Federica Schneck

Beyond the Clouds. Colloquio con Federica Schneck

Una mia amica ucraina, cui parlai della possibilità di un confronto artistico tra russi e ucraini, bocciò la mia idea su tutta linea. Disse che sarebbe stato come far incontrare gli scultori Josef Thorak e Arno Breker e i pittori Werner Peiner, Arthur Kampf, Adolf Wissel e Conrad Hommel, sostenuti dai nazisti, coi “degenerati” come George Grosz, Ernst Ludwig Kirchner, Paul Klee, Georg Kolbe, Wilhelm Lehmbruck, Franz Marc, Otto Dix, Willi Baumeister o Kurt Schwitters. Solo quando tace la violenza – era questo il senso della sua netta affermazione – un dialogo equo può iniziare. E tuttavia, a dispetto delle differenti percezioni, un terreno comune esiste: il ripudio della guerra. Su questa base “umanistica”, un artista russo e uno ucraino, Ilya Fedotov-Fedorov e Aljoscha, sono stati invitati a realizzare insieme un’opera in occasione della scorsa Rome Art Week (da lunedì 23 a sabato 28 ottobre) presso Villa Altieri. Ne abbiamo discusso con la co-curatrice della rassegna (con Ghislain Mayaud) Federica Schneck. ‎

Come è nata questa mostra?

La mostra nasce dall’idea del pittore e scrittore Ghislain Mayaud di far realizzare un’opera d’arte attraverso la collaborazione di un artista ucraino e un artista russo, e dal successivo sviluppo del concept “Beyond The Clouds”, creato da Luca Perna, Product Manager di Artshares, insieme al quale abbiamo strutturato e dato vita all’intero evento, frutto di un lavoro collettivo.

Di fronte agli orrori che la guerra tra Russia e Ucraina sta manifestando, non potevamo rimanere impassibili e, proprio per questo motivo, posso affermare che la mostra nasce anche e soprattutto dalla volontà di creare un evento che potesse dare vita ad un’opera congiunta a testimonianza della capacità dell’arte di porsi come un ponte oltre il presente, oltre la sofferenza, oltre la tempesta. Un linguaggio universale che si proietta oltre le nuvole, verso la speranza.

Come avete scelto gli artisti da invitare? Immagino che anche gli artisti abbiano dovuto scegliersi a vicenda…

Non è stato facile trovare artisti che volessero aderire all’iniziativa e abbiamo riscontrato numerose resistenze, soprattutto dalla parte russa. Ma Aljoscha, artista ucraino, è stato il primo che ha risposto “sì” senza esitazione, dimostrando grande disponibilità e coraggio. Grazie a lui, siamo riusciti a contattare Ilya Fedotov-Fedorov, artista russo, che già conosceva e con il quale c’era già un buon rapporto di collaborazione. Tra i due si è creata fin da subito una sinergia particolare, una condivisione positiva di ideali che hanno portato all’ideazione e successiva creazione di “Blooming Skin of Brain Paradise”, un’opera piena di vitalità ed entusiasmo condiviso.

Potresti dirci qualcosa sul lavoro dei due artisti?

L’opera è frutto del pensiero e del vissuto dei due artisti: è connessione, libertà e manifestazione di ideali condivisi, oltre che della soggettività e della sensibilità di entrambi. È un inno alla capacità dell’arte di mostrarsi quale campo attivo volto al libero pensiero, un territorio fertile per generare una riflessione e una visione alternativa. Uno spazio che è necessario per il dialogo interculturale e per lo sviluppo della società che l’Europa sta costruendo da ottant’anni, una società di pace, giustizia e uguaglianza.

La struttura dell’opera è un chiaro richiamo alla manifestazione dell’umanesimo, alla diversità e alla comprensione della complessità della vita.

Gli esseri umani sono spesso spinti all’aggressione, per quanto irragionevoli e folli possano essere le loro convinzioni: in netto contrasto con la disumanità e le complessità della realtà odierna generate dalla guerra in corso, l’intera opera verrà percepita come una rivelazione di coesistenza pacifica.

Costituita da un insieme di circa sessanta biosculture composte, tutte con un proprio carattere e diversità, l’opera vuole ergersi quale celebrazione e prova tangibile del concetto di coesione tra gli individui, uniti tra loro, i quali si evolvono e si pongono in una relazione di trasformazione continua con l’ambiente circostante.

Da che mondo e mondo, l’arte è sempre andata a braccetto col potere. Di quale potere è quindi espressione quest’opera comune?

L’arte contemporanea e la società sono intrinsecamente legate in una relazione dialettica e l’arte, sovente, non solo riflette i problemi sociali e culturali, ma li interpreta, li trasforma e li ridefinisce attraverso un processo creativo. 

Tuttavia, non si tratta di una questione di guerra e pace, in quanto la nostra azione espositiva incarna un preciso percorso parallelo di condanna del disastro politico in atto, attraverso la manifestazione dell’assoluto individuale degli artisti.

Dalla metà degli anni Cinquanta ad oggi abbiamo assistito, all’interno del panorama artistico, ad un cambiamento radicale della libertà di espressione individuale: l’artista genera la propria struttura, traccia intima e personale della propria ricerca artistica e, nella maggior parte dei casi, non risponde più ad altro che non sia sé stesso, assumendo massima libertà e autonomia.

“Blooming Skin of Brain Paradise” vuole, pertanto, essere unicamente espressione di una soggettività condivisa, vuole sprigionare una manifestazione dello spirito basato sulla ridefinizione del potere dell’arte che riesce a slegarsi perfino dai contesti più tragici, per porsi su un gradino superiore.

La sofferenza, la disumanità e le atrocità derivanti dal conflitto russo-ucraino si manifestano attraverso l’opera d’arte ma, sempre attraverso essa, svaniscono, in quanto sovrastati da più nobili ideali di pace, concordia, speranza e convivenza pacifica.

L’arte si erge quale unica forza veramente rivoluzionaria, a disposizione di ogni individuo per esercitare il cambiamento collettivo e combattere contro conflitti e ingiustizie.

“Beyond The Clouds”, correggimi se sbaglio, fa parte di un progetto più ampio. Quali saranno le sue prossime tappe?

L’evento non si concluderà con la prima tappa di Roma, in quanto il nostro desiderio è quello di far sì che “Beyond The Cloud” diventi un format, un brand capace di dar voce a una vasta scala di artisti e di veicolare messaggi ben precisi, diversi di volta in volta ma connessi alla soggettività e all’esperienza dei singoli artisti che ne prenderanno parte.

Dei messaggi che parlano di coraggio, di ideologie, di provocazione e dell’arte quale strumento di dialogo universale e di cambiamento.

L’artista volterrano Mauro Staccioli, a me caro, affermava che “Creare scultura significa esistere in un luogo”: mi piace pensare che, in realtà, tutta l’arte è sinonimo di presenza dell’essere, di identità e di una manifestazione hic et nunc della propria individualità all’interno di un preciso contesto.

Attraverso “Beyond The Clouds”, vogliamo rendere tangibile e fruibile la profondità dei pensieri e dell’animo degli artisti.