofo prestato al mercato, intimamente persuaso che “di Arte, intesa solo marginalmente in senso commerciale, ma piuttosto come valorizzazione del nostro patrimonio culturale, un paese straordinariamente ricco come il nostro dovrebbe e potrebbe vivere”. Abbiamo discusso con lui intorno al presente e al futuro del mondo delle aste e ai cambiamenti strutturali che, anche in ragione del Covid, lo stanno radicalmente trasformando.

Aste mercato e pandemia: Sonia Farsetti

Se son rose fioriranno. Ma per le aste è sempre primavera. I primi risultati dalle aste italiane e d’Oltreoceano, a dispetto del Covid, sembrerebbero incoraggianti. E tuttavia il dato va considerato in un quadro complessivo. Da un lato, il mondo delle aste ha iniziato a confrontarsi con l’online ben prima di fiere e gallerie. Dall’altro, le opere all’asta, quasi interamente provenienti dal mercato secondario, rappresentano un valore aggiunto in un momento di crisi, in cui è inevitabile si guardi con più favore al certo che all’incerto, al passato che al futuro. Ne abbiamo discusso con Sonia Farsetti della Farsettiarte, presidente dell’Associazione Nazionale delle Case d’Aste italiane (ANCA). In calce, le immagini di un top lot della scorsa asta Farsetti di Moderno e contemporaneo e di un’importante opera che sarà presente in una prossima asta di Dipinti e sculture del XIX e XX secolo.

Momò Calascibetta

Satira, potere e pandemia: Momò Calascibetta

Se dovessimo stilare il bilancio degli ultimi mesi di pandemia, alle lamentele, giustificate, dovrebbe aggiungersi la considerazione delle conseguenze non dico positive – sarebbe come asserire che uno tsunami che si abbatta su una città mal costruita, piena di case abusive, è l’occasione giusta per fare pulizia – ma altrimenti interessanti, dalla fine delle mostre Blockbuster all’alfabetizzazione informatica diffusa. Uno di questi effetti, particolarmente caro agli assetati di giustizia, è la “detenzione forzata” cui sono stati costretti i protagonisti di un sistema dell’arte sempre più simile a un circo, o a uno show televisivo.

Sportivamente: Oscar Damiani

Calciatore, procuratore, opinionista sportivo: Oscar Damiani è personaggio noto. Non tutti sanno, però, della sua grande passione per l’arte, che lo ha indotto a raccogliere una straordinaria collezione, recentemente presentata nei sette capitoli – lo stesso numero della sua maglia di giocatore – di un volume autobiografico (Oscar Damiani, L’arte nel pallone, a cura di Angela Faravelli, Chimera Editore, Milano, 2020) da cui emerge il profilo, confermato in toto dal nostro colloquio, di un gentlemen vecchio stampo: una rarità in generale, a maggior ragione in un mondo, come quello del calcio, che soffre persino più del club artistico la lima delle chiacchiere e l’abbaglio dei riflettori.

Un’arte “a lunga conservazione”: Sveva d’Antonio

La pandemia ha, di fatto, esacerbato la crisi in cui il sistema dell’arte si dibatte da anni, dovuta in larga parte alla polarizzazione tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri: una disuguaglianza strutturale che, come dimostrano i prezzi stellari raggiunti da autori usa e getta i quali, subito dopo aver toccato il cielo, altrettanto rapidamente guadagnano l’oblio, premia il capriccio, o la rendita istantanea, anziché valori (non solo economici) che per legge di natura sedimentano nel tempo, attraverso lo studio e la ricerca. Collezionista tra le più attente del panorama contemporaneo – e sino all’aprile 2020 titolare lei stessa di una galleria “impegnata” – Sveva d’Antonio ha sempre perseguito il confronto diretto con quegli artisti “senza i quali il sistema cesserebbe di esistere”: non mucche da mungere, ma compagni di strada, con cui crescere insieme. Il risultato è un’arte – una collezione – “a lunga conservazione”, su cui il dialogo seguente apre un sintetico spiraglio.

Un “artista complementare”: Gino Di Maggio

L’anno scorso la Francia lo ha festeggiato con una grande mostra, in cui opere di “suoi” artisti venivano per la prima volta presentate in modo sistematico. In Italia, tuttavia, è poco noto. Classe 1940, siciliano d’origine e milanese d’adozione, Gino Di Maggio occupa un ruolo di primo piano sulla scena artistica internazionale. Il nostro colloquio reca una dimostrazione sintetica dei percorsi in cui Gino si è addentrato. Con uno spirito, indomito, di “artista complementare”.

Mostre, musei e pandemia – Vincenzo Trione

Il Black Out delle mostre “di ogni ordine e grado”, dalle esposizioni di quartiere alle grandi rassegne dei musei generalisti, ha avuto persino effetti positivi, come la cancellazione, si spera finale, di eventi solo di cassetta, economicamente, culturalmente e socialmente insostenibili. Ha altresì incoraggiato, anche attraverso l’impegno di tutti gli operatori del settore nel trovare canali alternativi, l’istaurarsi di una relazione più meditata e complessa con il pubblico. Che non può tuttavia prescindere, essendo le opere dei “corpi”, dalla fisicità del contatto. Ne abbiamo discusso, tra provocazioni mie e proposte operative del mio interlocutore, con Vincenzo Trione, storico dell’arte, critico (tra i suoi libri Effetto città. Arte cinema modernità, 2014; Contro le mostre, con Tomaso Montanari, 2017 e l’ultimoL’opera interminabile: arte e XXI secolo, 2019), firma assai nota del “Corriere della Sera” e curatore di mostre di prima grandezza come il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2015, Codice Italia, e ancora ordinario presso lo IULM di Milano, dove ricopre anche il ruolo di Coordinatore del Dottorato di ricerca in Visual and Media Studies e la carica di Preside della Facoltà di Arti e Turismo, nonché, dal settembre 2020, Presidente della Scuola del Patrimonio della Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali: responsabilità che lo lega a doppio filo alle difficoltà e alle esigenze dei professionisti della cultura.

Arte cura(tela) e pandemia: Damiano Gullì

La nostra inchiesta prosegue con Damiano Gullì, head curator di fresca nomina del Public Program della Triennale di Milano, avamposto disciplinare e punto di raccordo tra il mondo dell’arte e quello del lavoro nelle sue punte più avanzate:dal design all’architettura, dalla rigenerazione urbana alla fotografia, dal teatro alle performing art.

Arte, cura(tela) e pandemia

Nelle puntate precedenti abbiamo considerato, attraverso le voci di tre galleristi italiani, la relazione tra mercato e pandemia. Segue un confronto sulle problematiche che la situazione attuale pone ai curatori.

Benedetta Spalletti

Arte, mercato e pandemia: Benedetta Spalletti

Aperta a Pescara dai primi del 2000 e dal 2018 presente anche a Milano, la galleria Vistamare è uno di quegli spazi che, lavorando con artisti consolidati come Steinbach, Baumgarten, Anselmo o Kosuth e giovani emergenti come Polys Peslikas, che ha rappresentato Cipro alla 57esima Biennale di Venezia, attualmente in mostra nella sede di Pescara, è diventata nel tempo un punto di riferimento in un mercato in continua evoluzione. Di questo mercato, della sua trasformazione causa pandemia e di un’auspicabile, futura ripartenza abbiamo discusso, dopo i colloqui con Massimo De Carlo e Mario Cristiani, con Benedetta Spalletti, nipote di Ettore Spalletti, storica fondatrice della galleria.

Arte, mercato e pandemia: Mario Cristiani

In un momento storico che ha costretto tutti gli operatori dell’arte, chi più chi meno, a ripensare il proprio ruolo, la riapertura del mercato deve per forza partire dalla consapevolezza di non attraversare una semplice fase, ma un cambiamento radicale. Che non va sprecato. Dopo un primo colloquio con Massimo De Carlo, ne abbiamo discusso per la nuova rubrica Sistematica, su Segnonline, con Mario Cristiani di Galleria Continua.

Massimo De Carlo

Arte mercato e pandemia: Massimo De Carlo

Il 2020 è stato, tra le altre cose, l’annus horribilis dell’arte. Forse solo le grandi guerre del secolo scorso erano state capaci di imporre un fermo biologico paragonabile alla chiusura pressoché totale di ogni mostra fiera o rassegna artistica nell’intero pianeta. Dopo un’euforica partenza all’insegna del dialogo, della co-creazione, della libera condivisione degli eventi, quando sembrava che tutto si fosse spostato online e la pandemia, costringendo a sfruttare a pieno le potenzialità dei mezzi digitali, stesse spalancando le porte di nuovi mercati, si è fatta strada, tra una chiusura e l’altra via via più rigorose e soffocanti, l’amara consapevolezza di non attraversare una semplice fase, ma qualcosa di più profondo e duraturo.

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