VestandPage Monologo 1 9 “In vacui”
VestAndPage, il duo composto da Verena Stenke e Andrea Pagnes attivo prevalentemente negli ambiti della performance art, della cinematografia basata sulla performance e della scrittura teorico-creativa, si sta preparando a presentare, in anteprima assoluta in Italia, il loro nuovo ciclo di performance “1 9 Monologo” con l’installazione inaugurale “1 9 In vacui”. Il lavoro parte da una riflessione che muove da una vicenda personale – l’isolamento nell’agosto 2019 a cui Verena fu costretta a causa della tubercolosi – e ambisce a costruire un ponte tra una precisa osservazione di sé e un fuori globale, storico e letterario. Sebbene molti in Europa la considerino una malattia debellata da tempo, la tubercolosi è ancor oggi una delle pandemie più mortali al mondo. Nel periodo romantico, era l’epitome della musa e della poesia e un motivo popolare nella pittura, nella letteratura e nella musica. La sua percezione sociale è cambiata radicalmente nel corso delle epoche: dal malessere glorificato dei poeti bohemian, alla dolorosa morte dei proletari durante la rivoluzione industriale, alla malattia antisociale dei lebbrosi durante il nazionalsocialismo fino alla malattia degli emarginati e degli indigenti nella percezione odierna.
“L’esperienza personale dell’essere come un corpo che ospita agenti patogeni confluisce in questo testo di performance autobiografica che presentiamo qui per la prima volta in lingua italiana. Con noi anche due amici e collaboratori di lunga data: il sound artist Aldo Aliprandi e la danzatrice specializzata nella vertical dance Marianna Andrigo. Il primo accompagnerà i nostri movimenti con il suo particolarissimo strumento ad arco, da lui stesso creato. La seconda, riprendendo un lavoro precedente dal titolo Vacuum, ricollegherà il tema del sottovuoto a quello dell’incubatio.”
La corte piccola del Castello è già disseminata di abiti: costruzioni svuotate dei corpi, realizzate con materiali impropri come la carta e il ferro. “Un processo che si svolge quasi al contrario” racconta Verena. “La tubercolosi viene chiamata anche consumption (consunzione), proprio perché l’organismo si consuma, il corpo sparisce e solo la mente rimane. Quindi appese ci sono le forme prive dei corpi e poi i corpi le andranno ad abitare. Il tutto in chiave molto onirica, lavorando sulla superficie, anche quella dell’acqua, su ciò che è fragile, cercando di capire come possiamo entrare in dialogo con la magnificenza di questo luogo, con la sua intimità e con le sue geometrie.”
Jacopo Mandich
Scultore contemporaneo attratto dall’uso di materiali diversi e dalla loro interazione nello spazio, Jacopo Mandich sta popolando il Castello delle metamorfosi con installazioni a carattere temporaneo, time-specific oltre che site-specific, perché appaiono e scompaiono, si materializzano e smaterializzano alla stessa maniera dei sogni. Un albero errante, fissato di volta in volta alle pareti con degli elastici, o un grande blocco di ghiaccio sostenuto da quegli stessi elastici, sono solo alcuni degli elementi tratti dal quotidiano che compongono la grammatica di Mandich votata a generare uno stato di tensione nella relazione tra l’opera e il fruitore dell’opera.
“Durante i giorni della residenza, posizionerò l’albero nei posti che considero più critici, quelli di passaggio. Una condizione di disturbo che vuole essere in qualche maniera anche ludica perché c’è sempre una parte giocosa nei miei lavori che coinvolge sia me come autore che lo spettatore. Ma c’è anche una volontà di freschezza nella mia ricerca: il linguaggio degli elastici si propone anche come un’osservazione rispetto ai linguaggi contemporanei, una dimensione che da parte mia cerca di superare il concetto di autorialità dell’opera.”
Tra i progetti per questa residenza artistica anche la realizzazione di tre chiavi, intrise di aspetti surreali, proprio per enfatizzare il significato simbolico di questo oggetto: porta come accesso, come varco che consente l’ingresso in una dimensione altra, quella del sogno appunto.
“Una chiave sarà di ghiaccio, verrà presentata in un vassoio e collocata in un angolo non immediatamente visibile, come fosse una caccia al tesoro, come se le chiavi di lettura, in qualche modo, bisognasse andare a cercarle. A fare da contrappunto a questo oggetto così etereo, altri due estremamente concreti: una chiave lunga 2 mt. e una a forma di cerchietto, una che allude alla distanza dalla soglia, l’altra con evidenti riferimenti alla surrealtà. Una in ferro e una in legno, i miei materiali d’elezione, a sottolineare i concetti di dualità e opposizione: biologico e minerale, caldo e freddo, spigoloso e morbido, che sempre attraversano il mio lavoro.”
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Endecameron 21 Incubatio | Incubazione
31 giugno – 7 luglio 2021
Castello di Rocca Sinibalda
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