Giulia Mattera, S☼ RITUAL, 2022. Ph. Sabrina Caramanico

La natura sacra e rituale del corpo nella pratica performativa di Giulia Mattera 

S☼ RITUAL, titolo dell’ultimo lavoro performativo di Giulia Mattera, ideato e realizzato in collaborazione con Pollinaria, azienda agricola biologica e residenza per artisti. La performance di 60 ore, inserita all’interno del programma annuale AEQUUSOL AESTAS MMXXII che accoglie in residenza a Pollinaria un artista diverso per ogni stagione, ha esplorato lo strato definito The Vibrant Present nella metodologia Suelo.Un momento sospeso per osservare, sentire e prendere parte allo stato corrente di un ecosistema.

Se c’è qualcosa di sacro, il corpo umano è sacro.

Ora io vedo il segreto per la creazione delle persone migliori. È crescere all’aria aperta e mangiare e dormire con la terra.

Walt Whitman

Il corpo, la natura, la ritualità e il sentire, una relazione unica e indissolubile che caratterizza la pratica artistica di Giulia Mattera. Come in S☼ RITUAL, titolo dell’ultimo lavoro performativo dell’artista, ideato e realizzato in collaborazione con Pollinaria, azienda agricola biologica e residenza per artisti fondata da Gaetano Carboni a Civitella Casanova, in provincia di Pescara. La performance di 60 ore, inserita all’interno del programma annuale AEQUUSOL AESTAS MMXXII che accoglie in residenza a Pollinaria un artista diverso per ogni stagione, ha esplorato lo strato definito The Vibrant Present nella metodologia Suelo ovvero l’ancestrale legame con la terra e la vibrazione al nostro interno. Un momento sospeso per osservare, sentire e prendere parte allo stato corrente di un ecosistema, in un intarsio di culture, visione cosmologiche e pratiche locali nel quale le innumerevoli rivelazioni e originalità del presente divengono chiare e manifeste.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           

Mettere i piedi nudi per terra” questo l’invito rivolto agli artisti nell’ambito del progetto AEQUUSOL, indagare e approfondire il tema del suolo e l’esplorazione dello stesso sotto diversi punti di vista, da quelli sotterranei a quelli più a margine o in superficie.

Nello specifico Giulia Mattera, durante i quattro giorni di pratica performativa, a ridosso del solstizio d’estate, ha radicato piedi e corpo nel suolo, interamente immersa nei boschi secolari del Parco Nazionale del Gran Sasso per ritornare alla terra e compenetrarsi appieno con lo stato di Natura attuando, necessariamente, un rapporto di scambio e interazione con i partecipanti/ liberi donatori e divenendo per loro quel tramite verso la vita profonda e radicata che alimenta il suolo fisico e spirituale.

L’artista nel praticare un rituale collettivo, ha creato l’habitus in armonia con l’ambiente circostante all’interno del quale sono risultati necessari il nutrimento, i doni e le offerte…la consapevole e vibrante predisposizione umana al ‘presente’ nel senso più pieno e aperto del termine, essere presente all’altro, nell’altro. 

Sulla relazione, sull’habitus naturale e sul sentire condividiamo le riflessioni di Giulia Mattera a seguito della performance. 

Amalia Di Lanno Il tuo pensiero in relazione con la natura…durante S☼ RITUAL cosa hai pensato e cosa era diverso in te nel sentirsi parte dell’habitus?

Giulia Mattera Innanzitutto, credo che parlare di “natura” sia fuorviante, poiché nella società occidentale vediamo il mondo naturale come qualcosa di altro dall’umano. Io credo che l’umano sia, invece, una parte della natura insieme a numerose entità non-umane spesso sottovalutate. Credo sia necessario ampliare i vocaboli utilizzati per parlare della natura, essere più specifici nel rapportarci ad essa. Immaginiamo di rapportarci alla natura come alla scoperta di una persona che ci intriga, seguendo con curiosità le sensazioni che proviamo. Non penso, infatti, che il problema rispetto alla natura sia solo linguistico, bensì che il linguaggio che usiamo sia lo specchio dell’aridità emotiva verso l’esperienza dell’ambiente circostante. Mi domando spesso come noi esseri umani potremmo educarci emotivamente e sensorialmente nei confronti di aspetti non-umani. Alla fine il non-umano che solitamente identifichiamo come esterno a noi attraversa i nostri corpi umani continuamente: pensiamo, ad esempio, ai batteri nell’intestino o al cibo che ingeriamo. La ricercatrice americana Stacy Alaimo ha coniato il temine trans-corporalità, secondo il quale “l’ambiente scorre attraverso noi (umani) in ondante incessati, senza fine”1. Questa ed altre teorie del nuovo materialismo informano il mio lavoro, tra cui anche le ricerche sul materialismo vibrante di Jane Bennet rispetto alla materia commestibile e come essa dialoga con il corpo. Esiste un’antica credenza erboristica, la segnatura naturae, secondo la quale l’aspetto (il segno) degli elementi vegetali corrisponde all’organismo del corpo umano sul quale essi influiscono. Proprio per ritornare alla materialità circostante, durante la performance S☼ RITUAL mi sono cibata esclusivamente delle piante che trovavo nel bosco e delle offerte dei visitatori- dello spirito delle offerte parlerò più avanti. Le piante che si trovano in un luogo specifico possiedono le proprietà necessarie al corpo umano per sopravvivere in quel determinato posto. Insomma, quanto siamo ignoranti rispetto ai nostri stessi bisogni? Durante le mie performance tento proprio di fornire uno spazio privo di giudizio per scoprire l’ascolto individuale e collettivo, considerando una collettività umana e non-umana. Le piante erano i segnali principali che guidavano i visitatori nel raggiungermi nella location della performance nel bosco: ad ogni visitatore veniva consegnata una mappa con disegni raffiguranti gli elementi presso i quali erano apposti dei segnali rettangolari dello stesso colore dell’altare. La camminata necessaria per raggiungermi era essa stessa un allenamento all’attenzione verso il mondo circostante, un invito a riconoscere una quercia, un ciliegio, una ginestra, una felce, un pino, un noce, un ulivo, un campo di grano, ma anche a notare un formicaio.

Essere umani è, infatti, un diventare-con tanti elementi naturali anche altri dall’umano, per questo ho deciso di passare tre giorni nel bosco senza telefoni né orologi, in silenzio, proprio per tornare in contatto con quell’essere presente, essere e basta. La mia intenzione era di osservare i rituali presenti nel mondo non-umano- vegetale, animale e spirituale- in preparazione per il solstizio d’estate, e di fornire delle entrate rispetto ad essi per i visitatori. Ritornando al concetto di habitus, questo tipo di esperienza è proprio quella di cui parla Pierre Bourdieu quando parla di conoscenza attraverso il corpo come processo primario in cui conosciamo e diamo forma al mondo. Per me la performance ha proprio il ruolo di riportaci ad un modo di essere spogliato da superficialità e bisogni artificiali del mondo consumistico contemporaneo.

Rispetto a ciò che ho pensato durante la performance, direi che ho cercato di osservare, di sentire, prima ancora di pensare.

1 Alaimo, Stacy. Bodily Natures: Science, Environment, and the Material Self, p.11. Indiana University Press, 2010

Giulia Mattera, S☼ RITUAL, 2022. Ph. Andrea Straccini

A.D.L. Rispetto al tuo corpo (come peso) come ti sei percepita, diversa in cosa?

G. M. Per rispondere a questa domanda è necessario ritornare alle offerte prima menzionate. Cibandomi esclusivamente di piante da me raccolte e delle offerte dei visitatori, la mia stessa esistenza dipendeva dall’ambiente circostante (umano e non). Sullo spirito dell’offerta vorrei aprire una parentesi: infatti, ritengo necessario sottolineare che il tempo stesso dedicato dai visitatori nel prendere parte alla performance è esso stesso un’offerta, di tempo e del proprio essere. Tuttavia, le offerte materiali dei visitatori erano veramente essenziali e ribaltavano il concetto stesso di individualità separate dominante nel mondo contemporaneo, in cui ognuno è spinto a pensare per sé e basta. Detto questo, ammetto che ero veramente felice nel vedere qualcuno arrivare con una bottiglia d’acqua! Il modo in cui mi sono sentita nel mio corpo dipendeva molto da questo prendersi cura collettivo: le piante ed i visitatori si prendevano cura di me, io mi prendevo cura di loro nell’immergerli in azioni rituali.

Non avendo orologi, telefoni, né tantomeno sveglie o luci artificiali, durante i tre giorni di performance i miei bioritmi si sono adeguati alla luce solare e alle sue conseguenze: mi svegliavo con i cinguettii degli uccellini con le prime luci del sole all’alba, andavo a dormire quando iniziava il buio o poco dopo. Mangiavo quando avevo fame, anche se non era l’orario di colazione, pranzo o cena. Insomma, non sarebbe necessario per chiunque tornare ad ascoltarsi veramente? Mi sono sentita in pace con me stessa, a volte anche alienata. Non mi importava di essere vista così come ero. Facevo ciò di cui sentivo il bisogno e proponevo ai visitatori di fare altrettanto. Un pomeriggio, o almeno in quello che io credo fosse pomeriggio, è arrivata una persona a visitarmi. Dopo varie azioni del rituale ero veramente stanca, quindi mi sono sdraiata sul patio di fronte alla botte in cui dormivo: mi sono messa a riposare, e la persona che era con me si è posata su una quercia secolare ed ha riposato. Quanto è rivoluzionario concedersi il tempo per dormire, passare del tempo in comunità dormendo è ancora più rivoluzionario, senza doversi spiegare con parole, ma ascoltando attentamente sé stessi e l’altro.

I limiti che provavo nel mio corpo hanno cambiato prospettiva e spazi: sentivo il desiderio di camminare a piedi scalzi nonostante le spine dei rovi. Anche il senso di paura ha cambiato confini: non mi sentivo attaccata dagli animali che incontravo, condividevamo lo stesso spazio con rispetto degli spazi individuali.

A.D. L. E la Natura cosa ti diceva…cosa avete sentito insieme. Quale messaggio vorresti trasmettere al mondo?

G.M. Degli insetti acquatici penso mi abbiamo mostrato che va bene muoversi in tante direzioni, andare avanti e tornare sui propri passi, poi andare avanti di nuovo; forse andare avanti è anche riscoprire dove si è già stati.

Alcune api mi hanno mostrato come navigare i vortici interiori.

Due o tre libellule mi hanno mostrato come giocare con l’acqua.

Due topi mi hanno mostrato che va bene fuggire se non ci si sente al sicuro dove si è.

Un granchio di fiume mi ha mostrato che si può sopravvivere anche mentre ci si estingue.

Numerosi ragni mi hanno mostrato che ci si può riconquistare uno spazio che pare perduto.

Un gruppo di cinghiali mi ha mostrato che degli animali possono fare un rumore simile alle macchine in autostrada se si muovono con compattezza e velocità nel bosco.

Una quercia secolare mi ha mostrato che la lentezza può portare tanta forza.

Il messaggio che vorrei trasmettere è di uscire fuori e di scoprire e sentire con il non-umano con curiosità.

Grazie Giulia, per la sensibilità del corpo e dell’anima.

Illustrazione di Giulia Mattera, edera, Pollinaria, 2022
Giulia Mattera, S☼ RITUAL, 2022. Ph. Andrea Straccini

AEQUUSOL AESTAS MMXXII
Suelo > The Vibrant Present

GIULIA MATTERA
S☼RITUAL

18-21 giugno 2022  

Pollinaria
Contrada Torri delle Valle 22,
Civitella Casanova, Abruzzo, Italia