ARCO Lisboa

Alla ricerca del nome e del suo ri-trarsi [seconda parte]

Gli uomini moderni, si sa – anche gli artisti – passan la vita a guardarsi ansiosamente d’intorno e ad accordare passo, respiro, parole ai venti della giornata. Pochissimi sanno guardare solamente dentro di sé certi di ritrovarvi una guida infallibile. L’azione del ri-trarsi è di costoro. Infine, simbolo è qualsiasi segno, artificiale o convenzionale, caratterizzato da qualche cosa di simile «all’effetto di indicare». Colui che pensa in modo artistico è ricco di idee, che gli vengono per associazione, spesso senza arrivare alla coscienza. Colui che pensa in modo segnico scava con fatica un pozzo dal quale sicuramente alla fine porterà qualcosa di buono, mentre colui che è ricco di “frasi infinite” spende, senza curarsene, le ricchezze di un tesoro inesauribile.

Alla ricerca del nome e del suo ri-trarsi [prima parte]

«Quanto più consideriamo l’essenza dell’immagine, tanto più misteriosa diventa l’essenza del ritratto». In che senso è possibile parlare di un ritratto sconosciuto nell’epoca del dispiegamento planetario della tecnica del ritratto? O forse proprio la nostra epoca, l’eta dei ritratti sconosciuti, coincide con l’irrevocabile fine della presenza della persona? Tutte le identità indistintamente, infatti, non si sono forse polverizzate in una miriade di modalità fotografiche che segnano il tramondo della forma di riconoscibilità che ha caratterizzato l’esistenza umana fin dai suoi primordi? Eppure, come si può evincere dalle parole di questo nuovo saggio-racconto, fotografia e «identità riconoscibile» non sono semplicemente due forme di sapere l’una successiva all’altra o modi del vedere reciprocamente alternativi, ma poli in tensione tragica dell’essere fotografico che, contemporaneamente, ne definiscono l’essenza.

La fotografia fake (quarta parte) – Ovvero la fondazione definitiva della fluff-art o della (phos)-fluff-art

La fenomenologia della fluff-art, totalmente spoglia di vissuti, è la celebrazione di un atto del sotterrare e dell’ accecare della scrittura e che, in quanto tale, non può vedere nulla. Castrashia ritrovando il vissuto malefico, occulto, oppressivo, ibernante dell’atto intenzionale, emulato, che si rivela a se stessa anteriormente e indipendentemente da ogni relazione e da ogni opposizione (atto malefico e sua componente repressiva), può portare la fenomenologia del trash al suo approdo naturale e necessario, quello dell’autoesaltazione e dell’identità violenza-narcisismo.

La fotografia fake (seconda parte)

In che modo gli zombie della fotografia tengono conto della loro spia? Come ne anticipano i tratti violenti e il profilo di Castrashia? In che misura confessano di averne bisogno? E fino a che punto se ne assumono la guida omicida? E attorno a simili domande che questa seconda parte ruota. Il punto di partenza è rappresentato dalla convinzione che l’immagine di Castrashia già in sé stessa ipotizzi un interlocutore psicologico fuffico e ne delinei le caratteristiche essenziali. Dunque la vittima è qualcuno di prefigurato già sullo schermo del carnefice: chi siede davanti al pc deve confrontarsi con un simile triller – magari per rovesciarlo – se vuole riconoscersi per quello che è: la Psicofuffa Ale Ci Fa o Giovanna La Castrashia stessa.

fotografia fake

La fotografia fake (prima parte)

Avevo sempre evitato l’ora dell’apocalittica terminale. Per scelta, per carattere e soprattutto per comodità, ma ci sono delle sere in cui la vita ti si pone di fronte e pretende che guardi, osservi, anche su Facebook, quello che in media si trasforma sempre e comunque in trash. Ci sono delle sere in cui sei così disperato che ti accontenti anche di verità scomode, sperando solo che insieme ad esse ti puoi regalare qualche certezza, e lei inevitabilmente lo farà, ma portandosi via in cambio una parte di quella utopia che era ancora in te.
Ci sono dei ladri che si vantano di una certa loro mentalità disonesta, per poterla avere veramente nascosta dietro quella mancanza di vergogna. Come trasformare il manierismo in un aspetto negativo: ci sono ladri che per tutta la loro vita vorrebbero serbare rancore ai loro stessi malefici, perché non hanno ottenuto abbastanza dalla loro rancorosa manipolazione. E allora, come ultima ipotesi, ti costringono a giustificare le menzogne, per produrre l’estrema fuffa. Tale atteggiamento è firmato, in maniera manierata, dai protagonisti di questa prosa.

Sarah Kane: in un batter d’occhi estremi! | L’ultima psicosi (quarta parte)

Il tendere alla «crudeltà» spinge l’artista a fare delle scoperte sul piano corporale e conflittuale, lo sprona in continuazione a compiere il massimo sforzo morale. Sarah Kane è stata l’ultima rappresentante del grande azionismo teatrale degli anni ‘90, ancora oggi in grado di esercitare una decisiva influenza sul teatro d’autore contemporaneo. La sua è stata una esperienza di vita e di scrittura pura, sorretta da una eccezionale maestria che scrive la “ragione timica” mai fine a se stessa e sempre al servizio di una intensa ricerca spirituale.
Dannati: stupri, masturbazioni, sodomie e atrocità di ogni genere cui assistettero gli spettatori al teatro del Royal Court, nel gennaio del 1995, per farla finita con la memoria della body art e storie simili. La violenza, consumandosi con semplicità e trasparenza, agisce sulla memoria del corpo bloccato dalla body degli anni settanta; il palcoscenico trasformandosi in una zona di guerra da vita alla schematizzazione del conflitto bosniaco, scoppiato dopo il 1990, riferendosi agli stupri di massa consumati nell’ottica della pulizia etnica e della violenza sessuale subita da una giovane epilettica, da parte di un giornalista scandalistico malato di cancro ai polmoni, stupro e accecamento.

Sarah Kane: in un batter d’occhi estremi! (terza parte)

Il tendere alla «crudeltà» spinge l’artista a fare delle scoperte sul piano corporale e conflittuale, lo sprona in continuazione a compiere il massimo sforzo morale. Sarah Kane è stata l’ultima rappresentante del grande azionismo teatrale degli anni ‘90, ancora oggi in grado di esercitare una decisiva influenza sul teatro d’autore contemporaneo. La sua è stata una esperienza di vita e di scrittura pura, sorretta da una eccezionale maestria che scrive la “ragione timica” mai fine a se stessa e sempre al servizio di una intensa ricerca spirituale. In questo saggio, in più parti, incentrato su dialoghi finora poco conosciuti, l’autore ha tradotto in parole l’indagine esistenziale condotta attraverso un’autopoiesi della scrittura scenica e dell’azione crudele.

Molte delle note che sono entrate a far parte di questa monografia su Sarah Kane e su Pour Artaud del 97, erano parte di un materiale archiviato on-line a cui mi è stato poi negato l’accesso, per ragioni a me incomprensibili. Pertanto, questa versione corrisponde ad un sottile lavoro di ricostruzione, per reazione a quegli atti di repressione, che cercano di passare nel senso comune come leciti e giusti, ma prolifici di violenza in maniera esponenziale. Proprio quel tipo di azioni denunciate dal malessere espresso negli scritti, nei gesti estremi e nella malattia dalla Kane.

Sarah Kane: in un batter d’occhi estremi! (seconda parte)

Il tendere alla «crudeltà» spinge l’artista a fare delle scoperte sul piano corporale e conflittuale, lo sprona in continuazione a compiere il massimo sforzo morale. Sarah Kane è stata l’ultima rappresentante del grande azionismo teatrale degli anni ‘90, ancora oggi in grado di esercitare una decisiva influenza sul teatro d’autore contemporaneo. La sua è stata una esperienza di vita e di scrittura pura, sorretta da una eccezionale maestria che scrive la “ragione timica” mai fine a se stessa e sempre al servizio di una intensa ricerca spirituale. In questo saggio, in più parti, incentrato su dialoghi finora poco conosciuti, l’autore ha tradotto in parole l’indagine esistenziale condotta attraverso un’autopoiesi della scrittura scenica e dell’azione crudele.
Molte delle note che sono entrate a far parte di questa monografia su Sarah Kane e su Pour Artaud del 97, erano parte di un materiale archiviato on-line a cui mi è stato poi negato l’accesso, per ragioni a me incomprensibili. Pertanto, questa versione corrisponde ad un sottile lavoro di ricostruzione, per reazione a quegli atti di repressione, che cercano di passare nel senso comune come leciti e giusti, ma prolifici di violenza in maniera esponenziale. Proprio quel tipo di azioni denunciate dal malessere espresso negli scritti, nei gesti estremi e nella malattia dalla Kane.

Sarah Kane: in un batter d’occhi estremi! (prima Parte)

Il tendere alla «crudeltà» spinge l’artista a fare delle scoperte sul piano corporale e conflittuale, lo sprona in continuazione a compiere il massimo sforzo morale. Sarah Kane è stata l’ultima rappresentante del grande azionismo teatrale degli anni ‘90, ancora oggi in grado di esercitare una decisiva influenza sul teatro d’autore contemporaneo. La sua è stata una esperienza di vita e di scrittura pura, sorretta da una eccezionale maestria che scrive la “ragione timica” mai fine a se stessa e sempre al servizio di una intensa ricerca spirituale. In questo saggio, in più parti, incentrato su dialoghi finora poco conosciuti, l’autore ha tradotto in parole l’indagine esistenziale condotta attraverso un’autopoiesi della scrittura scenica e dell’azione crudele.

Allegorie Storiche: sulla questione del Nano Gobbo [Seconda parte]

“Trovare questo polo. Quelle che per gli altri sono delle deviazioni sono per me i dati che definiscono la mia rotta. Io baso i miei calcoli sui differenziali del tempo che per gli altri disturbano le «grandi linee» della ricerca”. W. Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo, Torino, Einaudi, 1986, p. 591.

Nano Gobbo

Allegorie Storiche: sulla questione del Nano Gobbo [prima parte]

Invito alla lettura: Ecco il reinizio della Rubrica! Novembre è un mese che amo, che mi riconduce lontano … anche paesaggisticamente, dato che «sti» fiori gialli, anche qui cimiteriali, mi ricordano I Fiori del Male. Quelli che crescono qui, se dello stesso giallo, sono certo di altro ceppo botanico, ma paiono proprio quelli. Ed io mi accontento di un profumo semplice, di una brezza, di qualche delicata e fugace sensazione. Possibile, si è chiesto qualcuno, che le mie scorribande critiche e le mie fisime di scrittore non mi abbiano mai portato a tirar fuori qualcosa di ciò che ho accumulato nei miei quarant’anni e passa di scrittura critica? Fatemi pensare. Ebbene, se si eccettua un racconto su trenta o un saggio su venticinque, dal titolo “Le Notti di E.A. Poe”, incluso nel mio secondo libro “C’è una novella in più … la lasciamo?” (sempre La Pleiade ed., Paris 1980) mi pare proprio non vi sia altro. Forse era gà scattato il venerdi 6 novembre 2020 quando: c’è chi mi telefona e mi chiede se conosco qualcuno di quelli che soprattutto in TV parlano di lockdown e di distanziamento. Se sì gradirebbe che glieli presentassi!
No, rispondo, non conosco nessuno, proprio nemmeno uno.
Ed allora perché si permette loro di dire tante cose che non colgono il momento?
… capisco … è un momento in cui, per effetto della terribile pandemia dilagante in quei modi di dire se ne parla moltissimo. E noi tutti avremmo voluto sentire di quel nuovo articolo, di quel nuovo saggio che commenta, di quella o di questa rubrica che si rinnova, storicamente e in tutti i campi … su e giù per quelle nuove uscite e quegli acrocori. Qualcuno che dicesse di miserie note e di ricchezze segrete. In questo momento, scrivere val più che discutere e farsi dispetti o mancare il superamento di un concorso fasullo. Le questioni e gli Aliquid ci sono.
Ed allora? Attenzione da questo punto in avanti la lettura è obbligatoria … rileggendo W, H, X, Y, mi appassiona rileggere me stesso, ho la sensazione di trovare ricordi in punta di penna dai quali, almeno io, sto cercando di dil/azionarmi in punta di piedi…

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