Sapere e potere

La sintassi della libertà. Arte, Pedagogia, Anarchia è il libro di Pietrò Gaglianò edito da Gli Ori di Pistoia. La recensione di Antonello Tolve

Mi scuso con Pietro Gaglianò del lungo silenzio trascorso da quando ho ricevuto il suo ultimo libro e promesso questa breve recensione, ma lui sa bene, come ognuno di noi, che a volte il tempo è come una corsa frenata e non lascia molto spazio a dilazione. Ma è arrivato ora il momento di guardare attentamente questo prezioso volume pubblicato da Gli Ori di Pistoia lo scorso gennaio, perché mi pare racchiuda nelle sue duecentocinquantasei pagine (il prezzo del volume è di appena 25 euro) tutta una serie di ingredienti che dimostrano una particolare attitudine dell’artista, una trasversalità che non può non portarlo a essere un paladino, un guerriero immaginario armato di fantasia e di buon senso – in molti casi il buon senso è sinonimo di anarchia – intraprendere un tortuoso cammino alla rilettura e riscoperta e riformazione e informazione delle cose del mondo. La sintassi della libertà. Arte, Pedagogia, Anarchia sembra proprio puntare l’ago della bussola su questo scenario, mostrare e cancellare le asfissianti «architetture gerarchiche» che regolarizzano il mondo della scuola e dell’educazione e della formazione e della pedagogia, per mostrare una serie di vie liberali che hanno acceso focolai, aperto a rivoluzioni, disegnato ideologie celesti che Lamberto Pignotti ha definito come vere e proprie forme di lotta: è tutta la poesia visiva, si sa, è una forma di lotta contro un sistema omologato, una forma di pedagogia che nasce dall’anatomia dei linguaggi di massa, una forma di rivoluzione immaginata, proprio così come espressamente individuata da Gaglianò in questo suo libro. «Indipendentemente dagli esiti che l’opera può generare e dall’ampiezza delle sue ripercussioni», avvisa infatti l’autore nel capitolo dedicato al gioco delle parti, e più precisamente nel paragrafo sulla rivoluzione immaginata, l’arte nasce dal bisogno di immaginare il mondo in modo diverso da come viene presentato; la sua qualità politica si rivela nella capacità che ha di propagarsi increspando la realtà, creando un trauma che non ha niente a che fare con i condizionamenti del sistema o con le finalità dell’attivismo».

Legato particolarmente a un interesse sulla pedagogia anarchica e libertaria, a sua volta inserita nell’ampio dibattito (questo è un punto di forza del volume) tra arte, critica d’arte e curatela La sintassi della libertà si concentra su quel perimetro che racchiude i più scottanti temi del nostro complesso presente: tra questi solidarietà, ospitalità, eguaglianza, partecipazione, condivisione, forse anche prendersi cura, e forse proprio come la intendevo io qualche anno fa (da una angolazione platonica, il Platone della Πολιτεία) nel tracciare di una linea socratica dell’arte.

Con questo suo volume, di cui ebbimo a parlare se non erro quando era ancora in fase di sviluppo, probabilmente di chiusura, Pietro Gaglianò pone al centro dell’attenzione un fianco costiero della pedagogia e didattica dell’arte che naviga – e ben si orienta, e ben ci orienta – lungo i litorali della pedagogia radicale, senza però dimenticare lo zoccolo duro di un discorso che nasce e si sviluppa, a volte anche con grandi slanci di innovazione e coraggio, nel campo della storia dell’arte. Mi pare insomma che a leggere attentamente La sintassi della libertà è un po’ come essere di fronte a una piccola storia dell’arte contemporanea (siamo orientativamente tra la fine dell’Ottocento, il secolo successivo e questo nostro primo ventennio) ma sovrapposta (e mai confusa però, si badi) a idee e sentieri in cui le voci della filosofia e della pedagogia e della andragogia e della politica e dell’economia e dell’ecologia e della sociologia e in alcuni casi della antropologia (delle scienze sociali insomma) si intrecciano, portate fuori dalle aule scolastiche e parlamentari eccetera, alla grande arteria dell’arte (anche questa allontanata da musei, gallerie, fiere e fierucce) per mantenere una loro autonomia strumentale decisiva e per mostrare il vasto orizzonte operativo – il sogno di una reale democrazia, di un reale potere del sapere – in cui possiamo ritrovarle luminose, preziose.

Riprendendo il metodo dell’educazione problematizzante (o anche della coscientizzazione) messo in campo da Paulo Freire, Pietro Gaglianò evidenzia bene queste sue argomentazioni. «Con il metodo freiriano dell’educazione problematizzante il percorso didattico si basa su un patrimonio immateriale che appartiene al popolo e il sapere viene inteso come una attività creativa, nell’invenzione, nella reinvenzione. Imparare a leggere connettendo le parole e le cose, la scrittura e le situazioni della vita quotidiana, diventa un atto di consapevolezza, un’acquisizione più profonda e reale del proprio spazio, dei propri strumenti e delle proprie relazioni: è imparare a leggere il proprio mondo, è farsi artefici della propria cultura». Ecco dunque unlibro che nasce dal nostro desiderio di migliorare i rapporti sociali, di migliorarci come educatori e professori, di non smettere mai di porci domande ma anzi di comprendere che il punto di domanda è alla base di ogni mossa successiva, anche quella del cavallo, così come pensata in campo letterario da Šklovskij.