Arte Fiera 2025
Maurizio Cattelan

La banana di Cattelan: quattro postille

Cibo nutriente e gustoso, la banana di Maurizio Cattelan costituisce attualmente il più grande scandalo del mercato dell’arte internazionale. Vorrei fare alcune postille al coro di voci che quotidianamente si leva pro o contro l’operazione banana.

Postilla numero 1, l’iconografia.
La banana suscita nel nostro sguardo – che per sua natura tende ad accostare e sovrapporre, identificandole, forme simili – due immagini forti: il sorriso stilizzato (che viaggia nei nostri messaggi quotidiani e nel packaging di una onnipresente azienda di vendita online) e ilsimbolo fallico. Simbologie che riecheggiano forme antiche dell’arte, il sorriso arcaico dellestatue greche e le immagini di Priapo. Nulla di nuovo sotto il sole, eppure tutto appare cosìdiverso. In fondo, la banana di Cattelan è messa in diagonale, se sorriso è, è un sorriso storto e un fallo eretto in cerca di collocazione.

Postilla numero 2, il titolo.
Il titolo suggerisce che si tratti di un autoritratto: “Comedian”, giullare, buffone, sono epitetiche da sempre Cattelan si porta addosso, indossandoli con elegante disinvoltura. È un autoritratto ridotto all’essenziale come il sorriso dello Stregatto, l’ultimo a dissolversi nell’aria. È il giubilo delle Falloforie dell’arte contemporanea, transitorio come un’eiaculazione.

Postilla numero 3, la negazione.
Il nastro adesivo scelto da Cattelan non è trasparente, è grigio e largo, crea una striscia diagonale che sbarra il sorriso e chiude la bocca dell’autoritratto-banana. È un’accusa, una lamentazione o una scelta? Come suo padre putativo, Marcel Duchamp, Maurizio Cattelan sceglie il silenzio.

Postilla numero 4, la morte e l’eternità.
La banana muore e risorge ogni sette giorni, più o meno, reincarnandosi in un nuovo e diverso esemplare. Può essere verde o gialla, acerba o matura, può chiazzarsi, nei suoi ultimi giorni di vita, di macchie scure che ne indicano la raggiunta maturazione, il suo gusto zuccherino più intenso. Sempre la stessa opera, sempre diversa la materia, come le cellule del nostro corpo che cambiano e si rinnovano in continuazione, al punto che il nostro corpo è costituito da cellule diverse, alla nostra morte, da quelle con cui eravamo nati. La morte è un processo continuo cui siamo sottoposti istante dopo istante.
Ogni singola banana che si succede sotto la striscia del nastro adesivo diviene per una settimana la Dea singolare, sorridente e muta, il cui celeste compito è rendere visibile l’eterno sfottò che il Demiurgo impone all’umanità. Indifferente e gialla come la luna, la nostra banana è ricurva come la falce della Morte.

La banana di Cattelan è la sigla estrema della sua poetica di morte e di irrisione. Riassume l’orrore dei bimbi appesi in Piazza XXIV Maggio e del meteorite che un Dio ostile e terribile scaglia sul suo vicario in terra. È un sorriso sbieco, diagonale, così da condensare in sé il risoe il fallo, attraversato da un nastro adesivo imperioso e crudele.

Questo deperibile autoritratto vale il denaro che è stato speso per acquistarlo? Credo che l’acquirente abbia avuto un grande ritorno in termini di pubblicità. Il gioco è valso la banana: il potlach segna il trionfo di chi può permettersi di trasformare in merda, mangiandola, un’opera costata una cifra mastodontica.
Lo spettatore trionfa sull’artista: il vero eroe è lui, il collezionista che reinterpreta la banana, la copre d’oro, la mangia e la caca, nuovo Mefisto che ci mostra quanto sia vero il detto antico: “l’oro è la merda del demonio”.
Il sorriso di Cattelan e l’irrisione del giullare sono costretti a prostrarsi davanti al trono di Re Midae a divenirne complici e sodali. A meno che…

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