Roberto Ghezzi, The Greenland Project, 2022

Cianotipia e ghiacciai. Il progetto di Roberto Ghezzi in Groenlandia

È rientrato in Italia da pochi giorni l’artista Roberto Ghezzi dopo una residenza di circa un mese in Groenlandia. Il progetto tra arte, scienza e sostenibilità ha permesso all’artista di indagare il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai. Gli appunti personali che riportiamo raccontano questo viaggio di ricerca che ha condotto a interessanti scoperte rilevate attraverso la cianotipia, antico metodo di stampa fotografica.

Per cambiare modo di vedere le cose, bisogna innamorarsi.  Allora la stessa cosa appare del tutto diversa.

James Hillman, Il codice dell’anima

Si legge di Amore nel taccuino dell’artista Roberto Ghezzi, rientrato da pochi giorni in Italia dopo una residenza di circa un mese a Tasiilaq nella Groenlandia orientale. Ed è forse il bisogno d’amore il motore primo di un progetto tra arte, scienza e sostenibilità che Ghezzi ha voluto fortemente realizzare, sempre in linea con il suo modus operandi, per studiare e indagare uno dei fenomeni più attuali, lo scioglimento dei ghiacciai e la relazione uomo-ambiente in una chiave artistica unica. Partito a metà giugno dall’Italia l’artista ha iniziato un viaggio di ricerca da cui è tornato con interessanti scoperte, oltre a un bagaglio emotivo arricchito da esperienze straordinarie.

Ma lasciamo che siano le opere e le sue stesse parole a guidarci in questo percorso fatto di disegni e appunti, immergiamoci nell’umanità di un diario che racconta di arte, vita e continua ricerca.

È tempo di partire…

Tasiilaq è davvero un luogo ai confini del mondo. Stretta tra una baia e lo sconfinato mar glaciale artico, un pugno di case nella natura più estrema che io abbia mai visto.
Nessuna acqua corrente nelle case, nessuna linea a pochi km dal villaggio, nessuna strada oltre l’ultima casa. 
Se devi uscire per qualche giorno è bene portarsi un fucile per gli orsi bianchi.
Ho trascorso i primi giorni a studiarmi il territorio, conformazione, possibilità, ecc..
Ho parlato a lungo con Robert degli icebergs. Lui mi racconta storie fantastiche del ghiaccio. Dei suoi colori, dei suoni, dell’aria che intrappola quando si crea, chissà quanti anni fa..e che poi a contatto con l’acqua salata esplode, rompendo gli  icebergs. 
Mi parla del profumo del ghiaccio, di icebergs che compiono il giro della Groenlandia più volte e di altri che arrivano dal Canada. 
Storie incredibili e reali, misconosciute a molti e forse ai più. 

Poi ho individuato una zona a sud della baia dove la corrente trasporta i colossi di ghiaccio verso la costa e con la bassa marea emergono. 
Incredibile osservarli così da vicino tutti emersi, vederne la morfologia, i colori, profumano davvero. Hanno parti levigate e parti farinose, caverne interne, gusci e mitili intrappolati chissà da dove e da quando.

Dopo averne disegnati e osservati e descritti un bel po’, inizio a procedere con le cianotipie. 
Le realizzo lungo la costa ghiacciata, una dopo l’altra, così da restituire lo scioglimento e la morfologia dello stesso, le tempistiche, le dinamiche, si un tratto continuo. 

Le ciano restituiscono visivamente il fenomeno, perché utilizzando un sistema che andrebbe contro la tecnica classica che prevede la asciugatura dei supporti prima delle impressioni riesco tuttavia a “fotografare” lo scioglimento in fieri, le traiettorie dei flussi d’acqua e la velocità in un determinato tempo. 
Sono tutte esposizioni da 15 minuti, alla stessa ora ( 10-12 del mattino) nello stesso luogo con la stessa carta. 
La velocità di scioglimento del ghiaccio è impressionante. 

Dopo le prime cianotipie mi prendo due giorni di pausa per addentrarmi nella Groenlandia interna, con tenda e fucile. 

Credo che a tutti gli uomini della terra dovrebbe essere consentito il diritto, e ad alcuni imposto il dovere, di vedere tutto questo. 
Almeno una volta nella vita. 

Perché – parafrasando Hillman- bisogna innamorarsi per cambiare le cose. Prima che sia troppo tardi.

Per adesso è tutto 
R

Roberto Ghezzi, The Greenland Project, 2022. Courtesy the artist

Gli Inuit chiamano l’isola più grande del mondo Kalaallit Nunaat. Terra Bianca. Una superficie di 1.177.000 chilometri quadrati, di cui il 95 per cento sono ghiaccio. La neve si accumula congelandosi e ricongelandosi su questa cupola bianca da così tanto tempo che la sommità dell’inlandsis tocca i 3352 metri e il suo peso ha spinto il suolo a 360 metri sotto il livello del mare. Se la calotta glaciale si sciogliesse, avremmo un’altra baia di Hudson. G. Ehrlich, Un freddo paradiso

Dal mio diario di lunedì sera

Di compleanni e solitudini assolute…

Domani parto per una lunga escursione nell’interno.

Voglio festeggiare così, anche stavolta.

Niente linea, niente case, niente strade, neppure sentieri. Soltanto me e la terra bianca.

Prima di partire Robert Peroni mi

ha dato un suo fucile, come deterrente per gli orsi bianchi che girano qui.

Io non vado neppure a caccia..

Ha detto” devi portarlo!”

E poi alcune istruzioni di base.

“Se si avvicina a 10 metri, spara la pallottola verde, in aria, dovrebbe scappare. Se non scappa, si abbassa e viene verso di te, spara la pallottola rossa”.

Non in aria, credo…

Comunque, per il momento, niente orsi ma una bellezza che tutti gli Uomini dovrebbero vedere, almeno una volta nella vita.

Grazie a tutti per gli auguri,

A presto

La cianotipia è un antico metodo di stampa fotografica che sfrutta la reazione di determinati composti ai raggi ultravioletti. Per questo progetto, dovendo interagire con il ghiaccio in scioglimento, ho tuttavia pensato di sovvertire le regole della procedura classica, immergendo i supporti in carta all’interno di icebergs e ghiaccio, senza attendere l’asciugatura dei reagenti, al fine di ottenere non solo un fermo immagine a contatto ma anche il suo aspetto dinamico, durante il cambiamento di stato (lo scioglimento), e valutarne tempistiche, forme e cromie, come radiografie di un paziente malato. Quindi un qualcosa a metà strada tra la fotografia e la naturografia, perché il soggetto ritratto – il ghiaccio- contribuisce a forma e cromia dell’opera anche mediante il suo scioglimento.

Tutte le opere che sto realizzando qui, con dati relativi a tempi di esposizione, temperature, geolocalizzazione, ecc., verranno analizzate dal Dott. Biagio Di Mauro del CNR – Istituto di Scienze Polari, partner del progetto.

NB. tutte le opere sono state e saranno realizzate isolando i supporti, e nessun tipo di residuo plastico o di altro tipo è stato o sarà abbandonato nelle aree di ricerca.

Roberto Ghezzi, The Greenland Project, 2022. Courtesy the artist

Dal mio diario

Sono in barca e sto tornando a Tasiilaq con Nanuk, lo skipper Inuit che mi porta spesso a vedere il ghiaccio.

E’ tarda sera, anche se quassù non fa mai buio.

Il viaggio è veloce, lungo e glaciale, in un labirinto di icebergs talmente attaccati l’uno all’altro che non so come Nanuk riesca a condurre senza preoccupazione alcuna una barca fragile come un kayak che basterebbe sfiorare il più piccolo di questi ammassi per colare a picco.

Lo guardo mentre scruta l’orizzonte con occhi scuri e profondi come le acque dei suoi fiordi.

Non parla una parola d’inglese. E, forse, anche se lo facesse, non parlerebbe comunque.

E poi cosa resta da aggiungere a tutto questo?

Si chiederà semmai cosa faccia io qui, con i miei taccuini e le mie scartoffie blu, pozioni alchemiche e mappe del tesoro da piccolo Livingstone.

Di fronte a questa bellezza devastante che non deve niente a nessuno.

Un po’ mi chiedo la stessa cosa.

Una balena attraversa lo stretto in lontananza e sbuffa alte colonne di vapore acqueo che all’ultimo sole diventano arcobaleno tra le montagne bianche.

Forse una megattera o un sogno.

Lui vede e sorride. Rallenta un attimo. Mi guarda.

Attende.

La classica foto dell’uomo bianco, forse.

Si, sono tentato di scattare, ma non scatto. La macchina è in fondo allo zaino, abbastanza vicino ma ormai troppo lontano da me e da quel presente sublime e impalpabile. Inafferrabile. Perfetto. Ultraterreno.

Che basta un attimo.

È già passato.

Il mio tempo in Groenlandia sta per scadere.

Le mie ricerche, le opere, con gli appunti e i disegni, sono in fase di chiusura.

Fuori c’è un sole alto e forte, e la baia non è mai stata così bella, ma io ho un nodo nella gola che non scende.

Odio gli addii.

Mentre aspetto Robert per salutarlo, seduto difronte a ciò che lui vede dalla sua terrazza, penso alle ultime parole del suo libro.

Ogni giorno diciamo addio alla giornata appena trascorsa, ogni giorno parte qualcuno, ogni volta che vedo il Renon della mia infanzia penso che non lo rivedrò più, ma non è un pensiero triste: dentro di me so che non si tratta di un addio definitivo, ma solo temporaneo. L’anima non muore, passa, dicono gli Inuit.”

Robert Peroni THE RED HOUSE e Roberto Ghezzi

Sulla ricerca artistico scientifica: scoperte e risultati al vaglio di studi e approfondimenti

Il progetto in Groenlandia mi ha permesso di studiare il ghiaccio durante il suo cambiamento di stato, un fenomeno divenuto tristemente noto negli ultimi anni a causa del riscaldamento globale che lo provoca. 

Più in particolare durante la spedizione ho utilizzato la tecnica della cianotipia a contatto, un’antica tecnica fotografica che sfrutta i raggi UV mediante la quale ho realizzato delle immagini del ghiaccio in scioglimento. Per amplificare l’effetto dinamico e catturare anche il momento della trasformazione in acqua del ghiaccio, ho stravolto i canoni classici della cianotipia, che prevede l’utilizzo di carte asciutte, immergendo nel ghiaccio  fogli ancora bagnati dai reagenti. In tal modo i rivoli di acqua che si creavano durante lo scioglimento del ghiacciaio sono entrati a far parte dell’opera così come il profilo del ghiaccio. 

Molto interessante è stata l’analisi di tratti di ghiacciaio invasi dall’alga rossa della neve (Chlamydomonas nivalis), una specie di organismi unicellulari che per l’effetto albedo, abbassano attraverso il pigmento il potere riflettente della neve, causandone parimenti un più rapido scioglimento. E’ questo un fenomeno poco studiato e conosciuto ma che potrebbe assumere un ruolo importante nei processi del cambiamento climatico, visto che tali alghe accentuano il tasso di perdita delle nevi alle altitudini più elevate. Inoltre l’inquinamento causato dalla specie umana ha raggiunto anche i luoghi più estremi e non è detto che non sia responsabile della crescita smisurata di questi organismi. 

Bene: realizzando cianotipie in zone invase dall’alga rossa, e confrontandole con quelle realizzate in aree libere dall’alga, ho constatato una differente composizione del ghiaccio che è risultato molto meno “denso”- e quindi più fragile- nelle zone “rosse”. Adesso tutte le cianotipie, comprensive di data, giorno, ora, temperatura, geolocalizzazione e tempi di esposizione, sono al vaglio dei ricercatori che hanno collaborato al progetto, in particolare del Dott. Biagio Di Mauro del CNR ISP – Istituto di Scienze Polari, al fine anche di capire se la diversa composizione del ghiaccio può essere una causa o una conseguenza della presenza dell’alga rossa. 

𝗧𝗵𝗲 Greenland Project lo scioglimento dei ghiacci tra arte, scienza e sostenibilità

Un progetto dell’artista Roberto Ghezzi a cura di Mara Predicatori

in collaborazione con Biagio Di Mauro del CNR – ISP (Istituto di Scienze Polari) 

con il supporto di The Red House di Robert Peroni e Phoresta Onlus e il contributo di Cartiera Enrico Magnani Pescia

comunicazione e media relations Amalia Di Lanno

The Greenland Project è progetto aperto alla multidisciplinarietà, grazie alla ricerca di Ghezzi e alle opere realizzate sono attesi interessanti incontri trasversali dove arte e scienza si incontreranno per trovare possibili soluzioni al fine di pensare e agire in un’ottica umana sostenibile.

E come recita un proverbio groenlandese riportato dall’artista:

Ieri è cenere, domani è legno.

Solo oggi il fuoco divampa.