Chiara Camoni, Ipogea, installazione ambientale, materiali vari, 2021, Courtesy Palazzo Bentivoglio e l’artista. © Camilla Maria Santini

‘Ipogea’ di Chiara Camoni: Bologna rinvenuta

Palazzo Bentivoglio accoglie e costruisce con Chiara Camoni un nuovo spazio ideale, ipogeo, a partire dalla ricontestualizzazione di reperti archeologici e interpolazioni con nuove opere dell’artista piacentina. A cura di Antonio Grulli, Ipogea, ha visto la luce durante i giorni di ArtCity 2021 traducendosi, però, in installazione permanente del palazzo.

Art City Bologna 2021, il cui culmine di maggio è già alle nostre spalle, ha designato una visione altra della città, seguendo il claim ontologico alla base dell’intera programmazione: “la città che non c’è”. Seguendo un Peter Pan metaforico, ognuno ha dato origine alla propria mappa, ad un altrimenti inspiegabile tour che, seppur certamente ancora perfettibile nelle logistiche e certamente nella necessaria dilatazione dei tempi, ha mostrato un altro volto, decisamente sotteso a quanto il pubblico, da anni, era abituato. Lo svelamento altero ha interpretato alcuni dei progetti presenti nella topografia artistica felsinea come traiettoria meravigliante, in grado di dar conto e percezione della volontà di indagare lo spazio anche in quanto relazione tra passato e presente che in Bologna vive da sempre. Relazione che si traduce sia nella concertazione tra volumi, pieni e vuoti, luci ed ombre che la morfologia urbanistica ed architettonica delinea, sia nella tensione che in alcuni punti vira verso l’alto, in altri spinge ad inabissarsi, denudando quanto la superficie cela o custodisce. Esempio di tale svelamento è stato il progetto Ipogea, di Chiara Camoni, ideata per Palazzo Bentivoglio ed a cura di Antonio Grulli, progetto che ho avuto la fortuna di scoprire in una soleggiata mattina, fatto che ha reso la discesa verso le profondità del rinascimentale palazzo ancor più evocativa.

In compagnia di Antonio Grulli, ci si è addentrati nelle sotterranee sale di Palazzo Bentivoglio riscoprendone una inusitata ed ancestrale energia dettata dal lavoro di Chiara Camoni che ha dipanato la grande installazione – che sarà opera permanente – in cinque differenti punti, costruendo una sorta di percorso che si anima di un ritmo silente eppure costante di dialogo con ciò che era e ciò che sarà. Nel ciò che è noi sostiamo oppure avanziamo come avanza l’operare della Camoni. Soggetto ed oggetto di Ipogea non sono solo l’epifania site specific quanto, piuttosto, il missaggio tra “la storia del palazzo insieme ai materiali che lo costituiscono”. È Antonio Grulli al raccontarmi quanto questo progetto abbia radici anteriori all’avvento del Covid19, sancendo la valenza di taluni nessi gnoseologici che coabitano, ora, le sale espositive. Grulli, così come si legge anche nel testo critico che accompagna Ipogea, rammenta: “Alcuni anni fa infatti fu rinvenuto in un locale degli spazi espositivi di Palazzo Bentivoglio un deposito di materiali: frammenti di decori, pezzi di colonne, parti di pavimentazione, scarti di costruzione, in buona parte risalenti probabilmente al XVI-XVII secolo, ammassati nel corso dei secoli come risultato di fasi costruttive e di manutenzione del palazzo. Si trattava di rimanenze affascinanti e preziose, e sorgeva la necessita di farle tornare a parlare e a mostrarsi in forma viva.” La scelta, pertanto, non poteva che ricadere su una artista come Chiara Camoni, il cui lavoro si innerva spesso nella commistione filosofica della materia naturale tradotta e formalizzata in pittura ad imprimitura di fiori, foglie e radici e scultura in terracotta o ceramica, ma soprattutto nella ricerca di echi tra un passato rappresentato ed identificabile solo attraverso frammenti, lacerti di memoria accomunati dalla necessità di trovare nuova linfa, nel rispecchiamento con nuove integrazioni, nuove significazioni, estetiche e concettuali.

È ancora Antonio Grulli a ‘raccontare’ quanto Ipogea, nel suo addentrarsi tra il labirintico spazio dei sotterranei di Palazzo Bentivoglio, sia un’opera “divisa in cinque ‘momenti’, cinque punti dei sotterranei pensati come capitoli di un unico racconto. In ogni capitolo le stratificazioni lapidee del passato diventano scultura (sia astratta sia figurativa in maniera simbolica) e elemento funzionale e architettonico. Il punto di partenza è stato proprio la composizione dei materiali rinvenuti, declinata in modi sempre differenti a seconda dello spazio che andavano a occupare. Questi hanno poi ‘chiamato’ in maniera naturale, organica, gli interventi realizzati dall’artista attraverso il suo inconfondibile vocabolario. La parte predominante è composta da una serie di sculture in terracotta che si ritrovano in tutti gli ambienti: alcune contengono fonti luminose in grado di accendere l’opera sia attraverso la luce sia attraverso le ombre proiettate. L’altro elemento ricorrente è dato dalle opere su teli di seta appesi, su cui, attraverso l’utilizzo di piante e fiori, nascono simmetriche figure femminili simili a guardiane del mondo sotterraneo. Da ultimo vi è la presenza di sculture facenti funzione di arredo: una libreria, delle sedute, un piccolo tavolino – creati assemblando vecchi mobili e un confessionale – e poi brocche e tazze in ceramica realizzate dall’artista, smaltate con la terra e la cenere dei rami e delle foglie raccolte nel giardino di Palazzo Bentivoglio, così da ottenere un colore unico, indissolubile dal luogo in cui vivranno”.  

La stratificazione generata da Chiara Camoni, che pur risuona nelle superfetazioni architettoniche ben note e presenti nella ri_creazione neomedievale bolognese, decodifica, al contrario, un tipo differente di intervento. L’artista e, perciò, Ipogea, propongono una nuova ed inattesa ricostruzione dello spazio preesistente in cui, tuttavia, la nuova proiezione di antico materiale dismesso e probabilmente giunto anche da altrove, non intende originare una visione adulterata di ciò che avrebbe potuto essere, bensì, proietta ciò che, in maniera suggestiva, incarna, o meglio, pietrifica, la sublimazione del tempo, del suo scorrere, universo in cui l’intervento dell’uomo e della sua creatività ha gemmato necessità e tensione verso la bellezza. Una tensione plurima, dettata dalle esigenze esistenziali e dalle necessità quotidiane, di cui la Camoni offre dettagli, metafore, ricomposizioni in grado di offrirsi come volano per nuove identità all’interno di uno spazio pensato differentemente. Ipogea fonde i reperti lapidei ritrovati con sete dipinte con elementi naturali dalla Camoni o lavori scultorei che, talvolta, mediante l’uso della luce e la generazione di complesse ombre, agiscono come elementi immaginifici di abitazione del luogo, dettagli attorno ai quali dipanare un racconto desueto.

Avanzando nelle sale, ricoperte da un pavimento specchiante che riflette in parte l’intervento apportato dall’artista, il rimando ad un tempo e ad una dimensione immaginifica è continua, alimentata dai alcuni simbolismi occorsi in modo precipuo – come la composizione in pietra che ha determinato la figura di un serpente, emblematicamente matrice di ulteriori significazioni e che, in futuro, accoglierà l’intervento di altri artisti in una sempiterna ‘chiusura aperta’  declinante, di volta in volta, il suggerimento di un varco straniante e affascinante al contempo –  Le sale si chiudono su sé aprendosi al dialogo con altri dettagli o sfatando certezze percettive, processo rintracciabile nell’installazione che allo spazio domestico unisce la preziosità di una identità nuova, sublimata dalla ceramica, dallo stravolgimento della funzione iniziale per rispecchiarsi sia nella grande lastra riflettente della sala sia nei volumi accolti dalla piccola libreria, in cui sono presenti Piranesi, Riegl, Bachelard e Ananda Kentish Coomaraswamy . Architettura ed ambiente, oggetti che insistono nello spazio storicamente designato e già mutato, oggi subiscono una ulteriore riperimentrazione maieutica e stilistica ma anche concettuale. Ogni stravolgimento, nella sua stupente nuova assunzione grammaticale, genera una ripensamento sorto nel  già noto e nell’ancora velato, nel dialogo tra identità plastica e rimandi ancestrali, nella relazione, sempre complessa, tra uomo e spazio.

Ipogea, in un certo qual modo, è dono e racconto, è accoglienza e percorso da seguire, nel solco di un compendio dell’intera ricerca di Chiara Camoni che avviene nelle viscere di uno spazio storico urbano, vicino alle profondità della terra così come vicino ad un sentire interiore abissale. Ipogea imprime una volontà di scoperta, o meglio, di riscoperta, dettata sì dal potere di una visionaria rigenerazione ma anche dalla forza di una nuova ricerca identitaria in grado di dar voce a ciò che è destinato all’oblio.

Chiara Camoni, Ipogea
Palazzo Bentivoglio
Via del Borgo di San Pietro, 1
www.palazzobentivoglio.org

Azzurra Immediato

Azzurra Immediato, storica dell’arte, curatrice e critica, riveste il ruolo di Senior Art Curator per Arteprima Progetti. Collabora già con riviste quali ArtsLife, Photolux Magazine, Il Denaro, Ottica Contemporanea, Rivista Segno, ed alcuni quotidiani. Incentra la propria ricerca su progetti artistici multidisciplinari, con una particolare attenzione alla fotografia, alla videoarte ed alle arti performative, oltre alla pittura e alla scultura, è, inoltre, tra primi i firmatari del Manifesto Art Thinking, assegnando alla cultura ruolo fondamentale. Dal 2018 collabora con il Photolux Festival e, inoltre, nel 2020 ha intrapreso una collaborazione con lo Studio Jaumann, unendo il mondo dell’Arte con quello della Giurisprudenza e della Intellectual Property.