Stefan à Wengen - Mount Virgin, 2023

Palagonisch. Stefan à Wengen

Si è inaugurata il 23 marzo scorso a Palermo presso l’Haus der Kunst dei Cantieri Culturali della Zisa la mostra Palagonisch, neologismo coniato da Goethe nel suo Viaggio in Sicilia per descrivere il disgusto misto a fascinazione che gli suscitò la visita di Villa Palagonia a Bagheria.

La mostra, a cura di Michael Kortlaender del Verein Dusseldorf Palermo, visitabile sino all’11 maggio prossimo, vede protagonisti i siciliani Giuseppe Agnello e Gabriele Massaro e il tedesco Stefan à Wengen. Abbiamo intervistato Stefan à Wengen su alcuni aspetti del progetto.

L’accostamento di opposti – dolcezza e orrore in una sola musica, avrebbe detto Montale – è una delle chiavi dell’estetica barocca. Ti senti davvero un po’ barocco, o l’effetto straniante delle opere in mostra è da addebitare più che altro all’accostamento del tuo lavoro con quello dei vicini?

Ho sempre amato il barocco, lo stile, l’estetica, il periodo artistico. Ne amo la dicotomia che è anche una delle caratteristiche fondamentali del mio lavoro. Sicuramente in questa mostra è molto importante l’accostamento con le opere e l’estetica degli altri artisti, di Giuseppe Agnello e di Gabriele Massaro. Riesce a mettere in evidenza alcuni elementi del mio lavoro che qui, all’Haus der Kunst, posso definire “palagonisch”.

Barocco, prima che una categoria, è un concetto storico, legato a doppio filo a un periodo di grazia per Palermo e la Sicilia. Pensi che il barocco siciliano ti abbia in qualche modo influenzato?

No, non penso di essere stato influenzato dal barocco che è opulenza. Il mio lavoro è invece molto concentrato, mi focalizzo solo su determinati punti.

Nel suo commentare i mostri di Palagonia, Gothe palesa forse, più che ammirazione, disprezzo per un’arte degradata a stilismo. Non temi il lato oscuro delle nozze tra i contrari?

No, al contrario. Prediligo il rapporto tra gli opposti. La luce la percepiamo solo perché esistono le tenebre.

In un mondo turbato dalla sopraffazione e dalla guerra, quale ruolo attribuisci alla tua arte?

Una buona domanda. Ed è la stessa che pongo ai miei colleghi artisti. La risposta è sempre la stessa, continuare a fare cultura, continuare a fare arte. La penso come John Burnside, arte e cultura salvano la vita. Come svizzero suona alquanto strano dire questo, so di vivere e di aver vissuto in un paradiso senza guerra, ma ciononostante il mio pensiero non cambia. Proprio in periodi come questo che stiamo attraversando, l’arte assume più importanza, diventa ancora più necessaria.

A cosa ti stai dedicando, a cosa ti dedicherai?

Ad agosto inauguro una personale al Ratingen Museum, subito dopo aver compiuto sessant’anni. Penso sia fondamentale esporre il proprio lavoro, dialogare con i colleghi e con il pubblico. Dopo i sessant’anni, lo è forse ancora di più.

Stefan à Wengen (Basilea, 1962) artista svizzero di base a Düsseldorf, è uno dei più importanti pittori figurativi del mondo artistico tedesco contemporaneo. Il suo stile s’ispira alla tradizione iconica occidentale con continui riferimenti ad altre culture, combinando elementi pittorici profondamente simbolici alla ricerca di una nuova e surreale realtà.