L’avvento di una nuova classe sociale appartenente alla borghesia medio-alta sta stravolgendo l’assetto architettonico della città, evidenziando il profondo divario tra i redditi dei cittadini. Architettura e design diventano quindi strumenti di lettura e analisi dei mutamenti in corso e traducono in maniera poetica un sentimento di nostalgia che pare stia portando a una nuova identità e un nuovo orgoglio nazionale. Teheran, sostiene l’artista stessa, è come un luogo imprigionato tra l’illusione del suo passato e la fantasia di un suo ipotetico futuro.
Pools and Voids è la seconda personale che Galleria Raffaella Cortese di Milano dedica all’artista iraniana. La mostra, allestita nello spazio di Via Stradella 7, presenta un nuovo nucleo di lavori nati in questi ultimi mesi ed esposti per la prima volta. Date le circostanze indotte dalla pandemia, l’esposizione ha beneficiato del background da graphic designer dell’artista che normalmente lavora anche con programmi di rendering e ha progettato, seppur a distanza con estrema precisione, sia le opere sia l’allestimento.
Il progetto segna un cambio di passo rispetto ai temi che, negli ultimi anni, sono stati oggetto dell’indagine di Ansarinia. Non si tratta qui di fare un’analisi del rapido cambiamento del costruito – quindi del demolito – e dell’urbanistica di Teheran, quanto piuttosto di ragionare su ciò che ne rimane, sulla memoria di quanto edificato decine di anni fa. Residui solidi ancora presenti, sebbene abbandonati, a manifestare il desiderio collettivo di un tempo che fu e che, in realtà, è rimasto come cristallizzato in una zona avulsa dallo stesso tempo e dallo spazio.
Alla fine degli anni Sessanta infatti, Victor Gruen Associates realizzò il piano di urbanizzazione della capitale dell’Iran su modello di quello di alcune città americane, come per esempio Los Angeles. Molte le piscine private, poste su numerosi palazzi di Teheran, costruite e poi rimaste inutilizzate in conseguenza della rivoluzione islamica iraniana iniziata del 1978-1979. Osservando la città dall’alto, le mappe mettono in evidenza tutta questa serie di piscine vuote, consumate nei colori e nella superficie dal tempo, tutte dotate di un’estetica molto particolare, che pure non sono state demolite per fare spazio a qualcosa d’altro. Proprio le forme di queste vasche, e il loro vuoto a fare da contrappunto, danno il via alla riflessione artistica, perno intorno al quale si articola e si sviluppa tutta la mostra. Dice la stessa artista: “La presenza di queste piscine esprime un desiderio di riutilizzo in un inatteso futuro, ma allo stesso tempo mantengono la memoria di quando erano colme di acqua e utilizzate.”
Connected Pools (2020) è la serie di sculture la cui forma è stata ricavata dai documenti municipali. Le opere di colore simile a quello dell’acqua, realizzate con la stratificazione di più livelli di stucco, diverse per profondità, dimensione e altezza, ed esposte vicine tra loro, vengono trasformate dall’artista in una sorta di nuova possibile urbanizzazione.
Il lavoro Private Waters (2020) è invece composto di 52 volumi di piscine realizzati in resina semitrasparente disposti su un lungo tavolo, in un ambiente in cui le cui pareti e il soffitto dipinti in blu scuro evocano la sensazione di trovarsi all’interno di una profonda piscina vuota.
Infine, pensando alla conformazione architettonica della galleria al numero civico 7, in un parallelo interessante con la forma delle piscine, Ansarinia presenta un nuovo video composto da due proiezioni dal titolo Dissolving Substances (2020). Lo sguardo insiste sulle superfici di una stessa piscina lasciata vuota per anni. Nella prima proiezione si assiste all’accelerazione, seppur con tenui passaggi e ‘velature’, del variare delle superfici nel tempo mentre, nella seconda, protagonista è una porzione di quelle pareti che si anima quasi volesse emulare la superficie dell’acqua in movimento.
Ansarinia evita il percorso tranquillizzante e rasserenante legato alla riproduzione della geografia architettonica urbana e induce a un ripensamento del fenomeno visivo, che è realistico ma sottende a una falsificazione. La manipolazione artistica ci offre un reale sottoposto a metamorfosi in continua tensione tra tempo passato e tempo futuro. Forse, una metafisica del possibile.
Nazgol Ansarinia, Pools and Voids
Galleria Raffaella Cortese | Via Stradella 7 Milano
4 febbraio – 24 aprile 2021