“Out of Words” di Lorenzo Marini

Lorenzo Marino intervistato da Alice Ioffrida in occasione della sua mostra “Out of Words” presso Gaggenau Hub.

Lo showroom di elettrodomestici di design made in Germania, Gaggenau Hub, dal 2018 – in collaborazione con Cramum ed il curatore Sabino Maria Frassà – ospita artisti che entrano in relazione con lo spazio e gli elementi. Poco prima che agli esercizi commerciali fosse imposto il lockdown, il loft di Corso Magenta, mercoledì 19 febbraio, ha inaugurato la mostra Out of Words, di Lorenzo Marini, che ce la racconta attraverso un’intervista realizzata dalla nostra Alice Ioffrida.

Alice Ioffrida: “Il suo background lavorativo e l’attività d’artista sono distanti in apparenza ma conseguono il medesimo obiettivo, che corrisponde ad un’esigenza comunicativa. In che misura ritiene che l’uno influenzi l’altro?

Lorenzo Marini: “Per me tutto è comunicazione. Non amo poi definire il mio in quanto credo che la creatività sia un elemento fluido e non abbia confini. Siamo noi, esseri umani, che amiamo catalogare le variabili e finiamo così per limitarci. Sono diplomato all’Accademia di Venezia, ho una laurea in architettura e poi ho fatto il creativo nella pubblicità e infine l’artista: sono cose così diverse? Ogni espressione artistica nasce per comunicare. Certo la mia prima passione da studente per i fumetti già indicava come il legame tra linguaggio e immagine fosse e sarebbe stato un elemento centrale nel mio essere. Nella mia ricerca artistica questa necessità della parola appare e scompare a cicli: le prime opere degli anni ’90 erano opere che la negavano, erano quasi monocromi bianchi, poi da dieci anni l’urgenza e la riflessione sul come comunichiamo è esplosa, perché è una tematica cogente e innegabile. Se ci pensi queste settimane di reclusione/comunicazione hanno palesato chiaramente il conflitto tra quantità di parole e concetti assimilati: non viviamo in una tela bianca ma in un caos di lettere, nemmeno più di parole.

A.I.: “Le opere esposte da Gaggenau Hub corrispondono all’esito delle ultime ricerche, qual è stata l’evoluzione concettuale che ha portato alla creazione di questo corpus?”

L.M.: “Gaggenau è stata per me l’occasione per portare avanti il mio ragionamento e per riflettere su un aspetto specifico della comunicazione, ancora molto sottovalutato dall’arte: le emoticons, ovvero queste immagini che aumentano sempre più in numero e che sempre più spesso sostituiscono le parole o addirittura intere frasi. Oggi sono le immagini che connotano la parola, al contrario di quanto è successo nella storia recente dell’uomo in cui le parole hanno sempre spiegato e dato senso alle immagini. Ho quindi trasformato i miei alfabeti in alfabeti di emoticon. Tale passaggio mi ha aiutato a portare avanti anche la rinuncia a un collegamento semantico tra lettera e significato. Oggi prevale la forma su tutto. Alla “L” ho perciò accostato un calzino, perché hanno la stessa forma. Certo non è semplice nemmeno per me che sono cresciuto e ho costruito un mondo fatto di lettere che si aggregano, per dare origine a parole che a loro volta si uniscono, attraverso alla sintassi, per dare un senso al pensiero umano. Bene, ora tutto questo è ribaltato: la forma è il vero contenuto. Può anche non piacerci, senza sintassi cos’è della complessità del nostro pensiero? Possiamo perciò spaventarci o inorridirci, ma sono una persona che non giudica, né tanto meno mi metto in cattedra a condannare. Da artista descrivo ciò che vedo e ciò che potrebbe esser domani.”

A.I.: “Ogni pezzo si inserisce nell’ambiente dello showroom, creando un dialogo con gli elementi di design presenti, quanto lo spazio ha condizionato tale produzione?

L.M.: “Da Gaggenau ho cercato di portare un percorso di catarsi del linguaggio, anche del mio, noto per essere molto vivace. Forse rimane in me sempre l’oscillazione tra il caos e le mie prime tele bianche e Gaggenau mi ha permesso di ricongiungere queste mie due anime artistiche o almeno di provarci. È stata una sfida vissuta e condivisa con il curatore che conosco e con cui collaboro da tempo. Dietro a questa mostra ci sono perciò tante belle riflessioni congiunte sul futuro. Se lo spazio è un elemento sempre determinante per tutte le mostre, per questa mostra, più che lo spazio a guidare la mostra e le nuove opere, è stato il tema del ciclo di mostre del 2020 “On-Air: il Presente è il futuro del passato”: cosa sta succedendo al mondo oggi? Da cosa è determinato il cambiamento? Qual è il legame con il passato? E la scrittura e il linguaggio sono un fiume che si evolve e che procede inarrestabile, metafora perfetta del senso che Sabino ha voluto dare a questo ciclo di mostre.”

A.I.: “Qual è il suo rapporto personale con le emoticon? Quanto queste hanno condizionato il suo modo di esprimersi nel quotidiano?

L.M.: “Come detto io non critico, anzi, tutto nella vita va visto come possibilità altrimenti hai perso in partenza. Sebbene sia un uomo da “sintassi”, ho maturato un rapporto bellissimo con le emoticons, perché ho visto in esse le umanizzazioni delle parole e quindi una possibilità di dare un futuro – diverso – alle parole e al linguaggio. Sono la loro parte visuale. Sono la sintesi grafica di un sentimento. Il tempo che noi necessitiamo per leggere le parole è molto di più di quello che ci serve per leggere le immagini. Ecco perché i grandi marchi mondiali usano sempre di più frequentemente la parte visiva. Una mela, una tigre o un nastro che vola ci parlano subito di un computer, di una benzina o di una compagnia aerea.
Come la tua rivista porta avanti da decenni, il “segno” è la nuova frontiera del comunicare, e si arriverà a (ri)scoprire anche il suono. Alexa è molto di più di una radio sveglia collegata al wifi. E’ diventata una voce amica per tante persone: fa riflettere ma è presente, è il futuro del passato di cui parla Sabino.
Infine non credo che le emoticons abbiamo condizionato il modo di esprimerci quotidiano, che siano loro la causa del cambiamento; al massimo lo hanno personalizzato, gli hanno dato uno spazio interpretativo più individualizzato. Ci hanno dato l’illusione di avere una nostra calligrafia emotiva sintetica.”

A.I.: “Ritiene ormai superficiale l’alfabeto convenzionale?

L.M.: “L’alfabeto convenzionale non è mai stato superato, e non lo sarà mai, almeno me lo auguro. La sfera funzionale del leggere e dello scrivere restano fondanti, anche nella nuova Babele che stiamo costruendo e di cui le emoticons sono la conseguenza. Resta nella parte razionale del pensiero, anche se cambia il peso della razionalità nella contemporaneità. La televisione e internet lo dimostrano: convivono informazione e storie (siano esse film, serie o sociale): la parola in bianco e nero sono le notizie, le emoticon sono le storie e l’uomo oggi più che mai vuole raccontarsi.”

La mostra riaprirà al pubblico lunedì 25 maggio solo su appuntamento.
per appuntamento: infocramum@gmail.com
lun-ven 10:00 – 19:00
Gaggenau DesignElementi Hub
Corso Magenta 2, Milano