Nicola Di Caprio – Sasa Na Kisha (now and then) 2022; 350x180x100 cm

Luogo

Galleria Giovanni Bonelli
Via P. Lamberteghi, 6 - Milano

Data

Apr 24 2024 - Mag 18 2024
Evento passato

Ora

19:00

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Mostra

NOT SO QUIET, PLEASE!

“Ovunque siamo ciò che sentiamo è soprattutto rumore. Se lo ignoriamo, ci disturba. Quando lo ascoltiamo, lo troviamo affascinante (…)”

John Cage, Silence, 1961

Era il 1952 quando il pianista David Tudor eseguì per la prima volta il brano intitolato 4’33’’ -poi rinominato Silent Piece– di John Cage. L’opera, che destò immediato scandalo, consisteva in una esecuzione silenziosa del pianista che rimase immobile per 4’33’’ davanti al pianoforte mentre la folla si scaldava e si agitava sempre più intorno a lui. L’intento di Cage era dimostrare che il “silenzio assoluto” non esiste proprio perché il rumore -anche nei contesti solitamente silenziosi- fa parte della vita e solo l’Ascolto ci permette di apprezzarne le “sfumature” sonore. Quest’opera rientrava in una più ampia indagine di Cage sulla natura del suono -e del silenzio- che lo porterà a rivoluzionare la musica contemporanea introducendo, tra gli altri, concetti quali “il caso”, “l’improvvisazione”, “i rumori ambientali” e a sperimentare per la prima volta la musica elettronica.

La galleria Giovanni Bonelli è lieta di ospitare nei propri spazi la mostra NOT SO QUITE, PLEASE! con opere di David Casini, Nicola Di Caprio e Jacopo Mazzonelli. Gli artisti coinvolti appartengono a tre differenti decenni ma hanno in comune un approccio solo apparentemente “silenzioso” alla musica e una impostazione decostruttivista rispetto alle sue differenti componenti.

Nei lavori di Nicola Di Caprio (1963), batterista ancora attivo che vanta anche incursioni nella videoarte, si trovano riferimenti visivi diretti al mondo delle percussioni -molto caro a John Cage- ad esempio nell’opera su carta Charleston trio, dove due dei tre fogli che compongono l’opera sono neri -come un intervallo o un “silenzio”, interrotto solo da alcuni “rumori di fondo” dati da spruzzi di vernice- mentre sul foglio centrale è raffigurata la silhouette del charleston (l’elemento della batteria) che si staglia su fondo oro, creando una efficace illusione ottico-percettiva. Decisamente più complessa, e più vicina al mondo dadaista che tanto affascinava anche Cage, è la semantica dell’opera Sasa Kisha Africa: costituita da un trittico a parete di fronte al quale è posizionata una scultura dalle fattezze africane su un piedistallo color blu elettrico. Il titolo in lingua swaili significa “di tanto in tanto” e rimanda ad una indicazione di tempo in una partitura, un ritmo da seguire, ma il riferimento alla cultura africana rientra nella ricerca di un linguaggio primigenio assoluto che già ai primi del XX secolo in arte era stato individuato in da Picasso in questa cultura e, successivamente, sarà ripreso negli anni Settanta anche in campo musicale. In un’altra opera una scritta in vernice nera su uno specchio riporta le parole I Zimbra, omaggio al singolo omonimo del gruppo americano Talking Heads del 1979 (album Fear of Music) – prodotto grazie a Brian Eno- dove una poesia dadaista dei primi del Novecento di Hugo Ball veniva ritmata trattandone le parole -rigorosamente inventate- come fossero una neo-lingua africana.

La musica è la chiave di lettura, rigorosamente personale, che prevale anche negli enigmi visivi di David Casini (1975) in mostra. Le opere selezionate sono come scrigni che contengono un mondo interiore minimo costituito da elementi sia metallici o minerali che organici (ricorre la frutta candita) che creano una coesistenza di temporalità differenti proposte secondo logiche associative di magrittiana memoria. I riferimenti alla musica -presenti nei titoli di tutte le opere- sono dati da piccoli ritagli o collage di copertine di album musicali particolarmente significativi per l’artista. Ad esempio nell’opera intitolata Anima latina è presente la copertina del vinile omonimo, del 1975, di Lucio Battisti mentre in Get Loose Now, singolo del 1989 dei 2 Live Crew, sono ritagliate come silouhettes in metallo le sagome delle quattro figure in copertina. Più decostruito invece il riferimento musicale nell’opera intitolata Orange Rolls, Angel’s Spit -titolo di una canzone del 1992 del gruppo Sonic Youth- dove il retro della copertina dell’album è qui rappresentato da pupazzetti tridimensionali -le cui foto erano sulla copertina- disposti su una lastra di vetro, chiaro riferimento al Grande vetro di Marcel Duchamp. Suggestioni visive, dunque, che rimandano a ritmi ascoltati e riascoltati nel corso degli anni, e che si riverberano negli occhi di coloro che ammirano i lavori di Casini cercando di leggerne le varie componenti tridimensionali lasciandosi sedurre dalla rigorosità delle linee, che rimandano a Piet Mondrian per l’attenta valutazione dei pesi delle diverse parti, associata ad una serissima giocosità degli accostamenti, figlia di un surrealismo di nuova generazione.

Jacopo Mazzonelli (1983), laureato in conservatorio, ha un approccio più concentrato sullo specifico lessico musicale e sulle potenzialità espressive degli strumenti -e delle loro parti- intesi come sculture autonome.

Nelle opere del ciclo Abracadabra l’artista interviene scomponendo le varie parti della tavola armonica di un pianoforte per ri-assemblarle in un quadro dove i differenti tipi di legno costituiscono una sorta di “paesaggio sonoro”. L’installazione non produce suono ma la parola Abracadabra, punzonata sul legno, è un vocabolo inintelligibile, tipico della magia mistica antica, ancora oggi usato -senza traduzione- in moltissime lingue come fosse una vibrazione arcana, una sorta di suono “puro” e universale. 

Una delle pareti principali della galleria è dedicata alla sua grande installazione dal titolo Finis composta da rulli originali per pianola meccanica ancorati al muro -quasi a poter idealmente continuare oltre la parete- come elementi di uno strumento immaginario più ampio, del quale ci è data visione parziale. Da lontano l’installazione ricorda, con le sue estremità circolari nere, il succedersi delle note su un pentagramma invisibile sul muro ma, avvicinandosi, la sensazione diventa quella di una scala (metaforica) verso un altrove che vede su ogni gradino la scritta “finis” che decreta, appunto, la fine del suono, il silenzio dopo l’esecuzione. Sarà lo spettatore stesso -seguendo l’idea di Cage- a riempire di “rumore” quello spazio acustico lasciato dall’installazione di Mazzonelli rendendola così, ogni volta, unica.

Come suggerito dal titolo, che ironizza sul motto “Quiet, please” utilizzato in sale da concerto e teatri per indurre al silenzio, la mostra si rivela tutt’altro che silente e si presta a molteplici letture arricchite dalla personale esperienza musicale di ogni visitatore.


NOT SO QUIET, PLEASE!
Opere di David Casini, Nicola Di Caprio e Jacopo Mazzonelli
Inaugurazione: mercoledì 24 aprile 2024 ore 19
Dal 24 aprile al 18 maggio 2024
Galleria Giovanni Bonelli | Via L.P. Lambertenghi, 6 – Milano

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