Giuseppe Raffaele - Serie Ombre n. 3, 2024

Saluti da… Giuseppe Raffaele

“Un appuntamento espositivo non è solo un’occasione per comunicare agli altri come si è evoluta la propria ricerca artistica o per fare il punto sul proprio lavoro, una mostra è prima di tutto la condivisione di un “viaggio”, la condivisione di un’esperienza”.

Da questa premessa nasce Saluti da… personale di Giuseppe Raffaele (Messina, 1996) allestita presso Tufano Studio, spazio diretto da Josefina Tufano con sede a Milano.

La mostra è a cura di Ivan D’Alberto che in occasione dell’inaugurazione ha organizzato un talk con il tema  Erano anni felici, peccato che nessuno di noi se ne fosse accorto, a cui hanno partecipato oltre all’artista, al curatore della mostra e alla direttrice dello spazio, anche Sergio Nannicola, docente di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Brera,  Francesco Pozzi, collaboratore della rivista Exibart e la scrivente come collaboratrice della rivista Segno.

Raffaele ha sottolineato, nel corso del talk, come la sua ricerca fondi le sue basi stilistiche sul lavoro di maestri come Giacometti, Klimt e Schiele. E come ha rilevato Ivan D’Alberto, i suoi lavori riflettono sulla condizione psicologica del bambino e dell’adulto, che rappresentano simbolicamente la felicità infantile e la tristezza consapevole dell’età matura. Effettivamente, osservando la produzione fotografica si vedono silhouette umane senza volto. Sagome ricoperte parzialmente o completamente da terra o sabbia, nelle quali ognuno di noi può rivedere se stesso. E come disse Giovanni Pascoli parlando del nostro “fanciullino” interiore: “È dentro di noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra… Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena  meraviglia”.

All’interno di questa mostra la terra della sua Sicilia e la sabbia hanno costituito gli elementi predominanti delle sue riflessioni che tramite una sapiente lavorazione manuale e concettuale sono divenute attrici protagoniste nelle opere fotografiche, cartacee e scultoree dell’artista. Terra come memoria, testimone del passaggio millenario multiculturale. Ecco che in un mondo digitalizzato come quello contemporaneo, Giuseppe Raffaele, sceglie di lavorare manualmente e riconsegna all’oggetto il suo valore intrinseco. Questo avviene attraverso una pratica artistica a metà tra l’installazione ambientale, l’objet trouvé e l’uso di materiali naturali come le terre della sua Sicilia.

“Alcune delle opere in mostra potranno essere portate via liberamente o “acquistate” ad 1 euro; una scelta totalmente svincolata dalle regole del mercato perché a dare il vero valore alle cose è l’individuo. In cambio l’autore chiede solo, l’impegno di prendersene cura”.

Le cartoline che i visitatori trovano nell’espositore e che possono scegliere gratuitamente, sono composte da una miscela terrosa di varie colorazioni perché raccolte in luoghi diversi nella sua terra messinese. A tal proposito si trovano sul retro della cartolina annotate le coordinate per raggiungere il punto esatto dove l’autore ha prelevato il materiale.

Attraverso il confronto con Giuseppe Raffaele ho avvertito il suo chiaro  bisogno di una relazione intensa tra il suo operare e l’altro. Un autore sensibile non soltanto ai linguaggi contemporanei ma alla responsabilità dell’artista nella società moderna. Intriso di un’esperienza metafisica che lo vede protagonista tra due poli, il Nord della sua formazione all’Accademia di Brera milanese e la sua Messina, terra natale e di ricerca.

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