Lungamente respinto e spesso inteso come raggruppamento indistinto di elementi pragmaticamente sgraditi, lo schieramento confuso di piante infestanti – erbacce e malerbe – diventa oggi oggetto di sguardo attento non solo da parte del biologo e del botanico che in esse ritrovano ruoli inediti nell’equilibrio degli ecosistemi, ma anche dalla prospettiva del filosofo, dell’antropologo, finanche del passeggiatore assorto. Ciò che è infestante, invadente, dunque indesiderato, diventa, attraverso nuove decodificazioni e una sensibilità più attenta, espressione ideale di tenacia e adattabilità, di resistenza pur ai margini di un ordine più complesso e nonostante le forze avverse.
Nella personale Malerbe. Poetica della dissidenza di Maria Grazia Carriero, a cura di Giuliana Schiavone e allestita presso Spazio Microba, la vitalità dell’elemento vegetale tracima dai suoi stessi confini, si propaga tutt’attorno, fino a corrompere o nobilitare, a seconda dell’interpretazione, l’umano. Nel punto di contatto tra sistemi altrimenti distinti e distaccati germogliano nuovi innesti, embrioni fantastici e bizzarri rappresentativi di una dimensione intellettuale e sentimentale in trasformazione.
L’osservazione, e la conseguente documentazione, di arbusti e piante spontanee muove attraverso il filtro del simbolismo precristiano e di un immaginario superstizioso, alchemico, manifestando un certo gusto archeologico per la collezione e un delicato senso del grottesco; gli organismi fotografati, analizzati e restituiti all’osservatore risentono, inoltre, di temi ancestrali, della forza magica – espressa soprattutto nella sua funzione protettiva – e della fascinazione, così come dei caratteri più liminali e ambigui del cattolicesimo che si esprimono attraverso l’esperienza e la pratica popolare.
Elementi vegetali e profili anatomici da ex-voto si combinano, così, sviluppandosi in emblemi ceramici inediti a scandire e rinnovare in senso laico il bisogno innato di ritualità, e richiamando all’azione e al coinvolgimento collettivo. Come nelle rappresentazioni più fantasiose di grilli gotici, il corpo acquisisce una pluralità di significati attraverso un processo di smembramento che, frammentando l’organismo originario, genera una moltitudine di manifestazioni, rivelazioni di vita esuberante e pensiero instancabile.
Nel suo allestimento, il racconto di Malerbe si dipana attraverso materie eterogenee a metà tra un singolare erbario di derivazione medievale e una wunderkammer tardo-rinascimentale, conciliando assieme l’interesse per l’indicibile, il prodigioso ed una spiccata curiosità per l’uomo nelle sue espressioni tangibili e immateriali. Lo spazio espositivo diventa camera delle meraviglie in cui Carriero raccoglie sistematicamente reperti e testimonianze della propria ricerca nonché del proprio immaginario, restituendo il tracciato di un percorso di selezione e riassemblaggio; muovendosi tra sonoro, fotografia, ceramica e collage digitale, la narrazione stessa è, dunque, l’esito di una contaminazione di media ed espressioni necessari a decifrare e rappresentare la stratificazione di senso e simbolismo indagata dell’artista.
Le effigi così ibridate si pongono in una zona di confine, nell’intersezione tra un’affermazione e il suo contrario come simboli risemantizzati di uno sguardo sul tempo presente in cui l’eco della storia permane saldamente. Sacro e profano, tradizione e sovversione coesistono nei medesimi elementi in quanto tracce di un equilibrio possibile fatto di complessità e contraddizioni, pertanto profondamente umano.
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Maria Grazia Carriero
Malerbe. Poetica della dissidenza
a cura di Giuliana Schiavone
Microba
Via Giambattista Bonazzi 46, Bari
Dal 7 al 29 dicembre 2024