Al centro, Sabrina Bartolozzi

Berlino, una città che dà spazio. L’esperienza di Sabrina Bartolozzi

Sabrina Bartolozzi è un’artista che vive e lavora a Berlino. Nasce principalmente come scrittrice, ma la sua creatività la porta a sviluppare progetti artistici che toccano varie discipline, tra cui l’illustrazione.

La poetica di Sabrina Bartolozzi nasce principalmente dal forte legame con la parola, con il testo scritto. I suoi studi in Letterature Europee le permettono fin da giovanissima di vivere a pieno l’idea di Europa e di considerarla un po’ come “casa”, spingendola fin da subito a partire e proseguire l’università all’estero con un master e poi, successivamente, con un dottorato.

Nasce come scrittrice, ma i suoi interessi artistici la portano a sperimentare anche altre discipline, in particolare l’illustrazione. I suoi disegni, però, non sono mai separati dalla scrittura, la parola ha un ruolo fondamentale in tutte le sue creazioni, che sia un piccolo testo di accompagnamento o anche solo un titolo. 

Nata ad Ancona nel 1986, cresce e frequenta le scuole a Roma. Nel 2009, in Erasmus, si trasferisce a Berlino per la prima volta. In quell’anno si innamora della città e decide di tornare definitivamente nel 2012. 

Valeria Todaro: Cosa ti ha colpito di Berlino tanto da decidere di trasferirti definitivamente?

Sabrina Bartolozzi: Il mio desiderio di viaggiare è sempre stato forte. Fin da piccola chiedevo continuamente ai miei genitori di andare all’estero. Per Berlino, in particolare, ho sempre avuto una sorta di fascinazione, la conoscevo attraverso i racconti di mia cugina che ci aveva vissuto. Fino ad allora però esisteva soltanto nella mia immaginazione, non potevo assolutamente sapere cos’era effettivamente Berlino.

Una volta arrivata, la primissima sensazione è stata quella di essere a casa. Per questo motivo dopo qualche anno sono tornata, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ero “tornata a casa”, appunto. C’è da dire che io ho vissuto una Berlino nel 2009 in continuo cambiamento, un posto completamente diverso da adesso. Ora ci sono sicuramente cose negative, come la gentrificazione. Non per fare la nostalgica, ma allora era più “vera” e l’impatto, almeno per me, è stato sorprendente.

Berlino rappresenta un posto dove la tua non conformità, la tua “anormalità”, è in qualche modo ordinaria. La sensazione che hai quando vieni a Berlino, soprattutto se sei un po’ stravagante, è quella di essere a casa. Io personalmente ho tirato un sospiro di sollievo. Non mi sento di dovermi reprimere in nessun modo qui, soprattutto per quanto riguarda l’arte.

V.T.: Quando è cominciato il tuo approccio al mondo dell’arte?

S.B.: Il mio percorso artistico nasce già in Italia. A Roma facevo parte di un gruppo in cui organizzavamo spesso eventi con musica, arte ecc. Lavoravo anche in una scuola di cinema per dei cortometraggi. Ci tengo a precisare che nasco come scrittrice, per cui tutto quello che viene dopo non funziona mai senza la scrittura. 

V.T.: Qual è il tuo ultimo progetto? Da cosa nasce e in cosa consiste?

S.B.: Il mio ultimo progetto, intitolato “Animali Insistenti”, nasce dal dottorato sulle figure mostruose nella letteratura del Rinascimento. Più precisamente nasce dalla locuzione latina “iungentur jam grypes equis” (unire i grifoni ai cavalli) che venne usata per la prima volta da Virgilio per esprimere impossibilità e incongruenza. Col tempo divenne un’espressione proverbiale e, approdando nel Cinquecento, arrivò fino a Ludovico Ariosto che diede i natali alla più insistente delle creature: l’Ippogrifo. Durante il mio lavoro di ricerca, ho avuto modo di studiare moltissime creature fantastiche, bizzarre e immaginarie, all’epoca considerate realmente esistenti. Da lì è partita l’idea di ricreare una sorta di “bestiario moderno”, di creare un legame inscindibile tra immagine e testo: gli Animali Insistenti (e non inesistenti!) nascono da giochi di parole, frasi idiomatiche e immagini fantastiche e si trasformano in rappresentazioni poetiche incongruenti. L’intenzione è quella di produrre un effetto insistentemente illusorio, paradossale e ironico. Le illustrazioni sono fatte a china, mentre il testo scritto è battuto a macchina.

Come in ogni aspetto del mio lavoro, la parola gioca un ruolo fondamentale. Tutti i giochi di parole sono scritti in italiano e sono principalmente intraducibili, proprio perché il modo in cui riesco a “manipolare” la lingua italiana creando diverse interpretazioni non avrebbe mai lo stesso effetto tradotto in un’altra lingua.

V.T.: Hai mai esposto il tuo progetto?

S.B.: Recentemente, nel mese di agosto, ho esposto gli Animali in una galleria di Berlino, The Ballery, che dà molto spazio ad artisti locali. Però non è stata la mia prima mostra. Prima di Berlino ci sono state due mostre a Lisbona, una nel dicembre 2019 e l’altra nel marzo 2020, in due posti diversi, in cui ho presentato il progetto degli Animali insieme ad un gruppo, fondato da me insieme ad Andrea D’Angelo, chiamato “Gli Indecisionisti”. Successivamente ho esibito anche alle 48 ore Neukolln. Sicuramente ci sarà presto anche un’esibizione in Italia, a San Benedetto del Tronto.

V.T.: Non hai mai pensato di tornare in Italia? Quali sono le motivazioni che ti spingono a rimanere a Berlino?

S.B.: Non ho particolari motivazioni. Amo tantissimo l’Italia e la sento sempre mia, come ho detto non riesco a staccare la mia penna dall’italiano, dalla mia lingua madre. Non so se tornerò in Italia, ma per ora sto bene qui. La mia non è stata una fuga, ma più un’esplorazione. Non mi sono mai posta il problema del ritorno in Italia. Penso che quando senti il bisogno di andare da qualche parte ci sia sempre un motivo di fondo. Invece, ogni volta che partivo avevo sempre in mente l’idea che sarei tornata a Berlino.

V.T.: Quali sono, secondo te, le differenze maggiori tra il contesto culturale berlinese e quello italiano? Come accoglie la Germania gli artisti rispetto all’Italia?

S.B.: Immagino che tante cose in Italia siano più difficili. C’è da dire che sono partita anche relativamente presto, prima di rendermi effettivamente conto di cosa significhi essere artista in Italia. Quello che so è che in Germania esistono diversi fondi e supporti per tutti coloro che intraprendono la carriera artistica. Un esempio è la Kuenstlersozialkasse. In Germania esiste questa cassa per gli artisti, valida per diverse forme artistiche, che ti aiuta a livello di sanità e previdenza sociale, a mo’ di aiuti governativi. Poi ci sono tantissimi altri progetti finanziati dal Senato, a livello di promozione artistica. Berlino è una città in continuo fermento sotto questo punto di vista.

Devo premettere che io ho sempre fatto molta fatica a fare qualcosa legato all’arte con l’idea di guadagnarci soldi. Non riesco ad immaginarmi qualcosa che possa poi generare un guadagno. Il bisogno principale per me rimane sempre la capacità di riuscire a esprimere qualcosa. Per me è difficile concepire un progetto pensando a come lo potrebbero recepire gli altri.

Sarei felicissima se non dovessi avere a che fare per niente con il lato economico. Per me il discorso dei finanziamenti è estemporaneo: quante Guernica ci sono nel mondo e quanti pezzi da 500 euro? I soldi sono talmente tanti. Sono altre le cose importanti che mi fanno scegliere Berlino piuttosto che l’Italia. E tra queste cose, lo spazio, la voce e l’apertura che trovi a Berlino non li ho visti in Italia. Ecco, direi che è proprio una questione di spazio. Lo spazio della città, lo spazio riservato all’arte. Non devi essere un artista quotato per farti conoscere e per far apprezzare la tua arte. Berlino è una città che ti dà spazio. 

V.T.: Se Berlino dà spazio, cosa pensi abbia l’Italia invece da offrire ad un artista? Pensi siano necessari cambiamenti al nostro Paese?

S.B.: L’Italia ha tantissimo da offrire. È un paese dalla bellezza mozzafiato, ma cosa ha l’artista da offrire all’Italia? Ognuno deve circondarsi degli stimoli di cui ha bisogno. Magari una persona diversa da me a Berlino si troverebbe male. Se l’Italia necessita un cambiamento, è dare più spazio alle nuove voci. A Berlino quello che manca è il retroterra artistico che invece ha l’Italia. In Italia c’è tanto, ma dipende tantissimo da cosa sta cercando l’artista. Quello di Berlino è stato per me un ambiente che mi ha accolta e mi ha abbracciato, mentre a Roma mi sono sempre sentita un “pesce fuor d’acqua”. Questa liberazione di sentirmi finalmente normale nell’anormalità mi ha convinto subito. Mentre in Italia devi costantemente sforzarti di apparire in un certo modo, qui puoi essere chi vuoi. Anche se poi ripeto, a me gli stimoli vengono dappertutto, ma so che avrò sempre un posto dove posso essere chi voglio.

Diciamo che nel mondo ci sono concentrazioni di città che favoriscono la vita un po’ bohémienne, come Parigi o Berlino. Roma forse è un po’ più concreta. Ma lo vedi anche con la scrittura, è difficilissimo pubblicare in Italia se non sei già affermato. Si ritorna al discorso economico che secondo me rovina l’opera d’arte, la priva di valore. Se ciascuno pensasse sempre a cosa potrebbe piacere agli altri, a quali e quante possibilità di riuscita potrebbe avere, non andrà mai da nessuna parte. Oppure si finisce per trasformare l’opera in un prodotto di massa. Ecco, forse questo forse manca in Italia, un fenomeno esteso ma di nicchia che permetta a tutti di esprimersi. 

V.T.: Hai qualche consiglio da dare a chi vuole intraprendere la carriera artistica in Italia?

S.B.: Penso che qualsiasi percorso sia soggettivo. Il mio consiglio è non arrendersi mai ai primi ostacoli. È difficile solo se lo si guarda sotto un determinato punto di vista. Il motivo per cui ho continuato a fare imperterrita quello che faccio è che per me è sempre stata una cosa vitale. Scrivere per me è come respirare. Non ce la faccio a smettere, pur non vedendo spesso un tornaconto economico. Berlino mi ha aiutata a vedere che ci sono altre persone che continuano a fare quello che fanno, anche senza nessun riconoscimento. Senza puntare ad un apprezzamento esterno esteso, bisogna continuare a fare quello che fai (o qualcos’altro).


Animali Insistenti, Il pesce sgombro, Sabrina Bartolozzi
Animali Insistenti, L’elefante nella stanza, Sabrina Bartolozzi
Sabrina Bartolozzi

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