Carlo Rambaldi. © Fondazione Culturale Carlo Rambaldi Foto © Antonio Idini

Un discorso sul corpo: Sublimi Anatomie e La meccanica dei Mostri, da Carlo Rambaldi a Makinarium

L’offerta espositiva museale romana riesce a raggiungere gradi di eccellenza, nonostante una generale esiguità di mezzi che colpisce il settore culturale. Fare tantissimo avendo a disposizione il minimo, ma servendosi del massimo delle competenze. Una schiera di curatori preparati, bravi.

E’ proprio il gusto per il discorso filologico il primo dato che si ricava dai due progetti presentati a Palazzo delle Esposizioni per la stagione in corso: Sublimi Anatomie a cura di un gruppo composto da Andrea Carlino, Philippe Comar, Anna Luppi, Vincenzo Napolano, Laura Perrone; e La Meccanica dei Mostri-Da Carlo Rambaldi a Makinarium, a cura di Claudio Libero Pisano.

Le mostre articolate sui tre livelli dello spazio sono incastrate in un certo senso fra loro, in un percorso estremamente ricco e perfettamente risolto, stante la quantità di materiale proposto e l’eterogeneità dei lavori. Il perno ideale in questo complesso macchinario potremmo trovarlo in ciò che lega l’uomo alla natura, ovvero ciò che l’arte imita, la scienza indaga, la storia cerca. Con Sublimi Anatomie nei grandi ambienti al piano terra si snoda la storia del corpo, osservato attraverso l’arte e la scienza, con una quantità di oggetti di grande valore storico, scientifico e artistico. Anche la scienza ha una sua estetica del resto, e ci offre nel tempo le sue “opere”. E così i manichini anatomici ottocenteschi realizzati in cartapesta da Louis Thomas Jerome Auzoux, le tavole stampate in quadricromia da Jacques-Fabien Gautier-Dagoty o le ceroplastiche di Filippo Pacini si innestano in un flusso quasi indistinguibile con i lavori di artisti contemporanei, come Berlinde De Bruyckere, Birgit Jürgenssen, Chen Zhen, Dany Danino, Dennis Oppenheim, Diego Perrone, Ed Atkins, Gary Hill, Gastone Novelli, Giuseppe Penone, Heidi Bucher, John Isaacs, Ketty La Rocca, Luca Francesconi, Marc Quinn, Marisa Merz, Michaël Borremans, Pino Pascali, Sissi, Yvonne Rainer.

I corpi, la pulsione creatrice che trasforma la materia, la nascita e la morte: tutto è organico, genitale, riproduttivo e questo principio sembra fluidificare i nessi di quello che vediamo esposto. E che sia scienza o arte poco importa. Il punto è far emergere attraverso la perizia espositiva un dato, ovvero quanto ovvio sia il possibile rovesciamento di tutte categorie interpellate una nell’altra: la materia, la fisica, l’anatomia, l’arte, la scienza. E di quanto le discipline, e gli ambiti disciplinari possano finire per confluire tutti sotto la logica di un criterio estetico. Un cosmo sapientemente ordinato dalla disposizione degli oggetti selezionati, dove l’uomo nel suo operare esprime solo una variante di uno stesso principio, che ha la stessa andatura, la stessa linea di ogni cosa che vive. Su tutto aleggia una specie di tensione scenica, appoggiata sui sontuosi ambienti del palazzo progettato da Pio Piacentini nel 1877, con volte monumentali, saloni disposti simmetricamente, e una rotonda al centro trasformata in un grande teatro anatomico, con palchi e gradinate, dove posano modelli per il disegno dal vero. Un luogo che ospita delle sessioni di studio, dei laboratori secondo un calendario molto qualificato di docenti provenienti dallo IED e dall’Accademia.

Ai piani superiori è il lavoro di Libero Pisano insieme al gruppo di Makinarium. Qui il talento consiste nell’aver trasformato il tributo a uno dei più grandi geni del Cinema, l’italiano Carlo Rambaldi, non in un macchiettistico e trionfale percorso celebrativo. Ma in una riflessione profonda, lenta, che usa la storia sia come canone scientifico che estetico. Rambaldi dopo aver lavorato con i più importanti registi italiani dalla metà degli anni ‘70 si trasferisce negli Stati Uniti, dove collaborerà con i maggiori registi americani, Steven Spielberg, Ridley Scott, Oliver Stone, Andrzej Zulawki, David Linch. E’ grazie a queste straordinarie prove che vincerà i tre premi Oscar presenti nel percorso – quello per i migliori effetti speciali in Alien nel 1979, lo straordinario E.T. nel 1982, e l’Oscar Special Achievement Award per gli effetti visivi di King Kong nel 1976.

Tutto questo viene ricostruito con un’elegante e intelligente strategia documentaristica, un lavoro  la cui perizia soddisferebbe le esigenze dei più eminenti ricercatori. Ma la storia in questo progetto non è solo metodo. E’ anche “processo”, azione fisica degli elementi sulle cose, consumo dell’oggetto nel tempo. In quest’ottica gli immensi idoli del cinema, i mostri della nostra infanzia, le creature di Rambaldi – King Kong, E.T, Alien – più di cento opere tra inediti e materiali originali – ci vengono restituiti in  una funzione nuova. Sono apparizioni, fragili sembianze quasi processate dal nostro stesso “toccare”. Con le mani, lo sguardo, il ricordo e le emozioni provate nella visione schermata, e parallela, del racconto cinematografico apparso un giorno della nostra vita, nel buio di una sala di proiezione.

Il luogo evoca quasi un reliquario, un sacello di eroi immortali custoditi a memoria dell’antico. Il senso è quello di un’archeologia familiare, che diventa incredibilmente dilatata in uno spazio astratto, eppure prossimo, dove le opere sono a portata dei nostri corpi, vicini, e senza quasi schermature questa volta. Un’archeologia che fa atterrare i testimoni del mito in mezzo a noi, ma per tornare nella forma dell’oggetto ritrovato, disseppellito dal tempo. La mostra emerge da un contrasto di grandezze. Da un lato la statura poderosa di quei colossal, le immagini che hanno inondato il pianeta e strutturato la nostra memoria, dall’altra la delicata e poetica apparizione delle fragili spoglie, dei resti sacri.

In questa storia c’è una biografia enorme, quella di Rambaldi, espressa nella forma di una gloria silenziosa. Restituita attraverso le mani del tempo, il respiro dei corpi, le esalazioni delle carte e dei relitti. Gli organismi meccanici che si scarnificano fino a raggiungere l’osso. E deperiscono, si sacrificano, per farci vedere la loro intima sostanza. La meccanica che fa mostra di sé, dell’ingegno che ne indaga i segreti. La meccanica quindi si accosta all’anatomia come anima della materia, di tutta la materia possibile, che con il suo “peso” altro non è che lo spirito del mondo. La logica che fa muovere le cose, che crea lo spazio, il tempo e noi stessi. Il demone che si trasmette nel genio dell’artigiano. Rambaldi, il fabbricatore di mondi e di giganti immortali. Così scorriamo appunti schizzati, bozzetti, disegni, ripensamenti e teche trasparenti dove riposa E.T., la testa di Alien, uno storyboard, fotografie, filmati, gli Oscar. Tutto messo rigorosamente in ordine, in uno schedario puntuale che ci porta dal Pinocchio di Luigi Comencini realizzato in meccatronica; passando per la suggestiva schiera dei soldati alieni nel film cult Barbarella di Roger Vadim; fino all’enorme braccio meccanico di Kong, a grandezza ”naturale”, con quella immensa mano che sostenne il sinuoso e sensualissimo corpo dell’indimenticabile icona del cinema Jessica Lange, in una delle scene più eroticamente e ironicamente imbarazzanti di sempre. L’amore impossibile di Kong per Jane.

Un ribaltamento delle opere nel loro valore concettuale, allusivo proprio a questa dimensione estetica dell’arte, pure se parliamo di tecnica, pure se parliamo di cinema nella sua massima espressione. Dove le realtà fantastiche e alternative create da una intelligenza sublime ma perfettamente umana, diventano corpi, anatomie presenti non più immagine. I curatori del progetto servendosi di molto materiale privato di Rambaldi, riescono a compiere attraverso il percorso espositivo un rituale catartico. Caricando gli oggetti di una forte dimensione mnemonica e al contempo mettendone in risalto la dimensione puramente materiale dove il singolo pezzo della creazione, ciò che ne resta, è quasi isolato e catalogato come un reperto di un museo delle scienze.

Ed è in questa ottica carnale, scientifica o pseudo scientifica, di mostre che si riversano una nell’altra che va intesa questa operazione a Palazzo delle Esposizioni. Un viaggio nella liturgia del segno, di ciò che è sacro e animale, che col suo soffio tutto può far respirare, anche una pietra.

Sublimi Anatomie

a cura di: Andrea Carlino, Philippe Comar, Anna Luppi, Vincenzo Napolano, Laura Perrone

Dal 22 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020

La meccanica dei Mostri, da Carlo Rambaldi a Makinarium

a cura di Claudio Libero Pisano

Dal 22 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020

Palazzo delle Esposizioni

Via Nazionale, 194 – 00184

website: www.palazzodelleesposizioni.it