1. La cultura occidentale è oggi caoticizzata in diversi campi e maschere di falsificazioni irriconoscibili. Esiste il versante della memoria liberal-rivoluzionaria, costituito dalle cosiddette avanguardie borghesi, che hanno strumentalizzato i diritti civili e le proteste del femminismo, per trasformare il tutto in un diritto di passerella. Esiste poi quello liberal-moderato tendenzialmente conservatore-progressista (o progressista-conservatore), costituito prevalentemente da persone che lavorano singolarmente sull’egoismo proprietario. Alla base della spaccatura c’è un conflitto caotico, nelle cui trame è divenuta difficile la cooperazione e la reciproca integrazione. Le post-avanguardie operano in posizione di élite caotico-massificate, impegnate spesso in una ricerca di sopravanzato mascheramento della loro stessa condizione, della quale difficilmente sono presagibili gli approdi in concreto. Esse hanno costituito, tardivamente rispetto all’esautoramento della legittimazione di mercato, una presenza considerevole e complessa negli anni 80-90, oggi del tutto scoppiata. La loro ciclica escalation nei centri di potere culturali (case editrici, giornali, cattedre universitarie, eccetera), non di rado arginata dall’altro versante, rifiuta evidentemente la collaborazione con la cultura realistica e popolare tout court, ma mira legittimamente (una legittimità fittizia) a monopolizzare quei centri per una più efficace esplicazione e diffusione del proprio tornaconto. Il che fa pensare che, inevitabilmente, se la loro conquista (o truffa) avrà compimento, i vincitori saranno vinti, gli artigiani saranno fisici teorici, i performer saranno attori drammatici; i musicanti saranno musicisti, i falsari saranno artisti, perché non sono solo le case editrici o i giornali, nella nostra civiltà, a determinare le loro scelte, ma i mercati creativi, in quanto nuovi apparati della falsificazione e della prepotenza di regime, e la società con le sue esigenze ed i suoi esagerati gusti ormai orientati al trash.
Un rapido sguardo al livello culturale medio degli artisti, alle loro scarse capacità di engagement-disengagement politico, all’attitudine di nutrire, di manifestare idee proprie, non inficiate da luoghi comuni, fa pensare che sia ancora lontano il giorno in cui possa essere spezzato il circolo vizioso «domanda-offerta» e «offerta-domanda», che caratterizza la costruzione e i produttori del falso e del loro pubblico. Ancora una volta la questione è di pianificazione, di estensione, di rinnovamento della progettazione liberale, per mezzo di quell’istituto che solo potrebbe darci un contraddittorio della moneta falsificante, quale riteniamo che sia il valore economico in assoluto (non questo valore o quello). Il versante dei moderati ha il grave torto di non essere sempre aperto alle reali necessità di rinnovamento, di trascinarsi stanco e logorato, senza avere fiducia nell’affidamento dei ricercatori veri, spesso teorici e un po’ ingenui perché generosi. Nelle sue linee generali, merita riflessione il seguente giudizio di un mercante alla moda: «Abitando in Italia ed analizzando alcuni aspetti della vita italiana si perviene però alla conclusione che quella cultura ufficiale tende a divenire sempre di più un mondo fittizio. Essa riceve pur sempre differenti omaggi sotto forma di platonici riconoscimenti, ma, al tempo stesso, si allontana irrimediabilmente dalla realtà, dove va prendendo forma (quando e dove possibile) un sistema di vita fondato su premesse del tutto diverse. Talune caratteristiche, proprie del nuovo stile di vita, fanno sì che esso non entri in aperto conflitto con i valori della cultura tradizionale e perciò, sebbene corroda le basi del dominio dei vecchi modelli, non sottopone questi ad una critica intellettualizzata. Il nuovo stile si assorbe lentamente, impercettibilmente, come somma di fatti apparentemente isolati. Non coinvolge il nocciolo della coscienza artistica, ma lavora sulla sua periferia, sulla rete web-babelica che distrae i dibattiti e le affermazioni di sistema, affermando il «nuovo complesso della falsificazione integrata» (NSFI). Non cattura l’interesse con le idee, ma incuriosisce con le azioni di finanza, lo scontro tra vecchie e nuove monete. Non postula principi, ma crea occasioni di investimento. Non è generato da una corrente intellettuale o da un’intesa di persone pensanti, ma germinato spontaneamente sulle trasformazioni delle basi materiali dell’esistenza, dentro e fuori dal web e sulle conseguenti nuove forme di organizzazione del profitto falsificazionista. Qui le arti contemporanee fungono da grandi luminarie, per l’abbellimento dei sistemi e delle loro complessità. In rapporto al sempre valido conflitto, tra i tradizionalisti ed i revisionisti della cultura del falso, il nuovo stile si pone come un fatto estraneo, come un terzo mondo che desta del pari scandalo e sorpresa in entrambi i campi».
In fondo, non è un caso che in Italia non si sia verificato, eccettuata la labile parentesi del Futurismo, un movimento culturale profondamente operante nella società e nato da essa. Un qualcosa che, almeno approssimativamente, potesse manifestare quello che a Parigi significò l’avanguardia storica, intesa nella sua globalità, estrapolata dalla sede essenzialmente speculativa, e considerata nel complesso di interferenze con i modi comportamentali, con il costume e gli orientamenti di gusto. Oppure, quello che significò, su un altro piano, con ben più modesto contenuto filosofico, in altri paesi del Nord Occidente, il movimento della sperimentazione, che sarebbe un errore sottovalutare. Da esso, infatti, sono uscite alcune delle cose più radicali della ricerca e della contraffazione contemporanea; il verismo e il falsificazionismo sono germinati da un’acuta necessità interiore, che la psicoanalisi non poteva tanto facilmente vezzeggiare, per poi rinchiuderla bruscamente in gabbia come una docile bestiola. Qualcosa doveva mutare. E mutò.
2. Introdurre il concetto di fake news non è sicuramente una cosa facile, vuoi perché ormai qualsiasi tipo di verità è filtrata dagli innumerevoli social network, dalle testate giornalistiche di parte, da noi persone divenute ormai solo profili nell’epoca digitale. Questo non comporta, tuttavia, che la verità non esista più, vuol dire solamente che come tutti anche l’artista deve informarsi e non abboccare alle prime notizie che gli capitano davanti. Per arrivare però al concetto di fake news, a mio parere, per quanto riguarda il mondo dell’arte, bisogna partire da un po’ più lontano, da quell’idea iniziale da cui sorge il problema di questo flusso di notizie non veritiere. Il tema del falso è ripreso, ed è centrale, per inquadrare il mondo dell’arte come lo conosciamo oggi; soprattutto, con la nascita e l’affermazione dell’arte concettuale, che ha sicuramente influito sull’evoluzione dei cosiddetti «falsi d’artista».
La profezia disegnata serve a creare una necessità di consumo, a qualunque costo e indipendentemente dalla qualità – il che è ovviamente dannoso – soprattutto se si avvale anche dell’involontario contributo d’alto livello intellettuale del falso. Contributo che dovrebbe essere evitato in considerazione della frettolosità e la prevenzione di molti fruitori, condizionati a capire fin anche l’esatto contrario di quanto un autore di solito intende dire. Oggi non è più possibile parlare di verità artistica nei termini di un’essenza categoriale e mutabile dello Spirito, ma come di una mutevole realtà, il cui stesso significato si evolve a seconda delle epoche, e può benissimo identificarsi, di volta in volta, con il mito, la religione, la società, la tecnologia e la cui comprensione (o incomprensione) del pari varia d’epoca in epoca, da individuo a individuo.
Cosa significa tutto ciò? Secondo taluni consiglieri della “profezia disegnata”, progettisti della nuova pubblicità dominante, di nostra conoscenza, significa propensione dell’autore alla tesi sulla mutabilità radicale dell’artista e della sua funzione, in un rapporto storico-sociologico, anziché proporsi come un invito all’approfondimento storico-metodologico, da prendere come antecedente necessario alla comprensività dell’opera d’arte. Così al giorno d’oggi, si può sostenere che, anche per la musica, come per la fotografia e la poesia, esistono due gusti nettamente distinti: uno per gli adepti, l’altro per i profani. E del resto, chi studia le rapide trasformazioni che si sono instaurate nel campo della musica si renderà conto, come, in mancanza di una specifica educazione “all’ascolto”, sia quasi impossibile un’accettazione della nuova musica da parte di chi abbia l’orecchio condizionato alle melodie di consumo o alla tradizionale musica classica. In altri termini: per poter gustare quanto di buono possa offrire anche la nuova musica, è necessario prima di tutto che la si ascolti con attenzione, senza dimenticare che essa non ha nulla in comune con la musica tradizionale. Concetto abbastanza chiaro, ma non per i nuovi profeti di cui sopra, considerato che lo interpretano come un netto rifiuto da parte dell’autore attuale di tutta la musica del passato, classica o popolare che sia, nonché un invito a distinguere due tipi di ascoltatori: uno competente dalle idee avanzate e dalle profezie assai audaci e l’altro incompetente, dalle idee conservatrici e dettate soprattutto da strategie pubblicitarie.
Indagando su “che cosa” fa scaturire e “da che cosa” effettivamente scaturisce e prolifera una fake news, si può solo pensare al concetto di leggenda, quello della Grecia antica e dell’Impero Romano. Siamo nella seconda metà del Duecento, e un frate domenicano, Jacopo da Varagine, sta scrivendo quello che sarebbe diventato e rimasto un best seller incredibile nei successivi tre-quattrocento anni: la Legenda aurea (la traduzione sottintende un cose, o vicende, o storie: “[storie] d’oro da leggere”). Una raccolta agiografica, cioè una raccolta di racconti di vite di santi, antichi e contemporanei, organizzati secondo l’almanacco liturgico. Le storie erano da leggere nel giorno dell’anno dedicato al personaggio principale della singola narrazione. La diffusione del testo e di questa pratica fu impressionante, e l’abitudine di sentire le storie della legenda, anzi leggenda, che spesso aveva tratti fantasiosi, ha dapprima determinato il significato ampio di narrazione agiografica, e poi, a partire dal Seicento, quello di racconto tradizionale fantasioso in genere.
Le leggende, infatti, come le moderne notizie false, contengono al proprio interno una parte di verità, che però la tradizione orale ha tentato di mitizzare. È così che accadeva, ogni volta che lo storyteller raccontava la leggenda, che venissero aggiunti degli elementi nuovi; se ci si pensa, è questo ciò che fa una fake news anche se con risultati molto più incisivi e devastanti sulla nostra società. Il termine inglese fake news (letteralmente in italiano notizie false) indica articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, rese pubbliche con il deliberato intento di disinformare o diffondere bufale, attraverso i mezzi di informazione. Tradizionalmente a veicolare le fake news sono i grandi media, ovvero le televisioni e le più importanti testate giornalistiche. Tuttavia con l’avvento di Internet, soprattutto con la condivisione dei media sociali è aumentata esponenzialmente anche la diffusione di notizie false.
La definizione di questo processo può essere attribuita allo storico Marc Bloch, che specificò nel suo libro La guerra e le false notizie che «una falsa notizia è solo apparentemente fortuita, o meglio, tutto ciò che vi è di fortuito e l’incidente iniziale che fa scattare l’immaginazione. Ma questo procedimento ha luogo solo perché le immaginazioni sono già confezionate in muto fermento». Nel 1914 Marc Bloch va in guerra. Sergente di fanteria, dopo quattro anni memorabili e tremendi, ne uscirà col petto decorato di ricordi e di insegne, ma anche con una più piena coscienza del proprio mestiere di storico. Nei Ricordi di guerra 1914-1915 è proprio lo storico a impugnare la penna in pagine che riecheggiano Tolstoj; il caos dei combattimenti viene evocato attraverso dettagli aberranti e ambigui: i nugoli di pallottole delle mitraglie, le «melodie funebri» delle bombe, la morte sconosciuta e prossima dei compagni, la stanchezza dei reduci e il «segreto piacere» di chi ammira il proprio soprabito bucato dai proiettili. Come il Fabrizio della Certosa di Parma di Stendhal a Waterloo, così Bloch nella battaglia della Marna si ritrova protagonista di un evento grandissimo, di cui non riesce a vedere e dominare che un «piccolissimo frantume». Ma la sua testimonianza può divenire universale, proprio perché l’autore ha scelto di non dire niente che non abbia direttamente visto e vissuto. L’esperienza singolare della guerra viene ripensata da Bloch nelle Riflessioni sulle false notizie della guerra (1921), all’interno di un pensiero sulla critica delle testimonianze e sulla vecchia opposizione tra verità ed errore. La guerra è stata un «esperimento immenso di psicologia sociale» e lo storico deve istruirsi per affrontarla come tale. Il «rinnovarsi prodigioso della tradizione orale, madre antica delle leggende e dei miti», ha creato un ambiente favorevole alla fabbricazione e diffusione delle «false notizie» che hanno circolato nelle trincee. Bloch ne svela i percorsi, individuando nei grandi stati d’animo generali il substrato che consente alle fantasie di trasformare un infame percezione in leggenda: una strada feconda, che lo porterà più tardi a concepire il grande affresco storico dei Re taumaturghi.
Detto questo, possiamo ricordare che negli ultimi anni l’espressione fake news è stata utilizzata per indicare fenomeni molto diversi fra loro: errori di stampa, bufale, teorie complottiste, concetti satirici utilizzati improvvisamente come fonti giornalistiche, la diffusione di notizie non verificate, la propaganda politica, le informazioni false lanciate da siti messi on-line per generare profitti da click-baiting. Perciò, il termine fake news è stato oggetto di dibattito ed è stato proposto l’abbandono del suo uso, soprattutto alla luce di dichiarazioni di importanti figure politiche che hanno impiegato il termine al fine di attaccare la stampa, giudicata come avversa e parziale nei confronti degli stessi. Le notizie false sono scritte e pubblicate al fine di attirare finanziariamente o politicamente (spesso con titoli sensazionalistici, esagerati o palesemente falsi) l’attenzione del lettore. Le fake news possono essere considerate oggi come un virus, che si diffonde tra tutti coloro i quali vengono sottoposti alle formazione on-line e non solo. Infatti, spesso le soluzioni a tale problematica sono simili ai programmi antivirus, aventi l’obiettivo di identificare la fonte primaria della notizia falsa e bloccarla in tempo, affinché non possa infettare ulteriori utenti. A tal proposito, all’interno del blog tecnologico Venture Beat, si è considerato di inserire un’intelligenza artificiale come guardia dei media, con l’incarico di proteggere i vari utenti da contenuti ritenuti pericolosi e soprattutto falsi. Uno dei casi più eclatanti, e sicuramente devastante quanto emblematico, rispetto alla diffusione di informazioni non veritiere ad una larga scala di persone, è senza dubbio il caso della trasmissione radiofonica La guerra dei mondi di Orson Welles del 1938. Messa in onda dalla CBS, all’interno del programma radiofonico Mercury Theatre on the Air dello stesso Welles, fu uno degli esempi ancora oggi usati per descrivere il fenomeno della “psicologia del panico”. Orson Welles cercò di caricare i toni drammatici dell’evento, dando l’apparenza di una vera trasmissione, interrotta dall’annuncio sensazionale dell’arrivo dei marziani. L’artista si mosse nella consapevolezza della fiction, perché non aveva dubbi sul fatto che tutti avrebbero capito che si trattava di una falsificazione della realtà e, quindi, di comunicazione immaginaria, ovvero di una nuova forma di comunicazione planetaria. Ma, “sorpresa!”, le cose non andarono come previsto. Quando Welles diede la parola ad un finto Ministro degli Interni, per pregare il pubblico di non lasciarsi prendere dal panico e poi suggerì che la cosa migliore era pregare Dio, allora si diffuse lo sgomento e lunghe file di auto lasciarono New York. In seguito furono intentate un gran numero di cause contro la Cbs e molte signore che avevano perso le scarpe nella fuga riuscirono a farsi rimborsare. La “guerra dei mondi” di Orson Welles fa bruscamente scoprire la forza funzionale della comunicazione e della pubblicità, ovvero di un «orizzonte letterario di consumo» di cui non possiamo fare a meno. Tanto è vero che, mentre Orson Welles fu calato nelle furie dei risultati conflittuali che l’evento aveva provocato, il mondo della pubblicità lo portò al settimo cielo, infatti ottenne un’immediata celebrità e i prodotti Campbell gli proposero una sponsorizzazione.
La trasmissione, mandata in onda in modo da sembrare una serie di comunicati da parte di autorità statunitensi (tra i quali scienziati, professori e ufficiali), non aveva lo scopo di diffondere fake news, tanto che, sia all’inizio che alla fine della trasmissione, fu messo in chiaro che si trattasse di un adattamento del romanzo di fantascienza di H.G. Wells, La guerra dei mondi. Nonostante la dichiarazione dello stesso Orson Welles, molti radioascoltatori credettero che fosse una notizia vera, principalmente coloro che si sintonizzarono a programma già iniziato. Mancava la cosiddetta abilità critica, che potesse instillare il dubbio che la notizia fosse una strategia comunicativa, che aveva l’intento principale di intrattenere il pubblico durante la vigilia della notte di Halloween.
Qui va ricordato qualcosa di opportuno sul gruppo di significati delle parole: legge, leggenda, lettura, lezione, etc… e bisogna farlo interrogando l’autenticità del testo «letto, interpretato e dibattuto» da Hans Magnus Enzensberger, nel 1977: “Se dieci persone divorano un testo letterario, si avranno dieci letture diverse. Questo lo sanno tutti. Nell’atto del leggere intervengono innumerevoli fattori del tutto incontrollabili: la storia sociale e psichica del lettore, le sue aspettative e i suoi interessi, la sua disposizione del momento, la situazione in cui si trova mentre legge; fattori che non solo sono assolutamente legittimi e vanno quindi presi sul serio, ma che addirittura sono il presupposto perché possa di fatto verificarsi la lettura. Così, il risultato non è determinato né determinabile dal testo. In questo senso il lettore ha sempre ragione, e nessuno può togliergli la libertà di fare di un testo l’uso che preferisce. Per esempio, sfogliare a caso qua e là, saltare interi passi, leggere le frasi alla rovescia, travisarle, riformularle, ricamarci su e arricchirle di tutte le associazioni possibili, trarre dal testo delle conclusioni che esso non contempla, arrabbiarsi o rallegrarsi con lui, dimenticarlo, plagiarlo, e gettare il libro in un angolo lì su due piedi in qualsiasi momento. La lettura è un atto anarchico. L’interpretazione, e soprattutto l’unica giusta, è fatta apposta per vanificare questo atto” (la traduzione del testo fa parte di Modesta proposta per difendere la gioventù dalle opere di poesia, in “Quaderni Piacentini”, 1978, p. 53). Infatti, ritornando alla questione Orson Welles: il contenuto dell’operazione fu in seguito inteso come una burla a causa dell’esagerazione fornita dai giornali. La stampa volle rendere pubblica l’irresponsabilità della radio e delle fonti di comunicazione, considerando queste ultime prive di una guida. A conferma di ciò, Lyman Brison dichiarò che «la radio è uno dei più pericolosi strumenti della cultura moderna» e che quindi essa, così come qualsiasi altro mezzo di costruzione comunicativa, non produce reazioni di disagio immediato, perché l’atto dell’interpretare, come indipendente dalla volontà del soggetto, può essere esperita. A questo punto, Orson Welles e Hans Magnus Enzensberger si incontrano sull’asse della strategia politica anarchica e la convertono in una conquista che scorre sul confine conflittuale tra “liberalità” e “liberalismo”.
Il caso de La guerra dei mondi fu, dunque, uno dei tanti pretesti per mettere in luce le controversie già esistenti tra la radio e la stampa. Attualmente, esso è utile per sottolineare il fatto che i mezzi di comunicazione possano essere strumentalizzati per diffondere notizie false e, quindi, trasformare tutte le potenziali “guerre di mondi” in guerre di libertà, conflitti acquisiti o da acquisire.