La storia di questo museo affonda le radici in un percorso non privo di problematiche che ne hanno rallentata la nascita, in primis il fatto che Bagheria in quel periodo era prevalentemente democristiana e Guttuso nell’immaginario collettivo rappresentava il Partito comunista.
Per dirla tutta, la prima volta che si parlò di Museo a Bagheria è stato nel 1971 per merito di un altro artista bagherese, Salvatore Provino, che dopo una sua mostra a Bagheria decise di donare alla Città l’opera “Mastro Calcedonio” con l’auspicio scritto dietro al dipinto: “Ai cittadini di Bagheria per una costituenda Pinacoteca”.
Il museo però fu istituito con l’impulso determinante di Renato Guttuso il 14 aprile 1973, ma come tutte le cose che nascono male hanno bisogno di una spinta in più per affermarsi e qui vengono i nodi al pettine, perché per gli Amministratori locali il Museo in sé non è mai stato una priorità, come la figura del suo direttore, vista come un posto di prestigio da lottizzare. Qui, senza andare per le lunghe, dico solo che nel bando del concorso si leggeva che il titolo di studio richiesto era la laurea in giurisprudenza, perché la persona a cui era stato promesso il posto, questo titolo possedeva. Ovviamente c’è stato un ricorso e l’annullamento del concorso. Ma siamo a Bagheria e l’Amministrazione ci riprova e se il bando è stato cambiato in quattro e quattr’otto, lo stesso non poté dirsi per la mentalità degli Amministratori, i quali si accordarono nuovamente portando a termine il concorso.
Eletto il direttore, rimase in carica fino al pensionamento, con una struttura dalla gestione quantomeno discutibile, nonostante un’overdose di risorse economiche. La carenza gestionale non apparirà mai agli occhi degli Amministratori che spesso sono ignoranti in materia, mentre la stampa la metterà in risalto più volte.
Facendo un poco di dietrologia tra leggenda e storia, il re Sikelòs diede il nome all’Isola chiamandola Sicania, poi diventata Trinacria e infine Sicilia. Questa metamorfosi mi rincuora, perché penso che anche il Museo Guttuso di questo passo potrebbe cambiare.
Per questo vorrei che la Sicilia cambiasse nome, per scongiurare il gattopardiano aforisma che in Sicilia “Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente“. Come dire, se la Sicilia tornasse a chiamarsi Sicania, il detto di don Tancredi potrebbe non valere più. O forse no?
Il fatto è che l’Amministrazione comunale di Bagheria non si pone questi problemi e per dare nuova linfa al Museo Guttuso, sceglie la linea di don Tancredi: fa della direttrice del Museo andata in pensione la consulente che, oltre a dirigere di fatto il Museo, è anche referente degli Archivi Guttuso, che in teoria dovrebbero avere ruolo autonomo. Quindi, a decidere le sorti del Museo sarà sempre la ex direttrice diventata consulente, che contemporaneamente rappresenta gli interessi degli Archivi Guttuso. Mamma mia che confusione! Il Museo si regge sulle spalle di una sola persona che, secondo questa Amministrazione, ha grandi doti scientifiche e gestionali, ha capacità di parlare alternativamente come ex direttrice, ex assessora, ex referente degli Archivi Guttuso e consulente del Museo Guttuso: il pirandelliano uno, nessuno e centomila è una sua pallida imitazione.
Cosicché, in questo periodo di grande fermento per i preparativi del 50° anniversario della nascita del Museo Guttuso, arrivati 135.000 euro dalla Regione, l’Amministrazione ha un’idea geniale per spendere questa somma: nomina un Comitato scientifico, e chi vi troviamo? La ex direttrice, diventata consulente.
Ora è chiaro perché Guttuso in una lettera privata del luglio 1982, destinata al prof. Franco Lo Piparo, chiamò “disgraziatissima pinacoteca di Villa Cattolica” quello che poi diventerà Museo Guttuso. In un’altra lettera all’on. Peppino Speciale Guttuso si esprime con questi termini: “Ogni giorno di più mi pento di avere buttato in un pozzo un gruppo di opere mie e che altri artisti mi avevano donato. (…) Se potessi revocare la donazione fatta, la revocherei”. Ma fece anche di più, disse a me cose peggiori, che non ripeto per rispetto delle persone coinvolte e in primis di Guttuso.
Ho frequentato Renato e ho fondati sospetti che il suo giudizio sul Museo adesso sarebbe ancora più severo.
Qualsiasi bravo direttore, con i 135.000 euro disponibili, in simile circostanza, organizzerebbe una importante rassegna d’arte, con un curatore d’eccezione e un catalogo con editore nazionale e soprattutto, con un ufficio stampa dalle grandi occasioni. Vedremo, cosa ci riserverà questa Amministrazione.
Comunque sia, il miglior modo di onorare Guttuso rimane quello di procede speditamente con il concorso nazionale del direttore e se questo non sarà possibile, vorrà dire che Bagheria non merita un Museo e che questo Museo sarà meglio chiuderlo, piuttosto che vederlo boccheggiare.
A tal proposito scriveva ancora Maurizio Calvesi: “Tirar via queste vergogne, innalzare un pietoso velario di alberi, restaurare la villa, è il minimo che si possa chiedere, senza illudersi di recuperare ciò che la città ha perduto per sempre, come dire il proprio stesso volto, ma per salvare il salvabile, cioè alcuni punti, è coordinarli e intonarli a questo risveglio culturale di cui Guttuso ha accennato le prime note, dopo il lungo sonno della ragione a Bagheria”.