FEDERICA DI CARLO Volevo il sole#Because you will hurt me and I will hurt you#esperimento, 2022 digital photograph on Hahnemuhne Paper Ultra Smooth 20.5 x 30.75 inches 52 x 78 cm edition of 3 + 1 AP

Volevo il Sole | Intervista a Federica Di Carlo

Una mostra immersiva che omaggia una storica leggenda amorosa è visibile nello spazio romano di PostermastersROMA, sede italiana della storica galleria newyorkese.

Ambientata in un’atmosfera ultraterrena dai toni magenta “Volevo il Sole” di Federica Di Carlo (Roma, 1984 – vive e lavora tra Roma e Milano) offre al visitatore la possibilità di immergersi nella grande storia d’amore tra il Sole e La Terra dando luogo a un dialogo straziante, una pièce teatrale ove dramma, amore equilibri sottili aleggiano in ogni centimetro della galleria romana. Qui, le differenti opere ideate, i neon colorati ed il sottofondo sonoro danno origine ad un’installazione che coinvolge in toto chi vi entra rimanendone affascinato ed inglobato in questo gioco ove natura e uomo sono implicati, come ci insegna Lucrezio nel Rerum Natura o Leopardi nelle Operette Morali.

Durante l’opening il pubblico è stato invitato a collaborare alla performance dando letteralmente fuoco, attraverso un accendino, all’opera appesa ovvero uno pseudo-mappamondo-pendolo che nasconde in sé un piccolo giradischi: un’oggetto che funge da incipit della mostra, della storia raccontata e che tanto ci parla dell’investigazione dell’artista. Sulle pareti brevi frasi scritte a carbone sono l’invito a leggere il discorso amoroso tra i due astri personificati. Il tutto intervallato da immagini fotografiche che ritraggono dettagli di celebri divinità scultoree – come statue di Urana e di Apollo – che tengono in mano, attraverso delicati gesti, corpi celesti.  Scatti realizzati in alcuni musei europei – dal Louvre di Parigi ai Musei Vaticani di Roma, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli – prendono vita con calchi dislocati su piedistalli ricordandoci la semplice scommessa dell’umanità che da sempre cerca di scoprire cosa accade oltre il nostro pianeta ed è proprio questa curiosità che da sempre accompagna la Di Carlo nella sua pratica artista basata sulla collaborazione con gli scienziati e fisici di vari centri di ricerca internazionali.

Il presente progetto, a cura di Giuliana Benassi, nasce infatti grazie alla vincita dell’Italian Council (10a edizione) promosso dal Ministero della Cultura italiano, della durata di 18 mesi, che le ha permesso di seguire sul campo l’esperimento ITER  – il più grande esperimento di fusione nucleare al mondo – che ha come obiettivo la creazione di un sole sulla terra. È stata l’unica artista autorizzata ad entrare dentro il cuore del reattore nucleare dell’esperimento.

Ispirata da questo atto impossibile – l’idea di portare il sole sulla terra (1,3 milioni di volte più piccola), Federica Di Carlo ha realizzato quest’esperienza multisensoriale che può essere solo vissuta e non raccontata.

Per approfondire il progetto ho avuto il piacere di intervistare l’artista: Federica Di Carlo.

Maila Buglioni: «Con la mostra “Volevo il Sole” racconti la celebre storia amorosa tra la Terra ed il Sole col fine di collegare la tua ricerca artistica alla scienza, relazione su cui da sempre si basa la tua pratica artistica. La narrazione della fiaba antica è solo una scusa per immergere il visitatore in un mondo altro: quello della scienza e degli scienziati. Come nasce l’idea di creare quest’esposizione?»

Federica Di Carlo: «Volevo il Sole, come dicevi nasce quando sono stata ospitata in Francia all’interno dell’esperimento internazionale ITER, grazie all’Italian Council ho avuto il privilegio di estrare fisicamente dentro al cuore di questo sole artificiale. All’inizio credevo che mi sarei concentrata sulla spettacolarità di questa enorme fornace, un Colosseo in metallo brillante atto a contenere il sole. Ma poi visitandolo più volte e interagendo con le varie persone che ci lavorano, ho iniziato a cogliere sfumature invisibili: la speranza della riuscita da parte degli scienziati; la loro frustrazione legata alle tempistiche dettate dagli stati membri dell’esperimento che non corrisponde con i tempi della conoscenza; e soprattutto le tensioni tra i paesi partecipanti (Russia, America, Europa, Giappone). Ognuno di loro “vuole il sole” per una ragione diversa… Ma il retrogusto di questa azione così violenta e fisicamente fuori scala rispetto alle leggi naturali, – rendere il sole e metterlo sulla terra – svela la presenza di un’ombra di potere che silentemente ricompre gli equilibri tra tecnologia, scienza e natura e uomo. La mostra nasce dal desiderio di svelare le ombre, porsi domande sul nostro agire e sui sentimenti che ci accompagnano nel nostro fare quotidiano. Potrei dire che in realtà è una mostra travestita da storia d’amore ma che in realtà parla del concetto di potere, e di come la scienza è anche l’arte ne siano stati da sempre i principali strumenti.»

M. B.: «Obiettivo della mostra è, tuttavia, riflettere sul concetto di percezione. Nozione che si respira nell’open space di Postmasters ove tutto, dagli spettatori alle opere, sono immersi in una luce magenta che devia la visione di ciò che ci circonda, dagli oggetti agli esseri umani. Deviazione percettiva che disturba ma contemporaneamente invita a osservare la realtà qui riprodotta in modo differente così da sembrare di essere entrati in un laboratorio di esperimenti…Perché hai impiegato proprio questo colore che, come mi accennavi, non esiste?»

F. D.C.: «La luce intesa in maniera fisica e percettiva accompagna da sempre la mia pratica artista e spesso accade in maniera conscia ma soprattutto inconscia…ma esiste come un’apparizione. Per me manipolarla è una forma di svelamento e anche qui torna con questa funzione di alterazione percettiva. Volevo che lo spettatore si trovasse in una situazione di ambiguità sia nella dinamica del dialogo tra i due corpi celesti – quindi nel credere che fosse veramente un dialogo tra due innamorati – sia nell’esperienza percettiva in sé. Il magenta è una frequenza di luce che non appartiene allo spettro visibile ovvero non può essere decodificata dai nostri occhi che quando la incontrano non sanno di che colore è. Per questo motivo il nostro cervello per non farci sentire a disagio li riprogramma e gli dice di vedere quel “non colore” magenta. In mostra questa dinamica scompare nel momento in cui lo spettatore si trova al cospetto delle fotografie (stampante in color magenta, come in dittico all’ingresso della galleria), il loro magenta contro il magenta dello spazio distrugge questa illusione; piega il nostro sguardo a riprogrammarsi vedendole in altri colori – rosso, giallo-arancio- svelando così questo nostro limite che non è solo visivo ma conoscitivo.»

M. B.: «Come e quando nasce questa tua attrazione per la scienza?»

F. D.C.: «É legato al mio modo di guardare il mondo e di stare al mondo. Mi sono interrogata sin da bambina su questioni naturali, direi vitali, … Perché il mare fosse blue, o perché senza il sole tutto fosse buio… Per poi scoprire facendo domande ai grandi che spesso le risposte non corrispondevano o non mi soddisfacevano. Nell’arte come nella scienza trovato una corrispondenza di risposte e linguaggi per farlo. In fondo sia gli scienziati che gli artisti cercano capire le sfumature di questa cosa straordinaria che è la vita.»

M. B.: «Accompagna la mostra un piccolo catalogo in cui è riportato, in tre atti, il dialogo tra il Sole e la Terra. Mi dicevi che in futuro vuoi proporlo come performance.. »

F. D.C.: «Il concepimento del lavoro a 360° è la costruzione di un mondo nel quale vivere l’arte, ed in questo non amo legarmi agli oggetti come elementi morti fissi, ma come dispositivi attivabili. Ho scritto per un anno il dialogo tra il Sole e l’umanità, all’inizio come se fosse una sorta di schizzo che mi aiutava a pensare al progetto in forma installativa, finché è diventato a tutti gli effetti parte fondamentale della mostra. Le frasi sono costruire volutamente con ambiguità e banalità per far credere allo spettatore di star leggendo le parole di due innamorati che si stanno lasciando. In realtà, nascono con l’idea di essere performante da due attori assieme al corpo lavori con i quali interagire – come con il mappamondo rotante.  Nel contesto di galleria, abbiamo deciso di lasciarle solo come traccia sulle pareti. Inoltre ti svelo che tra le varie frasi, ho nascosto e riadattato in prima persona delle affermazioni degli scienziati con cui mi sono confrontata sul tema del potere scientifico in relazione all’uomo e alla natura.»

M. B.: «Qual è il tuo invito nei confronti dell’osservatore? Cosa ti aspetti che gli permanga uscito dalla mostra?»

F. D.C.: «La questione non è spiegare la scienza, la questione è ricollegarsi agli equilibri del mondo. Il mondo come i sentimenti non è a compartimenti stagni anzi, ogni cosa sfuma nell’altra e la influenza. Vorrei che lo spettatore tornasse a casa avendo ricollegato qualcosa di sé al mondo che gli è presentato. E che magari partendo da sé si possa interrogare su scala più grande. Non siamo né ospiti né i padroni della terra, siamo terra.»

M.B.: «Progetti futuri? Puoi anticiparci qualcosa?»

F. D.C.: «Il 22 aprile inaugurerò un solo show dentro Villa Galileo, la casa dove è morto Galileo e dove ha scritto il libro sidereus nuncius che ha cambiato le sorti del mondo. Il progetto è a cura di Valeria D’Ambrosio e in collaborazione con i centri di ricerca scientifica del colle di Arcetri (GGI, INAF,) che per la prima volta aprono al pubblico la villa finalmente restaurata. Posso dirti che chi la visiterà potrà vivere la Morte di una stella live. Il 27 aprile invece faremo una tavola rotonda al MAXXI con scienziati e addetti dell’arte contemporanea sul mio progetto di ricerca “Ti guarderò Bruciare” vincitore dell’Italian Council (x edizione). Trarremo le conclusioni dei 18 mesi di ricerca che mi hanno permesso di trascorrere tempo sui due esperimenti complementari, appunto Iter (il sole sulla terra nel sud della Francia) e Laser Guide Star (la costruzione di una stella in cielo, presso l’osservatorio astronomico dell’isola La palma, canarie). Parleremo di come ho scelto di restituire questa esperienza del “prendo dal cielo e metto in cielo” che alla fine ho capito tramutarsi in un futuro film, del quale faremo vedere il tieser www.tiguarderobruciare.com»

“Volevo il Sole” di Federica Di Carlo                         

A cura di Giuliana Benassi

Photo credit: Giuliano Del Gatto

fino al 03 marzo 2023

PostmastersROMA

Via Giovanni Mario Crescimbeni, 11 – 00184 – Roma RM

Tel: +39 375 5736941 – +39 340 2960357

email: roma@postmastersart.com

website:http://www.postmastersroma.com/

Maila Buglioni

Storico dell’arte e curatore. Dopo la Laurea Specialistica in Storia dell’arte Contemporanea presso Università La Sapienza di Roma frequenta lo stage di Operatrice Didattica presso il Servizio Educativo del MAXXI. Ha collaborato con Barbara Martusciello all’interno dei Book Corner Arti promossi da Art A Part of Cult(ure); a MEMORIE URBANE Street Art Festival a Gaeta e Terracina nel 2013 e con il progetto Galleria Cinica, Palazzo Lucarini Contemporary di Trevi (PG). Ha fatto parte del collettivo curatoriale ARTNOISE e del relativo web-magazine. Ha collaborato con varie riviste specializzate del settore artistico. È ideatrice e curatrice del progetto espositivo APPIA ANTICA ART PROJECT. È Capo Redattore di Segnonline, coordinando l'attività dei collaboratori per la stesura e l’organizzazione degli articoli, oltre che referente per la selezione delle news, delle inaugurazioni e degli eventi d’arte. Mail eventi@segnonline.it