Matteo Messori

Matteo Messori intervistato da Lorenzo Kamerlengo per The Hermit Purple, Luoghi remoti e arte contemporanea su Segnonline.

Parlami di un tuo maestro, o di una persona che è stata importante per la tua crescita.

Credo che uno dei maestri più importanti che ho avuto nella mia vita e che mi ha cambiato a livello artistico sia Giovanni Mundula. Un vecchio artista degli anni 50 ancora in attività, che ho avuto la fortuna di conoscere durante il mio periodo di studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Grazie a questa persona ho compreso che per lavorare nell’arte bisogna essere dei “panzer tedeschi” e che la resilienza è la chiave di tutto. Lui non mi ha aiutato solo a livello artistico ma anche umanamente. Attraverso gli aneddoti e gli insegnamenti che ho avuto sono riuscito sempre più a raffinare la mia ricerca. Osservando con estrema accuratezza al lavoro degli altri artisti miei coetanei, vedendo i percorsi e le mutazioni di
quest’ultimi.

Quali sono secondo te il tuo lavoro/mostra migliore ed il tuo lavoro/mostra peggiore? E perché?

Il progetto espositivo che più mi ha soddisfatto e l’esposizione dal titolo “Antiforma” alla galleria Ramo a cura di Federica Fiumelli. Per elaborare questo progetto ci son voluti almeno tre mesi di lavoro, perché per noi era di vitale importanza determinare la mia serie pittorica sull’Antiforma. A partire dal testo alle opere esposte, volevamo far si che il concetto in se della mia ricerca rispecchiasse al meglio gli argomenti che volevo trattare. In questo caso appunto per poter spiegare a livello concettuale questo progetto ho tratto ispirazione dal celebre dipinto “Elogio alla Morte di Pieter Bruegel. Le condanne e le maledizioni che sono ritratte all’interno dell’opera di Bruegel sono state fonte d’ispirazione per gli immaginari da
me dipinti ed esposti in seguito alla mostra realizzata a Galleria Ramo. Quindi in parole povere credo sia stata una delle mie esposizioni che ha avuto più coerenza. Mentre invece la cosa “Peggiore” che ho mai realizzato vorrei parlare di un opera che tempo fa riuscii per miracolo a essere selezionata al Premio Combat di Livorno. Parlo di qualche anno fa dove la
mia ricerca pittorica era ancora molto immatura, e non so minimamente coma abbia fatto quell’opera in particolare a essere stata scelta nella sezione di pittura. Perché era stata realizzata addirittura su un’altra tela che avevo realizzato in precedenza e i bordi erano tutti sconnessi il colore era completamente scarno di qualsiasi qualità possibile. Quando la vidi
esposta al Museo Fattori sinceramente avrei voluto togliere il cartellino con su scritto il mio nome.

Se ti ritrovassi su un’isola deserta, proseguiresti la tua ricerca artistica? Se sì, in che modo?

Beh sono certo del fatto che se io mi trovassi in un isola deserta di certo proseguirei la mia ricerca artistica convogliandola in qualcosa di veramente utile per la mia sopravvivenza.
Anche perché trovandomi al di fuori di qualsiasi dettame espografico direi che in se “fare arte” sia pressoché futile se non a scopo terapeutico. C’è chi come me che sfrutta l’arte per motivi terapeutici e sono sicuro che dipingerei anche se non facessi l’artista. Magari praticando “arte” per un auto sostenimento su questa cosiddetta isola, riuscirei ancor meglio a costruire un legame introspettivo con essa. E crescerebbe senza influenze esterne, al di fuori della propria. Quindi dire che sarebbe da provare per capire come muterebbe la propria arte in un contesto del genere.

In che modo sta influendo l’isolamento di questo periodo su di te?

Beh l’isolamento sta allo stesso tempo ampliando e limitando le mie possibilità, cioè nel senso che sono costretto a trovare più e più soluzioni possibili per creare e trovare materiali di ogni tipo con la quale poter produrre delle opere. Ad esempio in questi giorni ho creato una tela con delle garze mediche e colla vinilica, oppure utilizzare vecchie lamiere come
supporti pittorici. O vecchio feltro di scarto intelaiato con cassettoni, tutto spendendo veramente pochissimo. E ciò ovviamente è un punto a favore che sara utile una volta finita la quarantena. Inoltre c’è da dire che grazie a questa quarantena mi son permesso il lusso di rallentare. E in questo ho riscoperto il mio tempo e ciò che vale. Anche solamente distribuire una giornata intera a faccende e ambiti diversi. Ha fatto si che una parte di me ottenesse un sorta di tregua. Una pausa dalla velocità, perché prima delle restrizioni era mia abitudine star a casa non più di due notti di seguito. Per carità c’è poco da star sereni, perché tutta questa cosa ha i suoi lati negativi sia a livello economico che sociale.