Renato Guttuso e Ezio Pagano

Non avere l’idea di cosa sia un museo

Era il luglio del 1982, quando il perdurare della mala gestione del Museo Guttuso di Bagheria vide mobilitare alcuni amici di Guttuso, tra i quali il prof. Franco Lo Piparo, dell’Università di Palermo, nel tentativo di trasformare la donazione per il Museo civico in una fondazione; anche per sottrarla all’incuria della gestione comunale e renderla efficiente e funzionante. Quarant’anni dopo non si può dire che le cose siano cambiate in meglio.

Non mi piace tergiversare quando si può essere chiari in modo diretto senza dover spaccare il pelo in quattro. 
Questa riflessione ha come occhiello una frase che lamenta la cattiva gestione del museo di Bagheria, per non essere tacciato come l’unico che non ne condivide la gestione.  

A questo proposito mi chiedo: chi è stato l’esperto che ha deciso di frammentare il finanziamento della civica Galleria, realizzando tanti micro eventi locali al posto di un evento culturale di grande respiro, ad esempio una mostra di interesse nazionale. Dobbiamo per forza lasciare che questi termini: nazionale, internazionale, europeo, eccetera, vengano abusati solo dal politico di turno per millantare prodezze inesistenti del museo. Non sono bastate le feroci critiche sul precedente finanziamento milionario, dove anche in quel caso non c’è stato un nuovo evento culturale da fruire? È veramente difficile cambiare rotta abbandonando il metodo della quantità in favore della qualità? Ci vuole molto a capire che la cultura si fa con la qualità e non con la quantità, che se va bene è valida solo come metodo clientelare? Dobbiamo continuare ad assistere ad un museo dal nome altisonante, come quello di Guttuso, con attività organizzate alla maniera di un dopolavoro ferroviario?

In virtù di questi fatti al “Museo Guttuso” non si può che persistere nella critica negativa che lascia l’amaro in bocca, ancor più se si pensa ai tanti intellettuali affetti da presbiopia che non vedono il grosso macigno che incombe sulle nuove generazioni. La soluzione sta nella governance del “Museo Guttuso”, assente da troppo tempo, com’è assente il buon senso degli amministratori che predicano bene e razzolano male.

Dunque, per il buon nome di Guttuso è auspicabile la chiusura del museo, nelle more che la barca possa avere un timoniere capace di metterla al riparo, a meno che, non vogliamo riconoscere che nel 1911 don Gioacchino, padre di Renato, fu un profeta quando alla nascita del figlio disse che Bagheria non era degna di averlo come suo cittadino, andandolo a registrare per protesta all’anagrafe di Palermo.