Vivian Maier, New York, NY, 1954, Gelatin silver print, 2012 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Vivian Maier. Inedita, non solo fotografia.

Ai Musei Reali di Torino, nelle sale del Palazzo Chiablese, è ospitata fino al 26 giugno 2022 la mostra di Vivian Maier (1926 – 2009) curata da Anne Morin. L’esposizione segue la prima tappa francese, terminata a metà gennaio al Musée du Luxembourg di Parigi.

Non solo fotografia, Vivian Maier, Inedita è una mostra che racconta il percorso di una donna ed il proprio legame con l’arte. Individuo femminile e pratica artistica diventano un tutt’uno nella vita con creatività e stimoli che si mantengono con una speciale autenticità. Vivendo per anni assieme alla fotografia senza farne mai parola con nessuno, la Maier ritrae l’America dopo la Seconda Guerra Mondiale mediante la street photography, spostando l’obiettivo anche nel sud-est americano, in Italia (soprattutto Torino e Genova), in Egitto, Cina e Thailandia. Sconosciuta fino al 2009, anno in cui l’appassionato di fotografia John Maloof acquista all’asta una scatola dal contenuto sconosciuto, quella al Palazzo Chiablese è una delle poche mostre fotografiche dell’artista realizzate ad oggi. Il percorso nelle sale offre il racconto di un’esperienza isolata, iniziata con un’umile Kodak Brownie durante la giovinezza della Maier, in Francia. In seguito, nei primi anni cinquanta quando torna in America e lavora come tata si impegna a immortalare la vita quotidiana di ogni genere di personalità.

La prima sala espositiva accoglie il pubblico con gli autoritratti, spesso realizzati con l’immagine dell’artista riflessa negli specchi e con giochi di ombre, accennando a quella invisibilità in cui è rimasta la Maier fino agli anni duemila. Il passaggio successivo è la strada, luogo di ordinarietà e di transito in cui poco si parla ma tutto accade. Per le strade di New York, tra il 1951 e il 1956 la Maier predilige i quartieri operai, finché dalla Grande Mela si sposta a Chicago e vi rimane fino al 2009, anno della sua morte. Ignari e inconsapevoli di essere i protagonisti dell’obiettivo, gli sguardi dei soggetti che Vivian cattura risultano autentici, come lo è il suo percorso artistico. Anche le scene quotidiane, le gesta e le atmosfere rispondono ad un ordinarietà quasi calcolata, in cui tutto è privo di costruzione. Vivian Maier ferma e conserva l’immagine delle belle case americane, delle automobili, la spazzatura, le vetrine di negozi, giornali svolazzanti. Fissa i materiali nella pellicola e li riforma nel suggestivo così che anche la materialità arriva ad assumere il ruolo di attrice del teatro dell’ordinario, dove il tangibile svanisce e prende corpo poetico.

Stando a contatto con i bambini da tutta la vita grazie al lavoro di tata di famiglia, ha imparato forse ad osservare ogni tipo di realtà e di anima del mondo sempre come se fosse la prima volta e, Palazzo Chiablese, ci presta questo sguardo speciale nella sala dedicata agli scatti infantili. Come è il mondo visto per la prima volta? Come risultano i granelli di sabbia al primo tocco e come la salsedine al primo respiro? E come ci si confronta con un animale che non abbiamo ancora mai incontrato? 

La mostra prosegue con le fotografie a colori, importante capitolo della sua carriera. Il colore segna il passaggio da una fotografia silenziosa ad un’area giocosa e rumorosamente piacevole che ci direziona nelle festose strade di Chicago, ampliando enormemente l’area dello spazio libero da sempre nell’obiettivo della Maier. Dopo esser passata alla Rolleiflex (che vediamo spesso specchiata nei suoi autoritratti), negli anni Sessanta lavora anche con la cinepresa Super 8, un passaggio dovuto molto probabilmente dall’influenza cinematografica. Piedi che si muovono freneticamente sui marciapiedi, automobili luccicanti parcheggiate davanti a case bellissime, tutto ciò che circonda un negozio, gesti delle persone e passaggi del mondo che permettono alla Maier di divertirsi con il movimento e creare sequenze filmografiche di brevi secondi, esposti al Palazzo Chiablese. Nella mostra è possibile avvicinarsi agli aspetti meno noti dell’artista e del suo studio dell’immagine, vedere i margini sociali americani accostati alla vita privata di una donna che ha sempre cercato silenziosamente delle risposte osservando i gesti degli altri, senza mai scontrarsi, in vita, con lo spettatore.

La mostra è organizzata da diChroma photography in collaborazione con i Musei Reali e la società Ares di Torino, la John Maloof Collection di Chicago e la Howard Greenberg Gallery di New York. L’esposizione è sostenuta da Women In Motion, un programma di Kering per evidenziare il ruolo delle donne nelle arti e nella cultura.