“Ciò che resta originario nell’operaio è ciò che non è verbale: per esempio la sua fisicità, la sua voce, il suo corpo. Il corpo: ecco una terra non ancora colonizzata dal potere”. Così il Pasolini eretico e corsaro. Che cito, a proposito di Jara Marzulli, non tanto perché la sua pittura sia carica di istanze sociali, quanto per il suo rapporto, specialissimo, col corpo. Il corpo, per Jara, non è forse il paradiso dell’innocenza originaria, ma è di sicuro un porto franco, un luogo in cui cogliere, al sicuro dai mille condizionamenti quotidiani, i segreti della mente e i sussulti del cuore. in una parola, “una terra non ancora colonizzata dal potere”.
Gemütlichkeit: Mario Margani
Durante la pandemia, il nostro Dario Orphée La Mendola e Mario Margani hanno realizzato una rassegna virtuale di “beni di conforto” che ha come immagine-simbolo un carrello della spesa: Gemütlichkeit. Dopo le risposte di Dario nella puntata precedente, la parola a Mario Margani.
Gemütlichkeit: Dario Orphée La Mendola
Durante la pandemia, il nostro Dario Orphée La Mendola e Mario Margani hanno realizzato una rassegna virtuale di “beni di conforto” che ha come immagine-simbolo un carrello della spesa: Gemütlichkeit. In tempi di inflazione dilagante, gli ho rivolto alcune domande sul senso della mostra e in generale sull’arte contemporanea, tra mercato e biennali.
Visioni oblique: Cristina Costanzo
Presso il Museo delle Trame Mediterranee – Fondazione Orestiadi di Gibellina si inaugura sabato 21 maggio alle 18.00 Visioni Oblique. Libri d’artista, libri oggetto, fototesti per il Belice, a cura di Cristina Costanzo. La mostra, visitabile sino al 20 giugno 2022, accoglie le letture di un gruppo di ventitré artisti (Paolo Assenza, Giuliana Barbano, Davide Bramante, Giovanna Brogna/Sonnino, Laura Cantale e Giuseppe Mendolia Calella, Anna Capolupo, Iole Carollo, Tiziana Cera Rosco, Mimmo Di Cesare, Maurizio Galimberti, Simone Geraci, Alberto Gianfreda, Paolo Grassino, Giuseppe Iannello, Ellie Ivanova, Francesco Lauretta, Filippo La Vaccara, Danilo Maniscalco, Marilina Marchica, Noemi Mirata, Marco Pace, Rossana Rizza, Massimo Siragusa, Carla Sutera Sardo, Samantha Torrisi), provenienti da discipline differenti, invitati a confrontarsi con la Valle del Belice attraverso la “forma-libro”. Ne è scaturito un progetto sospeso tra natura e memoria, dal terremoto alla ricostruzione, di cui ho discusso con la curatrice, cui si deve tra l’altro un volume, appena uscito per Marsilio, sul “percorso d’arte ambientale” della città di Gibellina.
Tutte le strade portano a Roma: Alice Falsaperla
Classe 1997, Alice Falsaperla è un astro nascente del panorama galleristico romano. Le abbiamo chiesto di parlarci della Città e del Mondo. Con un occhio di riguardo per lo spazio che conduce – la Galleria La Nuvola di Via Margutta, fondata dal padre Fabio Falsaperla – dove è cresciuta, se così si può dire, a pane e arte.
In direzione contraria: Valerio Dehò
Buona parte delle statue che compaiono nelle installazioni di Maurizio Cattelan, come ormai sanno anche le pietre, sono state realizzate dallo scultore francese Daniel Druet che, stanco di non venir neppure nominato nei crediti e nei cataloghi, ha pensato bene di citare in giudizio Cattelan, il suo gallerista Perrotin e il Monnaie de Paris, chiedendo loro un risarcimento milionario. Ha fatto bene? Ha fatto male? Lo abbiamo chiesto, tra le altre cose, a un critico non propriamente allineato come Valerio Dehò, già commissario alla Quadriennale e docente di Estetica all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nonché storico curatore di Milano scultura.
Iconografie femminili: Anita Crispino
Aperta dal 26 marzo al 26 luglio 2022, la mostra di Joana Vasconcelos non sarebbe stata realizzabile senza il grande lavoro dei curatori: l’instancabile Demetrio Paparoni, specialista in contaminazioni, che ha reso possibile l’incontro con l’artista, e Anita Crispino, che si è occupata della sezione archeologica, di cui abbiamo parlato nel nostro colloquio. Un’intervista alla Vasconcelos apparirà invece, prossimamente, sul numero cartaceo di Segno.
Alla ricerca del corpo. Valeria Geremia – 2a parte
Malgrado il significato cruciale della performance sia riconosciuto nell’ambito della storia dell’arte, e molteplici azioni siano ormai entrate nei musei, l’ultima emergenza sanitaria ha seriamente compromesso l’attuabilità delle pratiche artistiche “dal vivo”. Di questo problema, e di altre importanti questioni, come la differenza – nella percezione del pubblico – tra performance e coreografia, abbiamo discusso con Valeria Geremia, coreografa e danzatrice Butoh con un lungo trascorso nelle arti visive.
Alla ricerca del corpo. Valeria Geremia – 1a parte
Malgrado il significato cruciale della performance sia riconosciuto nell’ambito della storia dell’arte, e molteplici azioni siano ormai entrate nei musei, l’ultima emergenza sanitaria ha seriamente compromesso l’attuabilità delle pratiche artistiche “dal vivo”. Di questo problema, e di altre importanti questioni, come la differenza – nella percezione del pubblico – tra performance e coreografia, abbiamo discusso con Valeria Geremia, performer con un lungo trascorso nelle arti visive.
Destinazione, l’infinito: Rosa Mundi e Mario Bajardi
Le sfere armillari non sono solo un antico strumento astronomico. Rosa Mundi, uno degli otto artisti di Postumano Metamorfico, Padiglione della Repubblica di San Marino per la cinquantanovesima Biennale di Venezia, le ha trasformate in affascinanti sculture che, animate dalla musica di Mario Bajardi, noto compositore siciliano, accompagnano l’inizio e la fine del pensiero umano nella sua trasformazione da verbo a immagine, da racconto a ricordo, da sinfonia a memoria. Destinazione, l’infinito.
“Essere connessi”: Angela Vettese
Tra i molteplici – e qualificati – incarichi ricoperti, Angela Vettese è stata pure direttrice artistica di Arte Fiera Bologna nell’edizione 2017 e nel 2018, quando ha pure organizzato un interessante convegno Tra mostra e fiera: entre chien et loup, dove si è discusso dell’ibridazione sempre più avanzata tra fiere e mostre vere e proprie. La abbiamo intervistata, come persona informata dei fatti, relativamente a tematiche altrettanto stringenti quali la digitalizzazione massiva e lo stato di salute del sistema fieristico italiano.
Alla ricerca di un ideale: Luigi Citarella
“L’archeologia non sarà più studiata nei marmi o nei bronzi, ma sopra i corpi stessi degli antichi, rapiti alla morte, dopo diciotto secoli d’oblio”. Così dichiarava ormai due secoli fa Giuseppe Fiorelli, l’archeologo che, a Pompei, anziché saccheggiare le tombe in cerca di preziosi, organizzò gli scavi in modo sistematico e soprattutto ebbe un’ottima pensata: prendere i calchi dalle vittime dell’eruzione del Vesuvio. La sua intuizione era semplice e geniale; consisteva nel colare gesso liquido nel cavo lasciato da uomini e donne intrappolati dalla cenere vulcanica. Quando il primo corpo venne alla luce, dovette dominare lo sgomento: quasi tutti gli abitanti di Pompei erano infatti morti rannicchiati, come per proteggersi, in posizione fetale, o recavano piuttosto arti contratti da violente contorsioni. Il calco evocava la realtà. La rendeva leggibile, evidente, sebbene sviluppata in superficie: la materia, una volta perduta, non si può recuperare. È questo, a pensarci bene, l’assillo di chiunque realizzi una scultura. Un assillo risolto, nell’opera di Luigi Citarrella, attraverso un processo di astrazione: come forme scampate all’eruzione di un vulcano, le sue statue bianche, dalla superficie sovente scabra e respingente, rappresentano uomini, donne, “ragazzi di vita” spaesati come i luoghi da cui sono sottratti: i colori sono rimasti lì, nelle strade colme di odori, di rifiuti e di carcasse abbandonate; strade in cui la vita fermenta, ma a patto di non sconfinare, di non passare il recinto in cui il potere trionfa, limitando le aspirazioni degli ultimi e dei diseredati. Grazie al lavoro di Luigi, il bimbo sulla Vespa, la ragazza dalla testa di motore assediano, con il loro silenzio, il nostro campo visivo. Non hanno apparenza né bellezza per farsi desiderare: non sono forme pure, oggetti di contemplazione. Sono soltanto corpi vuoti, involucri strazianti: alla ricerca di un Ideale.