Iginio De Luca
Iginio De Luca, Le voci di dentro, Mercati di Traiano, 2020. Ph. Fabio Caricchia

Iginio De Luca – Le voci di dentro. E fuori?! Il suono parlato e parlante

Le voci di dentro è un progetto ideato e realizzato da Iginio De Luca nell’ambito di Live Museum, Live Change, l’Atelier Museo Abitato dei Mercati di Traiano di Roma. La performance offre l’opportunità di una riflessione sul tempo, sulla tradizione come realtà sempre nuova, con la quale instaurare una relazione d’amore che scopra sonorità sopite e che ci riconnetta alla nostra memoria identitaria.

Dunque, non esiste una cosa chiamata silenzio.
Accade sempre qualcosa che produce suono.
John Cage

Iniziamo dal silenzio, mettiamoci in ascolto e, lentamente, ritorniamo alla memoria del tempo, il nostro. Un tempo ora sospeso che ci permette di focalizzare e rafforzare ancor più il senso di un reperto, come scoperta e acquisizione di una nuova consapevolezza di arte e vita. Ma torniamo indietro di qualche mese. A Roma è ancora inverno, in un assolato giorno di febbraio, quasi un preavviso di primavera, ai Mercati di Traiano – Museo dei Fori Imperiali ci immergiamo nella performance sonora Le voci di dentro di Iginio De Luca. Sembra siano trascorsi anni da quel giorno, quel 14 febbraio in cui l’artista, dopo alcuni giorni di residenza ai Mercati di Traiano, inaugurò con un progetto poetico e concettuale, gli Atelier d’arte di Live Museum, Live Change progetto di PAV, con la curatela di Francesca Guida, realizzato grazie alla collaborazione con Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. 

Le voci di dentro, ma poi cosa è successo…fuori? Altre voci hanno preso il sopravvento, siamo stati travolti da una silente e assordante pandemia. Catapultati in un presente remoto, quelle sonorità silenziose e nascoste nella memoria di reperti assopiti che l’azione di De Luca aveva riportato in vita, hanno iniziato ad assumere una valenza di senso oltre ogni immaginazione, il manifestarsi di un suono parlato e parlante. A seguito dei fatti emergenziali che ci hanno investiti, con l’artista abbiamo optato necessariamente per una pausa, un respiro consapevole per riflettere insieme, nel rispetto del tempo fuori e dentro noi stessi. Il comune silenzio ha nutrito nuove meditazioni che ci hanno condotto a risentirci in modo differente, a vedere questo scritto verso prospettive e visioni ben oltre la performance di un momento, certi che l’arte possa essere una via che illumini un cammino impervio. Abbiamo voluto approfondire alcune considerazioni focalizzandoci sulla pratica dell’ascolto alla quale il progetto di De Luca invita a porre attenzione, come anche una maggiore riflessione sul suono e soprattutto sul silenzio nel suo significato essenziale, citando John Cage, di rinuncia a qualsiasi intenzione.

Ora risentendo Le voci di dentro di De Luca attuiamo quel superamento temporale, oltrepassando la memoria di un luogo storico (I Mercati di Traiano). Quel reperto che vibra tra le mani dell’artista connesso a un passato archiviato, diviene più che mai contemporaneo, si muove simbolicamente per abitare spazi umani più intimi nei quali ritrovarsi ad ascoltare il proprio silenzio, un suono sconosciuto. Dall’esplorazione sensoriale e tattile con l’archeologia De Luca ci guida verso sonorità più profonde, la storia si fa presente attualizzando l’incontro di dentro con il fuori. Un nuovo modo di comunicare e relazionarsi che, in un clima di isolamento, risulta quasi necessario per educare all’ascolto emotivo di frequenze sottili, vibrazioni invisibili che non riusciamo più a percepire assuefatti da un inquinamento verbale sovraccarico di suoni assordanti.   

Le voci di dentro è un progetto oltre tempo, l’opportunità di una riflessione che rafforza l’idea di tradizione come realtà sempre nuova, alla quale rifarsi per poi trasmettere un nuovo messaggio che ci riconnetta alla nostra memoria storica. Le mani dell’artista sono in tal senso lo strumento relazionale di ricongiungimento a una dimensione più sensibile, il contatto con il reperto permette l’amplificazione di un suono impercettibile, un amplesso d’amore che riconduce l’uomo a sé stesso, allo stato primigenio. De Luca rende tale rapporto partecipativo attraverso la mediazione performativa che restituisce la voce al dimenticato e rende l’ascolto del silenzio determinante alla risonanza del processo creativo, attivando il risveglio di una consapevolezza sopita.

Iginio De Luca
Iginio De Luca, Le voci di dentro, Mercati di Traiano, 2020. Ph. Fabio Caricchia

Il progetto di De Luca permette di esaminare temi contemporanei inevitabilmente connessi all’uomo e al momento che stiamo vivendo.  Con l’artista abbiamo poi deciso di condividere alcune riflessioni sul tempo, il suono, il silenzio e la pratica essenziale dell’ascolto. 

Amalia Di Lanno In questo momento, a due mesi dalla tua ultima performance, senti che è cambiato il tuo rapporto con il silenzio, il suono e soprattutto il tempo in relazione con Le voci di dentro e… fuori?  

Iginio De Luca Oggi noi siamo il silenzio, quel suono sordo che ci attraversa e ci sospende a mezz’aria nel fermo immagine di un tempo infinito, dilatato, incredulo. Lo spazio assoluto ridisegna i contorni stranianti e cristallini di una città mai vista, sublime e tragica, aliena a se stessa prima che a noi. Mentre l’immaginario della nostra epoca si preoccupava di negoziazioni, legami e coesistenze, ora il caos e l’imprevisto impongono all’uomo altri verbi e altre forme. La nostra casa diventa metafora spaziale, allusione prospettica, trompe-l’oeil mentale che sconfina nei luoghi di sempre e ora rimpianti. Gli spazi comuni sottratti diventano surrogati domestici in scala, alterazioni proporzionali, slittamenti dimensionali che comprimono la memoria e l’immaginazione. L’attesa è un’apnea prolungata che colma ogni orizzonte, congela il presente, segna le distanze fisiche e verifica quelle affettive. È il momento della sottrazione e dell’assenza a cui ancora non sappiamo dare un nome, una fisionomia. La mia ultima performance è avvenuta il 14 febbraio ai Mercati di Traiano, a conclusione di una residenza durata una settimana. A ripensarla adesso sembra siano passate stagioni. È stata un’azione viscerale che traeva senso da una condizione che ora, paradossalmente, è la meno praticata: la vicinanza. Un contatto passionale con qualcosa che apparentemente ha poco di sensuale: i frammenti archeologici di età imperiale. Le superfici aspre e corrose di questi reperti sono state il pretesto tattile per creare un archivio sonoro, per catalogare in maniera intangibile queste presenze storiche. Un vocabolario illogico di voci sommesse, inquietanti, un alfabeto primordiale, misterioso, un dialogo tra marmi parlanti che rivendicano la loro anima e ne reclamano ancora la vita. Le voci di dentro, selezionate e organizzate come un flusso naturale di eventi, prima del blocco totale, avrebbero dovuto abitare lo stesso spazio servito a crearle in un’installazione sonora immersiva ma allo stesso tempo discreta e poco invasiva. A oggi queste voci vagano in attesa di una collocazione ma, inaspettatamente, rispecchiano perfettamente il mio presente emotivo fatto di ansie, clausura forzata, leggerezze, introspezioni drammatiche, speranze obbligate. L’eco della memoria si svela in nuove frequenze, attualizzando un momento quanto mai incerto e sospeso.

Amalia Di Lanno In questo periodo di isolamento ma, al contempo, di estrema ‘vicinanza’ digitale, quanto ritieni sia determinante l’educazione all’ascolto? In quest’ottica l’artista può stimolare frequenze sottili (?) e quali potrebbero essere le modalità di azione affinché si generi un processo educativo consapevole?

Iginio De Luca Predisporsi all’ascolto è la condizione primaria di un’artista ma direi anche del vivere. Problemi di qualsiasi natura, ciclopica o domestica, filosofica o spicciola, urlano prepotentemente la stessa forma d’amore mancante: l’attenzione. Come se, smarrito Copernico e i visionari dell’astronomia, fossimo ancora nell’era geocentrica e compulsivamente continuassimo a pensare di essere il perno dell’universo, senza mai alzare l’orecchio e puntarlo fuori, all’esterno. In un tempo di tragico resettaggio si ricalcolano drammaticamente gli itinerari futuri, pagando un prezzo globale per la sordità con cui abitiamo il mondo. Lo smarrimento di questi giorni è un foglio bianco, una stanza sgombra, un luogo di sottrazione che l’universo digitale non riesce a colmare, ci illude e involontariamente ne amplifica il vuoto. Mi vengono in mente John Cage e i suoi 4’33’’ di apparente silenzio, il tasto in modalità “rec” non per dire ma per udire, la vita che suona nella sua logica e spietata casualità. Un azzeramento acustico per un ascolto indiscriminato, imparziale e democratico, un suggerimento alternativo al reale esistente. In certi lavori mi piace farmi da parte e diventare ponte discreto, dare parola a oggetti e contesti, essere tramite sensibile poco invadente che connette territori inconciliabili e apparentemente distanti tra loro. Non sempre è bene aggiungere altre cose al mondo per citare il testo di Emanuela De Cecco e il confronto visivo e concettuale con i Mercati sarebbe stato per me certamente schiacciante. In questi casi il modo migliore per interagire è sottrarsi allo scontro e aggirare l’ostacolo senza ingombrare o inserire altro. Il suono è stato per me il canale vincente, alternativo, che si sottrae alla vista per generare linguaggi evocativi che negano l’apparenza. Questo il senso e le ragioni che mi porto dentro, anche in questi lunghi giorni che mi sorprendono confuso, provato, ma consapevole che l’uomo vive e metabolizza le circostanze problematiche che il presente gli offre e l’opera d’arte, la più sublime tra le metabolizzazioni, rappresenta un interstizio sociale e poetico, inutile o necessario, nella possibilità di creare significato camminando sui bordi dell’abisso. 

Lo sviluppo del lavoro di Iginio De Luca è documentato attraverso materiale video-fotografico, utile anche a livello didattico e per la creazione di workshop dove il tatto, il suono e la comunicazione non verbale saranno le fondamenta per dibattiti e ricerche. 

Live Museum, Live Change Iginio De Luca. Le voci di dentro

Mercati di Traiano – Musei Fori Imperiali, Via IV novembre 94 – Roma

Gli altri artisti e i rispettivi progetti selezionati tramite call pubblica.

Permesso di sosta e fermata – Sonia Andresano
Taccuini botanici – Gaia Bellini 
Via Auris – Claudio Beorchia
Dissezione Traiano – Corrado Chiatti e Mattia Pellegrini con i Nontantoprecisi
Il peso dell’effimera eternità – Fabio Pennacchia
Oltre la musica – Valerio Ventura (Menzione speciale per l’accessibilità)