Ex_Patria. Colloquio con Jacek Ludwig Scarso

In risposta alla tematica della Sessantesima Biennale Arte Foreigners Everywhere, la Fondazione Marta Czok presenta dal 26 marzo al 19 maggio presso il Project Space della Fondazione a Venezia, a due passi dal Ponte di Rialto, la mostra EX_PATRIA, con il patrocinio dell’Ambasciata di Polonia a Roma: una collezione di opere recenti e storiche di Marta Czok, dagli anni Ottanta ai giorni odierni, che riflettono sulla costruzione del concetto di patria. Ne abbiamo parlato con il curatore della mostra e dello spazio, Jacek Ludwig Scarso

Jacek, entriamo subito in tema. Sino a qualche anno fa, sembrava che la parola stessa “patria” fosse destinata all’oblio. Oggi però i conflitti la hanno resa tremendamente attuale e, in un certo senso, pericolosa. Quando Putin dichiara “andate a votare per la Patria” non senti anche tu un brivido percorrerti la schiena?

Non a caso Marta Czok, l’artista in mostra, una vera patria non ce l’ha, come gli Stranieri ovunque della prossima biennale.

Marta Czok, provenendo da una famiglia di rifugiati politici polacchi, nata a Beirut in Libano all’esito della Seconda Guerra Mondiale, cresciuta a Londra e poi ancora diventando, dagli anni settanta, italiana di adozione, è un esempio lampante di un’esperienza apolide, senza patria. Ha spesso dichiarato di sentirsi straniera ovunque, perché, nonostante il possedere i documenti che possano attestare la sua doppia cittadinanza britannica e italiana, l’essere straniero lo vive come uno stato indotto, ereditato dalla sua famiglia nel loro asilo politico in Inghilterra, confermato negli anni anche nel suo arrivo in Italia. L’essere straniero lo si vive nella percezione degli altri, come una chiave di lettura con la quale si continua ad avere una sensazione di non appartenere ad un posto interamente e, di conseguenza, di valere di meno di chi questa appartenenza ce l’ha da generazioni. Questo essere esterno, questo distacco da una nazionalità definita, le conferisce però una prospettiva unica dalla quale poter osservare il mondo in modo critico e ritrarne i meccanismi ideologici.

La mostra Ex_Patria segue la rassegna della Czok De Innocentia. Ricordando i bambini nella Guerra e nello Shoah che tu stesso hai curato il gennaio/febbraio scorso presso la Chiesa di San Gregorio Nazianzeno al Complesso di Vicolo Valdina, a Roma. In quel caso hai omesso di esporre i lavori satirici della Czok. Non farai lo stesso anche a Venezia…

Esatto, la mostra De Innocentia era stata curata da un ciclo di opere di Marta Czok in cui tratta la vulnerabilità nei bambini nei contesti bellici: è significativo che questo ciclo sia in effetti l’unica selezione dei suoi dipinti dove l’ironia a la satira, gli strumenti che hanno reso il suo lavoro così riconoscibile, siano totalmente esenti. Nel contesto di EX_PATRIA, invece, la satira ritorna, nonostante la serietà delle tematiche che vengono affrontate: la guerra, la deportazione, il rifugio politico. È la figura del potente che nelle opere di Marta Czok porta ad una caricatura mirata e incisiva: senza dubbio questo motivo ricorrente nei suoi dipinti proviene da uno scetticismo verso che è al potere, in qualsiasi nazione si trovi; ma c’è anche una vena di ottimismo, perché il potente viene sempre rappresentato come figura effimera – non sappiamo chi verrà dopo, ma sappiamo che chi è al potere adesso lo sarà ancora per poco. Se da una parte, nelle opere di Marta Czok, non esiste gloria nella guerra e nel decidere arbitrariamente il destino degli altri, le vittime dei conflitti vengono ritratti con una resilienza di fondo: sono loro gli “eroi”, che vengano menzionati o meno nei libri di storia.

Ex_Patria si svolge presso il Project Space della Fondazione Marta Czok, inaugurato il giugno del 2023 a Venezia, di cui sei il curatore. Come è andato questo primo anno di lavoro?

È stato un anno pieno di soddisfazioni e, chiaramente, altrettante sfide. Creare un nuovo spazio non-profit nel centro di Venezia non è semplice, specialmente perché il nostro team è principalmente a Roma e a Londra, dove lavoro io. In pochi mesi, grazie anche a questa vetrina su Venezia, abbiamo lavorato su collaborazioni importanti, tra cui citiamo il festival di cortometraggi internazionali sulla tematica della città, Urban Visions, e la collezione di cinema Ucraino TAKFLIX; abbiamo creato scambi universitari internazionali con London Metropolitan University e George Enescu National University of the Arts in Romania; oltre alla mostra di apertura, The Rise and Fall of the Ideal City, abbiamo ospitato Premamai, il progetto fotografico sul tema della maternità di Elena Ketra e Eolo Perfido a cura di Uros Gorgone, visto in parallelo al ciclo di Marta Czok sulla stessa tematica, Fabrica. Abbiamo inoltre collaborato con progetti esterni, tra cui quello di arte sociale Raffaello visita le Carceri di Salerno a cura di Michele Citro (la cui pubblicazione abbiamo recentemente presentato anche a Londra), Malta Art & Design sempre con Michele Citro, e la retrospettiva di Marta Czok O Nas, a cura di Henryka Milczanowska, presso Konstancinski Dom Kultury in Polonia.

Quali i vostri programmi espositivi per il 2024?

Il 2024 è iniziato con una bella intervista sul programma Stato dell’Arte di Cesare Biasini Selvaggi per poi inaugurare De Innocentia in collaborazione con la Presidenza Commissione Cultura, Scienze, Istruzione della Camera dei Deputati e il patrocinio dell’Ambasciata di Polonia a Roma, con i quali stiamo lavorando su una grande retrospettiva sempre con la Camera dei Deputati per quest’estate. Come anno di Biennale Arte, ci sono diverse sorprese che annunceremo nelle prossime settimane con ospiti da tutto il mondo nel nostro spazio, e inizieremo la stagione Biennale con EX_PATRIA e la presenza di Exibart nella nostra sede veneziana in Settimana Stampa. Stiamo inoltre lavorando su un’ulteriore grande retrospettiva per Palazzo Mathis a Bra, dal titolo Archīvum. Insomma, diversi progetti, sempre più ambiziosi, ma sempre coerenti con la nostra linea curatoriale che enfatizza il rapporto tra arte e il sociale, ispirandoci ad oltre quattro decadi di lavoro di Marta Czok.