Luci nella notte. Figure del molteplice. Corpo investito/disinvestito tra Foucault e Bachtin

Pauline Curnier-Jardin & Feel Good Cooperative
Fireflies (lucciole)
Pinksummer, Palazzo Ducale, Cortile Maggiore, Genova

Pauline Curnier-Jardin è un’artista dal profilo tanto indecidibile categorialmente da poterlo definire di Gesamtkunstwerk/d’Opera d’Arte totale, spostandosi dall’azione filmica alla performance, dalla scenografia all’installazione, dalla site-specificity al disegno, dalla danza a un teatro del corpo femminile, dell’eros, del canto. A livello internazionale vince, tra l’altro, il Preis der Nationalgalerie 2019  con la video-installazione Fat to Ashes/Dal Grasso alle Ceneri, prodotta, per la sua prima mostra personale istituzionale in Germania, nella storica sala dell’Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart – Berlin. Di attitudine nomadico-rizomatica, l’artista francese (Marsiglia 1980, risiede e opera a Roma, Berlino, Amsterdam) sceglie come suoi preferibili territori d’intervento il circo, il carnevale, il cabaret, il cerimoniale religioso, il marciapiede, il carcere.

Alla Pinksummer di Genova, galleria artisticamente diretta dal duo Francesca Pennone-Antonella Berruti, l’artista presenta l’installazione intitolata Fireflies/Lucciole – con un irrinunciabile rimando a un Pier Paolo Pasolini che avrebbe dato, «ancorché multinazionale, l’intera Montedison per una lucciola», rimpiangendo, tramite una metafora poetico-politica, la sparizione dei valori di un mondo rurale arcaico. La proposta dell’artista, reduce dalla residenza romana a Villa Medici, viene firmata Pauline Curnier-Jardin & Feel Good Cooperative, vedendo la collaborazione – iniziatanel 2020 con la fotografa e professionista sessuale Alexandra Lopez e l’architetta e accademica Serena Olcuire – con operatrici transgender del sesso, particolarmente discriminate e penalizzate in tempi, come quelli attuali, di pandemia virale da SARS-CoV-2. L’intento è quello di condividere il ricavato dalla vendita dei disegni sul tema del sesso esposti in mostra. L’ambiente, particolarmente magico e soffuso di una luce azzurrina, rappresenta una notte di luna. L’area di proiezione del Film Fireflies (lucciole) 7’19’’, 2021, viene ricavata dal centro sala e protetta da ampi tendaggi scuri. Lo spettatore si trova immerso in una zona della periferia romana dove il gruppo di prostitute colombiane offre i suoi servizi, come osservando un cerimoniale arcaico, ai clienti, fissi o in transito, che le investono con i loro accecanti fari. Il loro corpo, di carne e sangue, si transustanzia, nel rito di offerta, in pietra, diventa statua, figura di un mito greco. La luce rosata, che filtra da sotto lo schermo – come mi fa notare la stessa Curnier-Jardin – annuncia l’alba di un nuovo giorno. Il boudoir di trine che scendono, a piombo, dal soffitto, realizza, nella sala accanto, un gioco di trasparenze a effetto vedo-non vedo, che conferisce complicità allo sguardo dello spettatore che osserva, nei disegni esposti, l’esplicito contenuto erotico.

Femminista militante del Terzo Millennio, Pauline Curnier-Jardin opera sul terreno dell’orgiastico, dell’erotico, del pornografico, del rituale celebrativo, della condizione estatica tra il sacro e il profano, tra il mistico e il militare, tra il grottesco e il folklorico, tra la violenza psichica e quella fisica, anche autodistruttive, tra l’etero e il transgender. Quelle categorie, che una Fabbrica della Cultura e del Consenso non smette di codificare, vengono iteratamente attaccate, dall’artista, con l’ironia, la provocazione umoristica, l’eccesso batailliano del riso. Bataille teorizza un non-sapere in cui il riso è cardine del pensiero, in Nietzsche ha funzione di rottura con la tradizione occidentale. Avanguardie e neo-avanguardie, in campo artistico e letterario, non hanno mancato di usare il riso in funzione destabilizzante. L’artista non cessa di smontare gli effetti, impalpabili, difficilmente localizzabili perché ubiqui, che Foucault denuncia in Microfisica del Potere, esercitati sul corpo psico-fisico, pubblico-privato, civile-militare, laico-confessionale dell’individuo e del gruppo, e, in questo particolare momento di pandemia virale, anche su un corpo in condizioni di salute e malattia, costantemente tracciato e sotto controllo. Uno stesso esercizio di biopotere non manca di assediare anche istituzioni come la scuola, la fabbrica, la prigione.

Nell’ipotesi dello scrittore e pedagogista tedesco Jean Paul, dal «sublime rovesciato» scaturirebbe, per l’uomo, un riso abitato da dolore e grandezza, perché intriso dalla consapevolezza della sua finitudine. Con Kant il riso, come il sublime, è «vertigine della ragione». Sottoscrivendo una cultura del serio-comico, di un umorismo come sublime rovesciato, teso a relativizzare le certezze, Bachtin, filosofo russo, epistemologo delle scienze umane, declina il riso contro il serio, il poetico contro il retorico, il pathos contro la ragione. In lui il carnevale si configura quale rovesciamento dei valori. Il suo concetto di serio-comico, diventa chiave di una comunicazione che passa dall’io individuale all’io collettivo. «Non vi è comicità al di fuori di ciò che è propriamente umano», teorizza il filosofo Henri Bergson in Le rire: Essai sur la signification du comique, 1900. In Pirandello, drammaturgo siciliano innovatore del racconto teatrale, la risata del comico esprime il contrario del senso-comune, quella dell’umorista, invece, un sentimento empatico.

Prende forma, nelle opere di Pauline Curnier-Jardin, una critica dell’identità come etnonimo, rappresentazione etnica, antropologica, culturale, riconducibile a un’appartenenza naturale inamovibile, per avviare, come teorizzava Lévi Strauss già dagli anni Settanta, una sua riformulazione performativa in divenire. L’azione teatrico-filmica dell’artista francese si svolge, intenzionalmente, su una soglia di instabilità e slittamenti che lasciano percepire, nello spettatore, un possibile effetto fallimentare, una condizione di scacco dei ruoli e dei discorsi convenzionali, di uscita delle categorie dell’arte e dell’aisthesis, da consolidate zone di attenzione e conforto, per approdare a inesplorate configurazioni. Gli stessi eccessi di euforia o di tragico funzionano come dispositivi di frantumazione di una logica narrativa. La sua creatività-mitopoietica, la sua visionarietà prometeica, accosta figure di eroine sacre e pagane come la mistica Bernadette Soubirous, la martire guerriera Giovanna d’Arco, la dea greca della fertilità Demetra o la sua omologa latina, protettrice delle messi, Cerere.

Sottesa a una dinamica ancora dialettica, la sua opera filmica, di animazione, di cinema sperimentale in super8, di proiezione di diapositive, di utilizzo del footage, entra in una cornice in cui gli eventi si avvolgono a spirale su se stessi, come una vorticosa trottola d’antan, tornando, talvolta, a ripresentarsi in loop. Lo spirito retorico della parata militare filtra in contesti incongrui, familiarizza con il quotidiano, si lascia corrompere e sedurre dalle musiche popolari. Pauline Curnier-Jardin tematizza la violenza della guerra, i conflitti nella famiglia, i rischi del circo, dei rituali di iniziazione, le pulsioni autodistruttive di un soggetto, per estrarne poi modalità formali e dialogiche che, a posteriori, applica alle sue azioni filmiche, spettacolari, perfino ai suoi video-talk-show, operando come un’artista che agisce di fronte al pubblico autointerrogandosi, chiedendosi, a titolo di esempio, se l’esplosione messa in atto visualmente, sia pur metaforica, preluda a una fine dello stato delle cose o a un nuovo inizio.

L’artista francese delinea una cosmogonia, forse meglio una caosmogonia, per usare un neologismo creato dall’artista italiano Nanni Balestrini, lavorando a un insieme che si configura come un grande affresco polisemico. La sua opera formalizza un contesto in cui la verità si prospetta come punto di vista, come dialogo con il molteplice, in cui, come nella Nouvelle Histoire di Le Goff, i protagonisti non sono più sovrani, condottieri e generali, ma saltimbanchi, professionisti del sesso o donne visionarie, mistiche, troppo spesso santificate dal martirio.