Emanuele Scuotto è un artista estremamente schivo, introverso, libero da clichés; alla parola preferisce il gesto, al chiasso predilige il silenzio di chi si ferma a pensare in un limbo sospeso tra passato e presente, non luogo in cui è permesso poter osservare il mondo e le sue dinamiche attraverso una prospettiva privilegiata. Prospettiva che ha iniziato a delineare un nuovo itinerario, un Mundus Novus del tutto soggettivo e personale.
A pochi giorni dalla sua importante personale, emblematicamente titolata PURGATORIO – che ho il piacere di curare – e che si dipanerà nella project room Nabi Gallery di Nabi Interior Design e avrà eco alla OFF Gallery, luoghi d’elezione per il contemporaneo partenopeo, sono felice di proporre ai lettori una intervista tra Emanuele Scuotto e me, o meglio, uno scambio di idee, pensieri e riflessioni che, da una torrida mattina estiva ha dato origine ad una monografia edita da La Cittadella e, ora, alla personale PURGATORIO. Più che un’intervista vera e propria, uno svelamento, uno sforzo da parte di Scuotto a narrarsi non già e non solo con la materia ma anche con la scrittura…
Azzurra Immediato: Emanuele Scuotto, scopri, dopo una ventennale carriera a quattro mani con tuo fratello, sotto l’egida del collettivo SCU8, la bellezza della solitudine – creativa – mettendo in stand by l’esperienza che ti ha portato nel mondo dell’arte contemporanea. Perché? Qual è stato il momento in cui hai compreso che eri ‘cresciuto’ ed era necessario avviare un percorso con le tue sole gambe, idee e opere?
Emanuele Scuotto: Da diversi anni sento l’esigenza di confrontarmi con la Scultura e le sue problematiche utilizzando come filtro il mio solo punto di vista, mettendomi in gioco in prima persona, libero dal vincolo rassicurante, stimolante ma al contempo limitante del gruppo.
Credo che sia naturale e fisiologico sentire il bisogno di percorrere nuovi sentieri dopo più di 20 anni di intenso lavoro a quattro mani.
Non c’è un momento preciso o un episodio che ha portato a questo cambiamento o, meglio, a questa evoluzione: da svariati anni io e mio fratello Salvatore abbiamo deciso di ritagliarci uno spazio personale dove portare avanti la nostra ricerca artistica separatamente, convinti che questo nuovo corso possa solo farci crescere ulteriormente, oltre che portare maggiore linfa al nostro ormai storico laboratorio, fondato 25 anni fa con l’altro fratello Raffaele.
A.I.: La filosofia simbolica che ha accompagnato la tua intera carriera sino ad oggi quale traccia ha già segnato per il prossimo itinerario?
Emanuele Scuotto: Non sono mai stato attratto dalla estenuante ricerca della “novità”, del “mai fatto prima”. Mi è sempre interessato, piuttosto, cercare attraverso la scultura nuovi punti di vista, nuovi significati e nuove possibilità.Il mio “nuovo corso” non è altro che un confronto-dialogo con questo complesso linguaggio artistico, con la sua storia e i suoi codici.
La traccia che ho seguito negli anni e che ancora oggi è oggetto della mia ricerca è evidentemente rintracciabile nell’enorme patrimonio artistico, culturale e cultuale del Mezzogiorno e di Napoli in particolare. Mi sento perfettamente a mio agio a “giocare” con questo immaginario popolare fatto di miti, simboli e riti: analizzandoli, scomponendoli e ricomponendoli nelle mie figure di terracotta, cerco di dare loro una nuova vita e di imprimere un carattere apolide a questi elementi fortemente identitari.
A.I.: La tua visione della tradizione, nella scompaginazione di ciò che si conosce in tensione con quanto resta ancora ignoto, andrà a dialogare con un pubblico che da te avrà grandi aspettative e, al contempo, immaginerà di conoscere già tutto di te. In che maniera il tuo nuovo corso sancirà il nuovo rapporto e dialogo con il pubblico e con la Storia, la tradizione?
Emanuele Scuotto: L’elemento fondamentale di questo mio nuovo corso è la totale libertà creativa ed espressiva che solo il lavoro in solitaria può darmi. La mia visione della scultura attinge ad un immaginario che ha riferimenti che vanno dalla scultura barocca a quella contemporanea e che, in alcuni punti, ha una forte continuità con quanto fatto finora –aspetto che si traduce in una certa riconoscibilità, per il pubblico che già mi segue- ma, nell’insieme, è un lavoro completamente nuovo.
A.I.: Il tuo nuovo percorso ha evidenziato dei mutamenti molto forti che, però, afferiscono ad una ricerca ben radicata nel tuo immaginario. Cosa sta nascendo nel tuo studio che potrà ‘parlare’ attraverso la materia di ciò che vuoi raccontare da adesso in poi?
Emanuele Scuotto: Prendendo spunto da L’arte della memoria di Frances A. Yates, quello che sto portando avanti è la costruzione di una sorta di immaginario palazzo della memoria, nel quale le sculture rappresenteranno le stanze dell’edificio.
In questo momento, una parte del palazzo si sta costruendo attraverso una serie di sculture legate al culto popolare napoletano delle Anime del Purgatorio, un antico ma ancora sentito atto di devozione rivolto a morti sconosciuti. Questo è un lavoro che porto avanti da un po’ e che è diventato un’esigenza, un modo per rielaborare uno dei drammi del nostro tempo, quello delle morti nel Mediterraneo, mare divenuto una vera e propria fossa comune.
Un tema, quello del Purgatorio, che oggi mi sembra perfetto anche per descrivere il momento che stiamo vivendo: un tempo sospeso, un tempo di mezzo, di inquietante incertezza e attesa. Sto lavorando a delle sculture che saranno installate in uno spazio completamente nero, un luogo liminale nel quale il dentro e il fuori, il sogno e la realtà, la vita e la morte, il passato e il presente sono un tutt’uno; è un’installazione attraverso la quale cerco di rendere tangibile quel potente e astratto immaginario popolare legato al culto delle anime purganti. I riferimenti espliciti di queste opere sono sia la pittura baroccache le miniature votive legate a questo tema: ma, se quelle tradizionali implorano la salvezza avvolte nelle fiamme, le mie si contorcono tra i flutti del mare.
A.I.: Infine, cos’è per te la scultura? Qual è la definizione di questo linguaggio per un artista come Emanuele Scuotto?
Emanuele Scuotto: La scultura è il mio linguaggio, è il mezzo attraverso il quale sento di potermi esprimere al meglio, al contrario delle parole che utilizzo con molto meno entusiasmo. Modellare mi appaga completamente: l’argilla e il laboratorio sono spesso una vera e propria esigenza ed esprimono il mio bisogno di ragionare e guardare le cose utilizzando parametri diversi dal sentire comune e cercando significati altri.
Per me la scultura è memoria e immaginazione.
Nel solco dell’immaginazione, PURGATORIO accoglierà dal 22 ottobre il pubblico, negli spazi mutevoli della project room Nabi Gallery di Nabi Interior Design e, per felice rimando, alla OFF Gallery dal 29 ottobre, in un flusso che, sino al prossimo dicembre, in concomitanza con la relazione di pensiero portata avanti dall’antropologo Stefano De Matteis, riporterà alla luce ciò che la storia ha celato e che, al contrario, è luce dei nostri giorni.
[conclusioni e info mostra]