Serena Ciccone, "Vuoto Fecondo", Installation view, Spazio Hangar, ph. Giulia Pontoriero

Librarsi nell’aere. Il corpo-germe di Vuoto Fecondo

Fino al 26 aprile 2024, è ospitata la personale “Vuoto Fecondo” dell’artista Serena Ciccone, curata da Giulia Pontoriero, presso Spazio Hangar, a Roma.

Fino al 26 aprile 2024, è ospitata la personale Vuoto Fecondo dell’artista Serena Ciccone, curata da Giulia Pontoriero, presso Spazio Hangar, a Roma.

In dialogo con Giulia Pontoriero, curatrice della personale Vuoto Fecondo di Serena Ciccone, inaugurata il 20 aprile, presso Spazio Hangar, a Roma.

LC. Installazione e pittura si compenetrano in modo simbiotico, all’interno dell’esposizione “Vuoto Fecondo” di Serena Ciccone. C’è una confluenza tra la risultanza visiva “sacra”, da cavalletto, e una predisposizione sciolta nello spazio abitato.

GP. Questa confluenza affonda tra la sua pratica artistica e la vita personale. E dalla sfera intima raggiunge quella artistica. Le opere pittoriche segnano la fase preliminare, il suo inizio, come i suoi taccuini, i suoi studi e disegni. Traccia delle piccole aperture in questi lavori, come si osserva anche in mostra, per poi soffermarsi, come bloccata, stretta da una costante griglia mentale. Le aperture sono assimilate dall’artista a delle finestre che si sovrappongono l’una con l’altra. Attraverso lo studio della quantistica – Serena Ciccone studia continuamente – satura completamente quello studio preliminare e arriva a una sintesi dello studio della meccanica. Se sappiamo che la teoria quantistica da per definizione una ricerca di una particella originaria che aggregata con le altre crea ramificazioni, strutture, in un momento successivo apprende che questo non è altro che la macro-visione di ciò che sono le installazioni. Il pattern che si vede nelle tele è visibile anche nel tulle, come un ingrandimento prodotto sul tulle. Di conseguenza intuisce che la stessa la stessa regolarità che le stava stretta diviene un’opportunità. Cercando di riprendere la fluidità dell’acqua della tempera arriva all’utilizzo del tulle che crea l’oggetto tridimensionale e quindi esce dalla bidimensionalità e dalla sovrapposizione di piani e cerca di dare volume e plasticità, senza abbandonare quell’idea di sospensione tra pieno e vuoto che il tulle, come tessuto nella sua sostanza, riesce a elargire alla percezione visiva con la stessa leggerezza situata nella bidimensionalità e quindi quell’armonia che c’è tra il quadrato in tela e lo spazio vuoto.

Questo rapporto non è scisso ma unitario nella sua ricerca. L’uso di un telaio permette la moltiplicazione estrema della cornice e quindi l’inquadramento dell’immagine che assume una tridimensionalità e quindi ogni facciata del parallelepipedo diventa un’immagine, sempre diversa e con una cromia mai regolare, composta secondo un ragionamento e modalità pittorici. La sua è un’intelligenza visiva. Prima costruisce il telaio, poi lo filtra con questo strato di tulle bianco, trasparente e riempie all’interno quell’essenza di vuoto che cerca di definire. Nel definire, gestisce alcuni lavori come molto concentrati e carichi, altri sempre più spogli. Sono quasi nervature che si intrecciano tra di loro, togliendo.

LC. Tuttavia, questa leggerezza che ingenera la materia del tessuto e sospende la pittura, all’interno dello spazio, non sottrae tale binomio che certamente non è sposalizio. È ossimoro cromatico, zona di fioritura di una varietà di cromie che sottende, unitamente e in una parte centrale non precisata, un punto scuro, in antitesi alla voluttà del colore.

GP. Nella psicologia della percezione, l’occhio tende a guardare, per contrasto, la cromia con luminanza maggiore. L’occhio, sebbene riesca a guardare nella dimensione totale dell’insieme l’immagine, unisce la visione macrocosmica a quella microcosmica, quindi il soggetto sarà sempre attratto dal punctum, come principio originario dell’immagine, in cui l’artista metaforicamente cerca di attribuire la zona in cui nasce l’implosione del colore. Il nero è ciò che per noi, più comunemente, è l’accezione del nulla, il vuoto, da cui esplode l’energia. Esplode quindi il tulle e la composizione e l’astrazione totale dell’immagine. Il germe è una gestazione, è un piccolo embrione che lentamente si sviluppa dentro uno scrigno che poi fa si che ci sia un’esplosione di energia che, a sua volta, viene raccolta e rinchiusa nel telaio della cornice. Questo elemento primario è sempre presente in tutte le installazioni della mostra. Rappresenta ciò che l’artista cerca, la definizione dell’origine.

Ciò che scientificamente genera tanto creazione quanto distruzione. Non sappiamo se dal punto confluisce il tulle o se dal tulle confluisce il punto. Si verifica continuamente questa complementarità e duplicità tra ciò che potrebbe essere ascensione e discensione che implodono e sono anche, contemporaneamente, irraggiamento, esplosione. L’estremizzazione di questo processo si percepisce attraverso il cambiamento del modo di posizionamento delle opere, prima affisse e ora disposte liberamente nello spazio. Lo spazio vuoto diventa così la cerniera tra quello che è dentro e quello che è fuori.

LC. Dunque “pupille dell’errore”, un errore che, tuttavia, nel caos, può generare vita, vuoto e pieno. Ritornando all’estetica concettuale del tessuto, come materia nell’ascensione, riconoscerei il tulle come elemento gassoso che si sviluppa nella salita.

GP. Il tulle è ammantato da molteplici significati. Con l’introduzione del fascio luminoso, l’occhio lo percepisce come sostanza gassosa, atmosfera, ma allo stesso tempo è elemento acqueo, in quanto allegoria della riduzione della pasta pittorica con l’acqua, come il diluente per l’olio, l’acqua per la tempera e per l’acrilico e si muove fluido all’interno delle strutture. Ed è anche la stessa struttura particellare perché la struttura del tulle allude allo scheletro delle particelle e alla struttura interna, come quella del DNA. L’occhio dello spettatore può essere tranquillamente ingannato e invogliato ad avvicinarsi e a focalizzare un solo frammento e facciata e cogliere, rispetto a un’altra, come il movimento ascetico muti in ognuna delle sei installazioni.

LC. Hai parlato di microcosmo e macrocosmo. Andando a fruire la visione, da una verticalità e da un attraversamento fisico a una prospettiva di osservazione dall’alto verso il basso, si percepiscono delle analogie strutturali nella disposizione degli elementi installativi. Il punto che si inserisce all’interno dell’opera sembra essere richiamato dal solido centrale, come amalgama di un’esplicitazione di senso di un sistema voluto.

GP. L’artista sceglie di disporre gli elementi in questa maniera, rompendo anche 14.41la regolarità della struttura della tela e il movimento. Il fulcro della visione, se si parla di alterazione percettiva, è nel quadro-elemento installativo piccolo che, essendo compresso nel suo spazio, irraggia maggiormente. È allusione del germe interno. È da questo piccolo formato che si genera, automaticamente, il dinamismo e il movimento degli altri. È una sorta di onda curvilinea che, dal cuore, irradia il suo movimento. E, come negli elementi naturali, a cui l’artista è legata, il bianco rappresenta l’etere, il rosso il fuoco e la terra, e l’azzurro l’acqua. È come se l’installazione più piccola fosse l’inizio di un mulinello. L’azione inizia dal centro e si irradia intorno, invadendo lo spazio. Il movimento curvilineo, sinusoidale, è racchiuso da questa estrema regolarità che la gabbia dello spazio contenitore genera, senza limitarla e costringerla. Entrando in questo cubo immaginario, tuttavia, non ho limiti, confini. E quindi si ritorna ad affermare il l’elemento di dimensione inferiore è analogo al germe.

LC. Da oggetto artistico come opera ad ambiente installativo che accoglie. All’interno della struttura diveniamo corpo-germe. Questo punto sospeso si lega al nostro moto nella realtà. Sorge il quesito. Si è spinti a chiedersi cosa afferisca all’individuo, in quel dato momento fruitivo.

GP. Nella fruizione, ciò che ci appartiene è proprio la sospensione, in cui è racchiusa l’energia ricercata. È un atto potenziale che vediamo espandersi, dilatarsi ma anche rinchiuso e congelato. È fondamentale ricordare che l’artista, pur venendo dalla pittura, scolpisce la sostanza. Si vede quest’energia fluttuare all’interno di questo perimetro ma che si sostiene da sola. Se il mio occhio annullasse completamente quel confine, quella sua gabbia, rimangono ugualmente queste sculture sospese nel vuoto e che si sostengono autonomamente. Ciò che rimane dal germe è quindi l’idea di non sapere se il germe è esploso o meno, o se continuerà a espandersi per poi diluirsi oppure se rimanere congelato. Sicuramente ciò a cui tende l’artista, è cristallizzare il vuoto, eliminando il reticolo-griglia dell’occhio, arrivando a una sintesi fluida, in cui l’energia è moto ondoso e caotico.

SERENA CICCONE | VUOTO FECONDO
curata da Giulia Pontoriero
20 – 26 aprile 2024
Spazio Hangar, Via Ernesto Nathan, 41- Roma
Visitabile su appuntamento, ore 16.00 – 19.30
Tel: +39 333 530 3330
e-mail: info@mysite.com
www.spaziohangar.net