Collettivo Gas
Alex Caminiti, Dio è donna

Ri-creazione

In un tempo in cui niente è come appare, Alex Caminiti e il Collettivo Gas si divertono a “ri-creare”, tra le altre cose, una serie di capolavori del passato. Le opere sono state esposte sino al 3 gennaio scorso a Roma presso la Oz Gallery di via Germanico.

La ricreazione è gioco, divertimento. È la pausa che da ragazzi aspettavamo tra una lezione e l’altra per riprendere respiro. Non che a ricreazione finita si avesse tanta voglia di sgobbare. Si sapeva però che anche la scuola stava per chiudere e che, nel pomeriggio, ci si sarebbe riposati. Il senso della ricreazione è proprio questo: trasformare la morte in vita, la fatica in libertà. Alex Caminiti col suo Collettivo Gas (costituito assieme all’egiziana Sadif, alla senegalese Gimaka e agli italiani Sabrina Di Felice e Alessandro Follo) non sono nuovi a questa “azione creativa”. Sanno benissimo come strappare un Caravaggio alla noia di cataloghi e musei. I loro modelli – scelti da un campionario vastissimo di forme – sono riletti con gli occhi dei bambini, in una commistione di gioia e dissacrazione che non risultava estranea allo stesso Caravaggio: non erano forse, le sue splendide Madonne, popolane e prostitute, e i suoi santi, ragazzi di strada? Non sorprende perciò che il Collettivo usi pannelli con griffe di case di moda come sfondo per la Deposizione, il San Gerolamo nello studio e il Seppellimento del Merisi o faccia dialogare i protagonisti della Madonna dei Palafrenieri con minuti personaggi dei cartoni.

In una società in cui studiare è “vietato” e i gesti più banali, per non parlare del dolore, sono spettacolarizzati, la leggerezza pop è forse, come già ieri la verità per Caravaggio, l’unico ponte che conduca dritto al cuore. Magari un ponte immaginario come quello che ne La dama dello Stretto, omaggio alla Belle Ferronière di Leonardo, metta in contatto realtà da tutelare come il cibo e la cultura (il capolavoro di Leonardo, si sa, risiede all’estero, mentre la Birra Messina trangugiata dalla dama tra un cannolo e un melograno, di messinese ha ormai soltanto il nome). A dispetto della sua facilità – felicità – apparente, la pittura del Collettivo è coltissima e trasuda indignazione. Come nella Minnie di Samotracia, dove il piede di una statua “nobilitato” da una sigla – ogni riferimento al contratto miliardario firmato da Michael Jordan con la Nike per delle scarpe da ginnastica è puramente casuale – viene alzato come una coppa da una donna seminuda mentre la Nike originale, rimpicciolita, arretra sullo sfondo, tra le colonne di un tempio greco vandalizzato e cadente: di fronte a tanto scempio persino Minnie, pur facendo l’occhiolino, sembra un pizzico stupita. O come in Donna vs Social, dove un nudo femminile visto di spalle gareggia con i loghi dei principali social network. Chi vincerà? Con ogni probabilità, nessuno

Quando natura e cultura si scontrano la sconfitta è universale e il Padreterno, anzi la Madreterna una e bina, posto che per il Collettivo Dio è Donna, piange lacrime amare e ha il capo trafitto da una corona di spine. E tuttavia, a cercar bene, una speranza rimane. Al centro della mostra una Testa di Medusa, che vista faccia a faccia avrebbe potuto trasformarci tutti in pietra, giace troncata da una spada su cui campeggia la scritta Humilitas occidit Superbiam: la stessa vergata sulla lama di quel doppio autoritratto, forse la sua opera più bella, in cui il giovane Caravaggio, ancora forte e puro, uccide il vecchio. Il tempo trascorso nella colpa – il David con la testa di Golia di cui parliamo è uno degli ultimi dipinti dell’artista – è cancellato. E il presente ri-nasce dal passato. Decapitata, insieme alla superbia, la prof di matematica o di storia, la ri-creazione può iniziare.