Spasmo di Sicilia
La versione dello Spasmo di Sicilia di Raffaello

Il ritorno della memoria

Una versione dello Spasmo di Sicilia di Raffaello torna a Palermo grazie a Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona.

La storia dello Spasmo di Sicilia è avvolta dal mistero. La vicenda dell’opera è travagliata dal principio, da quando, da Roma, il dipinto fu mandato per nave a Palermo, la nave fece naufragio ed esso approdò a Genova. Miracolo, falsificazione? Non lo sappiamo. Certo è che i genovesi non volevano saperne di restituirlo e i palermitani dovettero ricorrere al papa per poterlo riavere. Il dipinto venne poi portato via da Palermo in Spagna da Filippo IV; più tardi, dalla Spagna, Napoleone lo tradusse in Francia, dove lo Spasmo venne trasferito dalla tavola di partenza su una tela, rovinandosi considerevolmente. Dopo la caduta di Bonaparte, con le altre opere trafugate dai francesi, fece ritorno in Spagna. Ma non si allontanò dall’occhio del ciclone. Un episodio per tutti. La regina Maria Cristina di Borbone, che era nata a Palermo, prima pensò di riportarlo in Sicilia, poi cambiò programma: intavolò una trattativa con l’Inghilterra per vendere lo Spasmo e ripianare le disastrate finanze dello stato. Perché tuttavia la trattativa andasse in porto, gli spagnoli non dovevano accorgersi della cessione del dipinto, di cui sarebbe stata realizzata una fedelissima copia. Ma non se ne fece nulla. Se gli spagnoli avevano infatti tutto l’interesse a passare la vendita sotto silenzio, gli inglesi, per loro conto, avevano ragioni uguali e contrarie a divulgarla. Altrimenti, con una copia perfetta e per di più al suo posto, come sarebbe stato possibile distinguerla dall’originale? Ecco il mistero infittirsi sempre più. Dello Spasmo esistono infatti tante copie, sia in Italia sia in Spagna; alcune di esse, come quella presente a Caltanissetta in Sicilia, apparentemente firmata da Raffaello, hanno fatto nascere il sospetto che a Filippo IV sia stato mollato un bidone e che l’originale sia altrove… Non si tratta, si capisce, di questioni risolvibili con facilità per almeno due ragioni: la prima, incontrovertibile, è l’incertezza sull’identità dello Spasmo che da Genova passa in Sicilia. Vasari stesso descrive un’opera diversa da quella che noi conosciamo. La seconda, altrettanto importante, è che l’artista, specie nella fase terminale della sua pur breve carriera, si appoggiava alla creatività dei suoi allievi, sicché spesso la sua mano, con la sua grande qualità disegnativa, si sovrappone alla loro. In tanta incertezza, Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona è riuscito in un’impresa: portare in Sicilia dalla Spagna una copia dello Spasmo che potrebbe essere proprio quella fatta realizzare da Maria Cristina di Borbone in vista della vendita agli Inglesi, come suggerisce una scritta sul dipinto in cui si fa riferimento alla regina Isabella II, cioè a Maria Cristina. Il dipinto è stato presentato il luglio scorso a Palermo durante un seminario di studi presso Palazzo Oneto di Sperlinga, dove rimarrà in esposizione permanente. Ne abbiamo parlato col suo nuovo proprietario.

Roberto, lo Spasmo di Sicilia è un dipinto viaggiatore: sorte che, a quanto pare, tocca pure alle sue copie. Perché ti sei impegnato così tanto per portare questa copia a Palermo?

Il ritorno dello Spasmo a Palermo è il ritorno della memoria. La possibilità unica di restituire alla città una parte importante della sua storia, delle sue tradizioni. A cominciare dalle pratiche devozionali esemplificate, a un livello iconografico, dalla sua composizione.

Ma di preciso il dipinto da dove viene?

Da una nobile dimora di Madrid. Sono riuscito ad averlo non direttamente ma attraverso mediatori. Farlo espatriare dalla Spagna non è stata impresa facile.

Cosa puoi dirci delle origini dell’opera?

Un’iscrizione presente sul dipinto tradisce una committenza reale. Ma l’origine è ancora incerta. Per determinarla occorreranno studi, indagini diagnostiche. Se ne occuperà l’Ateneo palermitano. 

Qualche ipotesi?

Di ipotesi ne sono state fatte tante, ma vanno vagliate con la massima attenzione anche perché, nel corso degli anni, l’opera ha subito diverse traversie. Come l’originale, anch’essa è stata trasferita da tavola su tela. 

Una coincidenza singolare!

L’opera è molto, molto simile a quella tutt’ora in mostra al Prado, tanto nel segno quanto nei colori. 

Quindi Palermo ha un nuovo Spasmo, oltre alla copia collocata di recente nella cona gaginesca riscoperta e ricostruita grazie ad Anna Maria Ruta.

Quella però è un’opera meccanica, questo è un dipinto in carne ed ossa. Un dipinto, ne sono certo, di cui si continuerà a parlare.

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