Franz West, Test, 1994. Courtesy Hauser&Wirth, Zurigo. ArtUnlimited Basilea 2019. Foto Roberto Sala

Sicilia: le invasioni barbariche

La Sicilia, e l’Italia, rinasceranno quando alle polemiche sui nomi succederanno le polemiche sui fatti e qualcuno – si spera dei nostri, non un salvatore venuto da lontano – si preoccuperà di affrontarle, e di ricominciare.

E mentre il ministro Azzolina tiene tutti sulle spine quanto a esami di maturità, in Sicilia il presidente della regione sceglie come assessore ai beni culturali e all’identità un esponente della Lega: non un leghista siciliano, ma un militante della prima ora già sindaco di Tradate e quindi senatore della repubblica italiana. Non vi dico cosa è successo dalle mie parti: petizioni, proteste, singoli e gruppi che dichiarano sconvolti la propria indignazione. Dopo Siculi, Greci, Fenici, Arabi, Svevi, Normanni, Francesi e Spagnoli, sarebbe infine il turno degli invasori Lombardi, quelli di “Etna pensaci tu!”. Ora, prescindendo dalle mie opinioni politiche, che rimangono private, e dalle più basse istigazioni all’odio che, mi auguro, almeno con l’esponente della Lega non dovrebbero avere alcun rapporto, a me quest’ostracismo ad personam fa sorridere. Sgarbi, che pure ha rivestito il medesimo incarico, era forse originario di Licata? Ma Sgarbi, ribattono gli offesi, è uno specialista, questo tizio non è in grado di distinguere una stele da un tombino. Dunque il problema non è l’identità padana o sicula, ma la professionalità. Dunque dovremmo pretendere che chi riceve un incarico pubblico goda di competenze settoriali. Permettetemi di dissentire. Se così fosse, non ci sarebbe bisogno di elezioni. Basterebbe togliere il voto ai “mentecatti” e lasciare la fatica del governo agli scienziati. È un’opinione legittima, per carità. Mi pare anzi che in tempi recenti la tentazione di scaricare ogni responsabilità sui cosiddetti tecnici si sia fatta molto forte. E tuttavia le scelte da prendere non sono solo tecniche. Il virologo può dire che per liberarsi da un’epidemia ci vuole una quarantena strettissima, ma cosa mangerà chi, impossibilitato a uscire di casa, non potrà più dedicarsi al suo lavoro? In modo analogo, l’economista può asserire che per risanare le casse dello stato è necessario saldare tutti i debiti, ma se così facendo i figli non studiano, i malati si aggravano, gli anziani si smarriscono, perché manca il denaro per sopperire alle loro esigenze, magari il presente sarà salvo, ma il futuro risulterà irreversibilmente compromesso. No, la politica non si può sostituire. Né, nel suo ambito, è possibile prescindere da una divisione delle responsabilità. Se, da Montesquieu in avanti, il legislatore deve fare il legislatore, il giudice il giudice, il governante il governante, perché non permettere al consulente di fare il consulente? O qualcuno è convinto, tornando per un istante alla querela siciliana, che un assessore governi da solo? La sua qualità – questa sì, eminentemente politica – sarà piuttosto circondarsi di collaboratori validi, e vigilarne, dati alla mano, l’operato. Perdonate, vi prego, questo sfogo non esente dal sarcasmo, ma dov’erano i difensori dell’ “identità” della Sicilia negli anni dello scempio, quando un patrimonio enorme veniva rottamato nella generale indifferenza? Dov’erano mentre i privati assumevano il controllo delle istituzioni pubbliche senza però farsi carico delle relative spese? Dov’erano mentre l’avanspettacolo di infima grandezza, dalla saga dell’arancino (o arancina) a quella del cannolo, rappresentava l’unica offerta “culturale”? Davvero non ci siamo stancati di inseguire folle neppure in un frangente come questo, in cui l’emergenza ci costringe – pur mantenendo le distanze – a rinserrare le fila? Non sarà questo o quell’assessore alla cultura a risollevare le artistiche sorti e progressive della terra di Sicilia; saranno i siciliani col loro estro, la loro generosità, la loro capacità di rinnovarsi, e ripartire, a ogni tremendo colpo di una storia che, con la Sicilia, è stata dura almeno quanto sua sorella, la natura, si è mostrata generosa. La Sicilia, e l’Italia, rinasceranno quando alle polemiche sui nomi succederanno le polemiche sui fatti e qualcuno – si spera dei nostri, non un salvatore venuto da lontano – si preoccuperà di affrontarle, e di ricominciare. Per la cronaca, l’ex sindaco di Tradate ha dichiarato che sì, fare l’assessore all’identità siciliana gli sarebbe piaciuto, ma la scelta non è caduta su di lui. Amici politici, se vi serve un consiglio, contattatemi in privato. 

Alla fine, il successore designato del compianto Sebastiano Tusa all’assessorato ai beni culturali e all’identità siciliana è Alberto Samonà, già responsabile cultura della Lega in Sicilia: palermitano classe 1972, Samonà è direttore del quotidiano online ilSicilia.it e corrispondente dalla Sicilia per Libero; studioso di filosofie orientali e di storia patria, è membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Piccolo di Calanovella di Capo d’Orlando. “Questa scelta”, ha dichiarato Samonà, “mi rende veramente orgoglioso perché sono legato da sempre alla mia terra, e se sono rimasto in Sicilia è perché credo in questa isola e, nonostante avessi avuto delle opportunità di andare via, sono rimasto con convinzione e con il cuore c’è ancora molto lavoro da fare, ed io sono pronto a fare la mia parte e dare in maniera convinta il mio contributo. Le critiche di queste ore rivolte alla Lega le prendo come uno stimolo e come un suggerimento e consiglio per ascoltare anche chi la pensa diversamente da me. Anche coloro che abbiano un pregiudizio a monte nei nostri confronti. Ma ribadisco farò di tutto per ascoltare tutte le voci del mondo della cultura che troppo spesso anche la politica in maniera sorda non ha recepito”.