Luogo

Marignana Arte
Dorsoduro, 141 Rio Terà dei Catecumeni, Venezia

Data

Mar 21 2020 - Mag 02 2020
Evento passato

Ora

18:00 - 18:30

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I dreamed a dream – Chapter 2

«Nei due scritti di Aristotele sul sogno (“De divinatione per somnium” e “De somniis”), esso è già diventato oggetto della psicologia: non è inviato dalla divinità, e la sua natura non è divina. In altre parole esso non proviene da una rivelazione soprannaturale, ma dalle leggi dello spirito umano, che è però affine alla divinità. Il sogno viene definito come l’attività psichica propria dell’uomo addormentato.» Sigmund Freud, “Die Traumdeutung”, 1899 (p. 24)

Partendo ab origine da Platone ad Aristotele, per poi passare attraverso la lirica di Giovanni Boccaccio e a seguire le teorie psicanalitiche, tra gli altri, di Sigmund Freud e Melanie Klein, fino alla fondamentale scoperta della fase REM ad opera di Eugene Aserinsky, il sogno è inequivocabilmente l’azione dell’immaginazione nel sonno.
Infatti, il sogno (dal latino sŏmnium, derivato di somnus, “sonno”) è un fenomeno psichico legato al sonno, che si verifica generalmente nelle fasi di sonno REM, ed è fortemente caratterizzato dalla percezione, anche in maniera frammentaria, di immagini e suoni riconosciuti come apparentemente reali, contraddistinto da una struttura narrativa più o meno coerente seppur spesso vana e fantastica, con sensazioni prevalentemente visive e con eventuale partecipazione emotiva da parte del soggetto dormiente.
I dreamed a dream è concepita come il contenuto di un determinato sogno mai rivelato in cui svariate immagini si avvicendano, come la riproduzione fantastica che si compie nella coscienza del contenuto di un’esperienza sensibile o la libera elaborazione di ciò che potrebbe essere il contenuto di tale esperienza. L’evanescenza di ogni singola opera rintracciabile anche tra gli elementi scultorei che rimandano alla matericità del reale sembra sussurrare racconti di sogni i quali insieme costituiscono un unico coro sognante. Un inconscio collettivo viene così decantato, tuttavia non si tratta dell’inconscio collettivo teorizzato da Carl Gustav Jung che procede all’indietro alla ricerca di un substrato antico, bensì di un inconscio sognante che insegue linee fugaci su sfondi
indefiniti. Dunque, un sogno elevato alla sua massima potenza, un sogno sognato fatto di tanti sogni e della sostanza soffice scaturita dalle loro interconnessioni.
Arthur Duff, italiano d’adozione ma americano di nascita, utilizza combinazioni di parole accoppiate casualmente per creare manifestazioni verbali accidentali, potremmo dire quasi dadaiste, finalizzate alla creazione di una nuova tipologia di espressioni in cui si assiste alla disgregazione del linguaggio, un processo catartico di tutte quelle forme letterarie universalmente riconosciute e storicamente assoggettate alle convenzioni politico-sociali vigenti. Al di là del significato, potremmo forse parlare di una nuova letteratura odeporica altrimenti detta narrativa di viaggio?
Ponendo l’accento, in egual misura, su verbo e luce visti come elementi fondanti della sua intera ricerca artistica, il lavoro di Duff, tra proiezioni laser basate sulla combinazione di luce artificiale e linguaggio spazializzato, pulsazioni di immagini e stratificazioni annodate di frammenti stellari, ha sempre mirato alla creazione di spazi esperienziali articolati e virtuosi secondo il precetto per cui la luce è essenzialmente l’elemento che anticipa il divenire delle sue opere mentre il verbo gli da forma; fra tempo e durata, la senese Serena Fineschi, indaga sull’importanza delle relazioni interpersonali, e riflette, mediante l’utilizzo di diversi media, sulle trasformazioni che tali legami producono, partendo dal presupposto enciclopedico per cui tutti gli esseri umani sono
intrinsecamente sociali e sono plasmati dalle loro esperienze condivise con il mondo circostante, costantemente in bilico fra tempo esteriore e tempo interiore, laddove il primo si fonda sulla successione degli istanti e il secondo costituisce la vita vissuta; il poliedrico Aldo Grazzi, principalmente influenzato da alcune tribù africane e dalla musica, si fa promotore di un fare estetico specifico che si traduce in una gestualità meticolosa e totalizzante: oltre la pittura, reti industriali, gesso, perline e tanti altri materiali sapientemente plasmati per indagare un nuovo modo, talvolta fantastico, di concepire consapevolmente e delicatamente la scultura; il tocco femminile di Silvia Infranco si concentra sull’avviluppamento di pittura e alchimia mediante la sua indubbia capacità di creare connessioni fra materiali organici e inorganici, dando vita a degli esemplari connotati al tempo stesso da un forte temperamento e da una grande delicatezza di toni; il percorso formativo del giovanissimo Giulio Malinverni descrive appieno la sua pittura, l’artista infatti si è qualificato come tecnico di restauro specializzato in affreschi e materiali lapidei presso l’Istituto veneziano per i Beni Culturali. Le sue pennellate marmoree risultano tuttavia instabili, vogliose di un metamorfismo di stampo prettamente kafkiano; Maurizio Pellegrin è da sempre interessato al mondo degli oggetti e all’energia emanata dagli stessi, visti come testimonianza della vita umana. Numeri, simboli e metafore si uniscono alla materia che a sua volta costituisce una presenza costante nelle sue opere. I colori utilizzati sono volutamente sempre pochi poiché corrispondono a specifiche influenze sia di carattere filosofico sia psicologico. Nello specifico, questa serie serigrafica intitolata I Santi si potrebbe chiamare quasi trittico, in virtù della tematica sacra evocata dai rimandi agiografici; tra Antica Grecia, pittura accademica, architettura barocca, paesaggi naturali e software personalizzati, Quayola utilizza la tecnologia come mezzo per esplorare i rapporti che intercorrono tra forze apparentemente opposte: il reale e l’artificiale, il figurativo e l’astratto, il vecchio e il nuovo; l’intimismo anatomico di Donatella Spaziani, espresso principalmente attraverso il disegno e la fotografia, mira ad approfondire il rapporto profondo che intercorre tra
lo spazio circostante e il corpo dell’artista in una forma di piena compenetrazione; la ricerca di Marco Maria Zanin si sviluppa semanticamente tra le aree rurali e periferiche della sua terra natia ed altre città industrializzate e forti di tecnologia scoperte durante i suoi soggiorni all’estero, senza mai perdere di vista la questione filosofica eterna del binomio forma e materia, della loro dialettica interna e del modo in cui la materia delinea la bidimensionalità.

Artisti: Arthur Duff, Serena Fineschi, Aldo Grazzi, Silvia Infranco, Giulio Malinverni, Maurizio Pellegrin,
Quayola, Donatella Spaziani, Marco Maria Zanin
A cura di Domenico de Chirico

Vernissage: 21 marzo, ore 18.00
21.03. – 02.05.2020
Marignana Arte, Venezia, Italia

Marignana Arte – Venezia
Dorsoduro, 141
Rio Terà dei Catecumeni
Orari: martedì e mercoledì, 14.00-18.30; da giovedì a sabato, 11.00-13.30/14.00-18.30;
domenica e lunedì chiuso o su appuntamento
Fermate vaporetto: Salute – Linea 1, Spirito Santo – Linee 5.1 / 5.2 / 6
Tel.: +39 041 5227360
info@marignanaarte.it
www.marignanaarte.it

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