©Endecameron21, Fabio Imbergamo, Claudia Aliotta, Monica Pennazzi

Endecameron21, giorno #3

Iniziano il racconto di questa residenza artistica la pianista e cantate Claudia Aliotta insieme al violinista, compositore e tecnico del suono Fabio Imbergamo. Il loro progetto dal titolo “Asclepio e il sangue di Medusa”, trasversale tra composizione elettroacustica, sound-design, videomaking, e vocalità-canto, si propone come una possibile cura per l’umanità ferita dalla pandemia.

Il mito racconta che Asclepio, figlio di Apollo e Coronide, fu estratto dal ventre della madre quando questa era già sulla pira funebre, nelle profondità del Tartaro, un luogo talmente profondo in cui un’incudine precipita per nove giorni prima di toccare il fondo. Egli imparò l’arte del guarire sia da Apollo che da Chirone e divenne così abile nel maneggiare i ferri chirurgici e nel somministrare erbe benefiche, che è ora onorato come il padre della Medicina. Non soltanto egli guariva i malati, ma ricevette in dono da Atena due fiale contenenti il sangue della gorgone Medusa; con il sangue estratto dal lato sinistro della gorgone poteva resuscitare i morti; con il sangue estratto dal lato destro egli poteva dare morte istantanea.

Essendo l’Incubatio il tema di questo Endecameron 21, siamo partiti dal mito e abbiamo elaborato il nostro progetto distinguendo due fasi: quella della malattia e quella della guarigione” racconta Imbergamo. “La prima domanda che ci siamo posti è stata: come possiamo dare concretezza e tradurre nella realtà questo bel racconto? Nella mia visione dell’arte, essa deve sempre veicolare un messaggio, l’artista deve dire qualcosa, soprattutto in questo momento di forte crisi che stiamo vivendo. Allora, nella mia veste di musicista, ho deciso di creare un’opera sonora sperimentale che si snoda lungo un’asse temporale, composta di tre momenti – malattia, incubatio, guarigione – enfatizzati da un bellissimo scritto di Claudia Aliotta. Il mio obiettivo, in questi giorni di residenza, è di tirare fuori dal mio lavoro qualcosa che sia in un certo senso terapeutico o per lo meno, non essendo così ambizioso, una sorta di messaggio di speranza. Non mi sento in grado di offrire soluzioni, ma non è nemmeno il mio compito, però certamente vorrei contribuire dando un tocco di bellezza a queste circostanze che ci hanno prosciugato le energie fisiche e psichiche.”

Avendo colto a pieno lo spirito della residenza e desiderosi di interagire con gli altri artisti, Aliotta e Imbergamo stanno contaminando il loro linguaggio con quello degli altri creativi presenti al Castello.

“La prima suggestione che ho avuto dal Castello è stato il pozzo, situato nella Corte grande, che restituisce una eco particolare e unica” continua Claudia Aliotta. “Una mattina ho provato a sperimentare la mia voce lì dentro e il risultato mi è piaciuto così tanto che ho desiderato attivare una collaborazione sinergica con Monica Pennazzi. Eravamo partite dall’idea di produrre delle registrazioni sonore che potessero in qualche modo accompagnare le sue installazioni, ma in realtà il materiale che ne è scaturito è molto vario. Una sperimentazione che dal punto di vista vocale mi ha permesso di virare dal canto al grido: grida che venivano da dentro, anche molto faticose. Alla fine di tutto questo processo di ricerca mi sono sentita svuotata, ma è stato molto liberatorio e stimolante. Sembra che l’essere poliedrici, nel contesto di questa residenza, sia molto favorito e io trovo molto incentivante poter mettere insieme le risorse di tutti.”

Molto affascinata dal tema del sogno – di sé stessa dice: “mi capita a volte di confondere la dimensione onirica con quella reale”Monica Pennazzi si esprime attraverso opere a carattere scultoreo e installativo che privilegiano l’utilizzo di fibre sintetiche come poliuretano e silicone. “Tendo sempre a percepire il luogo in cui sono chiamata a lavorare per capire cosa posso realizzare. Per me, poeticamente, è come tirare  fuori lo spirito dei posti che io vado a indagare. Per questa occasione sto realizzando una installazione nella Corte grande incentrata sul tema del quadrato, elemento ricorrente nel Castello, che si trasforma in sezione luminosa. Simbolo della terra e dell’ordine, il quadrato si inserisce nella dialettica Caos/Cosmos come volesse imprimere una direzione, dare un po’ di ordine. Da sempre mi interessano la matematica, la fisica quantistica, le geometrie, ma tutto è collegato. Alla mia installazione tessile nella Corte Grande si unirà il lavoro di Fabio e Claudia, come per dare voce a questa installazione. Dalla voce si passa poi all’effetto sonoro della vibrazione del filo, una sorta di fluttuazione del suono. Ecco l’intento.”

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Endecameron 21 Incubatio | Incubazione

31 giugno – 7 luglio 2021

Castello di Rocca Sinibalda 

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