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La bellezza che popola gli spazi: Alessandro De Lisi

Alessandro De Lisi è il curatore impegnato che, in piena emergenza sbarchi, ha portato un Caravaggio in gita a Lampedusa, gli Uffizi a Casal di Principe, in una villa confiscata a un killer di camorra, e, alla presenza del Presidente della Repubblica, ha inaugurato una mostra di sculture prima nell’Aula Bunker poi al Palazzo dei Normanni di Palermo. L’ho incontrato a Roma il 31 ottobre scorso all’Acquario Romano in occasione della prima giornata nazionale Giovani e Memoria, dove invece ha portato, in rappresentanza della Fondazione Falcone, due opere che erano state presentate lo scorso maggio a Palermo per il trentennale delle stragi di mafia: l’Albero dei Tutti di Gregor Prugger e il Trionfo della Memoria di Peter Demetz.

Guglielmo Manenti

Una giornata particolare

La mostra di Guglielmo Manenti “Pasolini. La rabbia” va a Scicli a Palazzo Spadaro dal 30 ottobre al 12 novembre 2022. Per l’occasione, l’autore ha preparato una serie di tavole che ricordano un viaggio di Pasolini a Scicli nel 1959.

Francesco Scialò

Io è un altro: Francesco Scialò

Ho vissuto vari anni a Milano e, incredibile a dirsi, ho conosciuto milanesi nati a Milano da genitori milanesi figli di milanesi: oltre non ho avuto il coraggio di cercare. Nei loro discorsi la mia Sicilia era una terra, diciamo, misteriosa. Qualcosa di paragonabile alle carte medievali del continente africano con la scritta Hic sunt leones. Tutto questo per dire che, per i miei conoscenti, l’Italia finiva a Reggio di Calabria. Dove insomma dovrebbe sorgere, secondo una fantasia o miraggio ritornante, il ponte sullo stretto, si ergono invece le Colonne d’Ercole: alte e maestose come i Bronzi di Riace, o i Giganti di Numenor ne Gli anelli del potere. Forse in ragione di questa responsabilità morale – essere gli ultimi rappresentanti del paese della cultura ai confini del caos – forse perché, come accade quando si rovescia di botto una bottiglia, il liquido si accumula all’altezza del collo, a Reggio, e in generale in Calabria, l’ambiente artistico è folto e variegato. Ci sono tanti artisti, mi confidava un amico, quanti sono gli alberi del bosco della Sila. Alcuni secolari. Fermandomi, più modestamente, agli autori contemporanei, ho intervistato Francesco Scialò, già direttore dell’Accademia di Reggio, performer, scultore e artista concettuale.

Francesco Trovato: l’approccio immaginale

I surrealisti, come ci ha insegnato una recente mostra veneziana, si consideravano sovente alchimisti, stregoni o visionari, interpretando la pittura come una magica ri-creazione del reale. Francesco Trovato, che inizia il nostro colloquio citando Novalis, non è certo un’eccezione. E tuttavia i suoi lavori, più che all’occultismo, guardano alla psicologia, più che ai classici del Surrealismo, alle scenografie di Alien, più che alla trascendenza, a quel mondo invisibile e impalpabile che è allo stesso tempo origine e copia del reale che i filosofi – Corbin in testa – sono soliti chiamare “Immaginale”.

Contro la fede. Francesca Nesteri

È sempre più frequente incontrare artisti che, con un approccio sperimentale, si cimentano in linguaggi differenti, dalle installazioni alla performance alla video arte; solo in pochi, tuttavia, riescono a non perdersi, a rimanere se stessi, trasformando la riscrittura delle diverse espressioni in un apporto originale. Francesca Nesteri non cambia lingua perché non ha niente da dire; lo fa per non affezionarsi troppo al suo lavoro, in cui evidentemente crede; per evitare che esso diventi ciò che lei cerca principalmente di combattere: una fede, o peggio ancora, un simulacro, un inutile feticcio.

La forza del pensiero: Michele Citro

Molti – troppi – usano la forza del pensiero per inscenare spettacoli da baraccone. Michele Citro, no. Dopo aver studiato filosofia, Michele inizia a insegnare – è docente di Marketing, Economia e GUI (Graphical User Interface) presso lo IUDAV-VHEI (Valletta Higher Education Institute) – e a curare mostre d’arte. L’ultima, Luccicanza, inaugura domani il Venice Design Week.

Salvatore Cammilleri

Siamo tutti fritti: Salvatore Cammilleri

Una sua opera, Contagio, è stata da poco acquisita dal MacS, il museo di arte contemporanea di Catania: non una banana appesa al muro, né una scultura in marmo di Carrara. Il soggetto (attualmente) preferito da Salvatore Cammilleri, artista siciliano d’origine e romano d’adozione che ha fatto dell’irriverenza la sua cifra distintiva, sono le uova… strapazzate. Persino il Pop, tra un disastro ecologico e un’operazione speciale, è stato “contagiato” dall’amarezza e dal dramma. Di questo passo, dove andremo a finire?

Giuseppe Palermo

Il Roy Lichtenstein della costiera amalfitana

L’arte di Giuseppe Palermo sembra fatta apposta per confermare lo stereotipo dell’artista del Sud: coloratissima, dirompente, sprizzante energia da tutti i pori. La prima parola che mi è venuta in mente osservando i suoi lavori – e conoscendo l’artista di persona – è stata “ammunina”: come in quell’espressione in napoletano “facite ammuina”, letteralmente  “fate confusione”, che è sovente ricondotta a un comando contenuto in un cosiddetto “Regolamento da impiegare a bordo dei legni e dei bastimenti della Real Marina del Regno delle Due Sicilie”; un falso conclamato, visto che un libro simile non è stato mai stampato. Anche l’arte di Giuseppe non è affatto improvvisata. Come quando, giusto per fare un esempio, egli riproduce ingigantendoli i decori delle maioliche della costiera amalfitana. Ciò che Roy Lichtenstein operava coi miti del suo tempo, Giuseppe lo fa coi segni del nostro passato, inducendoli a riviverlo, a renderlo attuale. Come lavoro spontaneo, non c’è male.

Pratica Poetica Politica

Pratica Poetica Politica

L’estate è finita. Quale la vostra mostra preferita? Andrea Guastella non ha dubbi: Pratica Poetica Politica di Giovanni Gaggia, a cura di Desirée Maida, al Museo Riso di Palermo.

Stampare l’arte: Loredana Amenta Parte terza

Stampare l’arte e fare arte non sono operazioni poi così diverse. Entrambe richiedono sensibilità, competenza e passione. Se poi a eseguire il lavoro conto terzi è un artista in proprio, la sua opera potrà leggersi come una vera e propria traduzione; non di una prosa scientifica, ma di una poesia: di un testo in cui, più che il significato oggettivo, conta l’aria tra le parole. Di questo canto segreto Loredana Amenta, titolare di una stamperia d’arte vecchio stampo e lei stessa abile incisore, è interprete residuale. Le ho rivolto alcune domande sulla stampa d’arte, in primo luogo analogica, e sulle prospettive di questo antico e nobile mestiere.

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