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L’orizzonte liberal del falso (prima parte)

Bombardati dalle immagini, sedotti da «persuasori occulti e occultati», illusi dai mirabolanti poteri retorici di icone che si affermano come profezie: sono anni, ormai, che dichiariamo la nostra debolezza, la nostra indolenza di fronte al mondo della comunicazione. Ma cosa ne sappiamo delle tattiche ideate e impiegate per abbrancare il pubblico, per farlo collocare dalla parte liberal? Come far fronte alle esigenze di chiarimento che la nostra posizione di spettatori lamenta, ogni giorno di più, nei domini dell’arte e della comunicazione distorta?

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«Filigrane», breve luce …

Strano momento quello che stiamo vivendo, attraversato da contraddizioni sempre meno sostenibili, se non fosse per quel “filo di speranza verso la poesia e la letteratura che ognuno trae da sé all’ultimo momento”. Se da una parte, infatti, si celebra alla grande il “dantismo di ritorno”, dall’altra gli operatori tutti del settore sono chiamati a confrontarsi con una crisi che non è più strisciante: un pessimismo caricato di nero dalla scomparsa ravvicinata di tanti, tantissimi, troppi autori, di storie, di letteratura e di teleologie.

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Sempre e solo la polipoesia

“In ultimo, ma non per importanza, ricorderemo sempre e solo la poesia”.
La duplice genealogia dell’ipertrofico e del Gèodi: la monografia di Giovanna Lo Monaco dedicata a Tommaso Ottonieri …

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“Critica della critica” all’arte della burocrazia [quarta parte] …

Ciò che rende le pagine di questa quarta parte più che mai attuali è lo spirito che le pervade. In un momento come questo – mentre l’idea stessa del progresso è in toto ripudiata, immediatamente letta come contrassegno di viète utopie, di metafisiche filosofie della storia, di dogmatici teologismi – la fatica di chi percorre la critica al liberismo nelle sue articolazioni è una lettura da non dimenticare. È insieme la dimostrazione concreta di ciò che la decostruzione futurologica può e deve essere, quando le mode dichiarano esaurito il tempo della critica.

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L’arte della burocrazia: Smith in Cina? [terza parte]…

Le idelogie liberali sono morte? Con la fine del modernismo liberista sembravano non avere più senso sistemi di idee destinati a promuovere interessi in conflitto permanente. Un’illusione così effimera da far sospettare che non ci sia niente di più ideologico della pretesa che le ideologie del capitale siano scomparse. In un testo nel quale la padronanza della storia della «Nuova Ricchezza delle Nazioni» si fonde con il dono enigmatico della sua realtà globale, il neo-Smith ci offre le chiavi per un esercizio critico del fanatismo ideologico, oltre il senso comune!

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L’arte della burocrazia nel mucchio delle smart-card. L’appannaggio siderale della formatività [seconda parte]

Sfruttando l’evidente fallimento delle vecchie burocrazie nel creare un mondo migliore, i sacerdoti della finanza, spalleggiati dai politici e media, ci stanno confezionando un pericoloso e orribile futuro: ci attendono salute e giustizia biopolitica, pillole per fare o non fare qualsiasi cosa e ingrassare i loro sudici portafogli. Un futuro di controllo, già descritto nelle più fosche ipotesi della letteratura fantascientifica: ecco il famoso grande “agente relazionale”.

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L’arte della burocrazia nel mucchio delle smart-card [prima parte]

La burocrazia è violenza contro violenza: solo nel momento in cui prende coscienza di questa propria natura essa può voler rendere superflua la propria violenza contro-artistica e vetero-liberista. Tutto quel che la sua visione incontra diventa un invito a porre domande, a seguire il filo dei pensieri e delle associazioni ovunque possa condurre e, così facendo, a scoprire inediti percorsi di senso e un nuovo modo di classificare il reale. Lascio al lettore il compito di scoprirne le più intime risonanze.

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Edu-Action: azione educativa ed esperienza tecnologica

Dalla classe capovolta alla scuola capovolta. Edu-Action di Andrea Balzola (Meltemi, 2021), dopo una premessa sull’educazione a distanza nel periodo della pandemia, si suggeriscono alcune coordinate per integrare il rinnovamento tecnologico della scuola con la riforma dei modelli educativi che si ritiene necessario attuare. Le istituzioni e i metodi formativi devono cambiare radicalmente alla luce delle trasformazioni intervenute nelle cosiddette società avanzate dall’ultimo scorcio del Novecento a oggi. Gabriele Perretta lo ha recensito per Segnonline.

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Alla ricerca del nome e del suo ri-trarsi [quarta parte]

Il dominio dell’osservazione è quello della parola e del silenzio che fissa: si tratta di dar vita a ciò che è morto nello psichico dell’immagine fotografica, di rendere il potere di comunicare a ciò che non ha trovato senso, di inventare le parole per guardare meglio … Il pensiero verbale dinanzi all’immagine fotografica è lo strumento di questo lavoro. Gettando uno sguardo nell’occhiata infinita dell’opera, giungiamo alla consapevolezza che anche nella riconoscibilità e nell’agnizione in fondo eseguiamo una visibilità proveniente dalla nostra stessa natura … Ma il nostro sguardo dov’è allora? Certamente, è un qualcosa che nasce e muore con quel complesso, infinito sguardo …

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Alla ricerca del nome e del suo ri-trarsi [terza parte]

Vedere una foto è allo stesso tempo un atto di ricezione e di pensiero, dove la parola diviene necessaria proprio per illuminare il momento riflesso dell’esperienza e il suo prolungarsi in un nuovo universo di ‘idees’ e ‘reveries’, nel quale si mette poi di fatto alla prova la vitalità stessa del ritratto/ri-tratto e in-ri-trovato… La forza speculare dell’indefinizione del ri-trarsi si traduce di continuo in tensione d’idea dinanzi ai grandi temi della somiglianza e dell’analogia didattica, della modernità e del caos, dell’impossibilità della metafora e dell’indice del niente.

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Alla ricerca del nome e del suo ri-trarsi [seconda parte]

Gli uomini moderni, si sa – anche gli artisti – passan la vita a guardarsi ansiosamente d’intorno e ad accordare passo, respiro, parole ai venti della giornata. Pochissimi sanno guardare solamente dentro di sé certi di ritrovarvi una guida infallibile. L’azione del ri-trarsi è di costoro. Infine, simbolo è qualsiasi segno, artificiale o convenzionale, caratterizzato da qualche cosa di simile «all’effetto di indicare». Colui che pensa in modo artistico è ricco di idee, che gli vengono per associazione, spesso senza arrivare alla coscienza. Colui che pensa in modo segnico scava con fatica un pozzo dal quale sicuramente alla fine porterà qualcosa di buono, mentre colui che è ricco di “frasi infinite” spende, senza curarsene, le ricchezze di un tesoro inesauribile.

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Alla ricerca del nome e del suo ri-trarsi [prima parte]

«Quanto più consideriamo l’essenza dell’immagine, tanto più misteriosa diventa l’essenza del ritratto». In che senso è possibile parlare di un ritratto sconosciuto nell’epoca del dispiegamento planetario della tecnica del ritratto? O forse proprio la nostra epoca, l’eta dei ritratti sconosciuti, coincide con l’irrevocabile fine della presenza della persona? Tutte le identità indistintamente, infatti, non si sono forse polverizzate in una miriade di modalità fotografiche che segnano il tramondo della forma di riconoscibilità che ha caratterizzato l’esistenza umana fin dai suoi primordi? Eppure, come si può evincere dalle parole di questo nuovo saggio-racconto, fotografia e «identità riconoscibile» non sono semplicemente due forme di sapere l’una successiva all’altra o modi del vedere reciprocamente alternativi, ma poli in tensione tragica dell’essere fotografico che, contemporaneamente, ne definiscono l’essenza.

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La fotografia fake (quarta parte) – Ovvero la fondazione definitiva della fluff-art o della (phos)-fluff-art

La fenomenologia della fluff-art, totalmente spoglia di vissuti, è la celebrazione di un atto del sotterrare e dell’ accecare della scrittura e che, in quanto tale, non può vedere nulla. Castrashia ritrovando il vissuto malefico, occulto, oppressivo, ibernante dell’atto intenzionale, emulato, che si rivela a se stessa anteriormente e indipendentemente da ogni relazione e da ogni opposizione (atto malefico e sua componente repressiva), può portare la fenomenologia del trash al suo approdo naturale e necessario, quello dell’autoesaltazione e dell’identità violenza-narcisismo.

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La fotografia fake (seconda parte)

In che modo gli zombie della fotografia tengono conto della loro spia? Come ne anticipano i tratti violenti e il profilo di Castrashia? In che misura confessano di averne bisogno? E fino a che punto se ne assumono la guida omicida? E attorno a simili domande che questa seconda parte ruota. Il punto di partenza è rappresentato dalla convinzione che l’immagine di Castrashia già in sé stessa ipotizzi un interlocutore psicologico fuffico e ne delinei le caratteristiche essenziali. Dunque la vittima è qualcuno di prefigurato già sullo schermo del carnefice: chi siede davanti al pc deve confrontarsi con un simile triller – magari per rovesciarlo – se vuole riconoscersi per quello che è: la Psicofuffa Ale Ci Fa o Giovanna La Castrashia stessa.