Lina Bo Bardi
Lina Bo Bardi, SESC Pompeia, 1978, San Paolo, uno degli spazi per la convivialità

Lina Bo Bardi: la Mnemosyne dell’architettura

Il 22 maggio 2021, durante la cerimonia d’inaugurazione della 17. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, sarà conferito all’architetto italo-brasiliano Lina Bo Bardi il Leone d’oro speciale alla memoria. Il riconoscimento, accolto dal Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia, è stato proposto dall’architetto Hashim Sarkis, curatore della mostra: l’annuncio è avvenuto nel giorno della Festa della Donna.

Lina Bo Bardi, architetto donna, ha pervaso d’una magnetica fragranza femminile la sua architettura che, come dichiarato da Sarkis stesso, diventa in lei “una forma di arte sociale, capace di favorire l’incontro”. Sarkis si riferisce in particolar modo al MASP, Museu de Arte de São Paulo (1958-67), emblema del modus operandi della Bo Bardi, modus strettamente legato al titolo stesso della Biennale di Architettura di quest’anno: How will we live together?. È plausibile immaginare che, durante l’intero arco di vita, Lina si sia posta continuamente una domanda del genere: a dimostrarcelo, oggi, i suoi edifici, così come le vicende e i luoghi della sua esistenza. In sintesi, la memoria di lei. 

Lina Bo Bardi nasce a Roma nel 1914, dove si forma come architetto; lavora a Milano e, dopo aver vissuto la tragedia dell’Italia post-bellica, compie un viaggio in Brasile nel ‘46, insieme al marito Pietro Maria Bardi: quel paese, nel quale natura e uomini si trovano a coesistere, diventerà ben presto il luogo della seconda nascita di Lina. Sue, infatti, le parole che seguono: “Quando la gente nasce, non sceglie nulla, nasce per caso. Io non sono nata qui, ho scelto questo luogo per vivere. Pertanto, il Brasile è due volte il mio paese, è la mia ‘Patria elettiva’, e io mi sento cittadina di tutte le città, da Cariri al Triangolo Mineiro, alle città dell’interno e a quelle di frontiera”. Lina, dunque, sceglie di appartenere al Brasile; tuttavia, farà sempre i conti con il suo sangue europeo: ne scaturirà una personalità libera, dalla cui passionale visione della vita umana dipenderà sempre la sua architettura, concepita, questa, come servizio collettivo, che rende migliore la vita del popolo. 

Lina muore nel ‘92: oggi, a distanza di 19 anni, ci troviamo ad apprezzare, in maniera sempre maggiore, la memoria di lei. 

Memoria, che deriva dal greco mimnésco, è la facoltà di mantenere in vita i contenuti del passato. Il termine è legato alla Mnemosyne della mitologia greca, dea e madre delle nove muse: le arti, dunque, nascono per perpetuare la bellezza nel tempo. Mnemosyne trascorreva la sua vita dando un nome agli oggetti e ai concetti, per far sì che gli uomini si comprendessero, mentre dialogavano. Il modus vivendi di Mnemosyne è perfettamente riconducibile allo scopo principale, verso il quale è sempre stato rivolto ogni gesto progettuale, dell’architetto italo-brasiliano. Per la Bo Bardi, infatti, Architetto è colui che immagina, e quindi progetta, la vita degli uomini insieme. 

“How will we live together?”: sono le architetture di Lina Bo Bardi a fornire, per prime, una risposta immediata e spontanea alla domanda.