“Dalla ‘Testa di Medusa’ di Caravaggio”, 1985. Olio su tela, Ø cm. 90. Collezione Museum Bagheria di Ezio Pagano

Guttuso come Warhol visse di scandali

Quando l’incanto è sinonimo di scandalo: “Il bosco d’amore” di Guttuso (olio su tela cm 300 x 410,5) del 1984, venduto all’incanto per 80.000 euro, vale almeno 2 – 300.000 euro.

Non si possono difendere le opere e la memoria di un grande artista come Renato Guttuso togliendo smalto alla sua figura e alterandone la biografia artistica e personale; la responsabilità è anche del Museo che porta il suo nome, che non ha mai eccelso nelle attività per valorizzare l’artista bagherese, accumulando errori. Uno degli ultimi errori è stato censurare il volto di Marta Marzotto nella grande mostra “Guttuso – Ritratti e autoritratti”.

Se si potesse tornare indietro aggiornando il periodo che va dalla malattia sino ai nostri giorni, sarebbe una manna dal cielo, pertanto non rimane che prenderne atto e rifare il racconto da dove Guttuso l’ha interrotto, raccontando i fatti per come sono, anche quando sembrano spiacevoli visto che per Guttuso non lo erano.

Per chi non l’avesse ancora capito, l’orientamento del mercato di Guttuso è legato anche a queste disfunzioni. Oggi le opere di Guttuso dovrebbero costare almeno il doppio di quanto si vendono, invece assistiamo alla vendita de Il bosco d’amore, un olio su tela di metri tre per quattro, a soli ottantamila euro. Con Guttuso in vita sarebbe costato almeno due – trecentomila euro (In barba a chi sostiene che quando un artista muore le sue opere valgono di più!).

Ora è vero che Guttuso non può tornare in vita, ma è pur vero che è possibile far salire i prezzi dei suoi dipinti. Come? Cominciando a riportare la sua biografia ad uno stato di verità realmente vissuta, facendo ricomparire nella vita di Guttuso le figure fondamentali di Marta Marzotto, Topazia Alliata e Carla Piro; rivedendo il suo rapporto col P.C.I. e con la fede cattolica; ma soprattutto tornando a far girare liberamente le sue immagini e quelle delle sue opere.

Questa rivoluzione accompagnerebbe il Maestro nel solco di Warhol, Dalì, Picasso, eccetera, ovvero verso il luogo degli dei, con ripercussioni positive anche sul suo mercato.

Riflessioni simile a questa sono state fatte da diversi intellettuali come Alberto Arbasino, che scrive: “Nella mostra per il centenario le opere del pittore rinnovano memorie che vanno oltre i tentativi di darne un’immagine edificante. (…) E non già provocatoria o trasgressiva. Nessuna sembianza di giovani donne amate, quindi, nemmeno incattivite con capelli-serpenti caravaggeschi da «Testa di Medusa», con rivali acchittati in giacchetta e cravatta e testa da scimmiotto…”. 

Ovviamente la citazione risulterà chiara a chi sa che la testa di Medusa è Marta Marzotto e la “testa di scimmiotto” è Lucio Magri, amante di Marta e rivale di Renato Guttuso.