Costellazione privata Matteo Montani, a cura di Davide Silvioli. Veduta della mostra, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph Vincenzo Alessandria

Costellazione privata. L’energia irradiata di Matteo Montani

La Galleria d’Arte Moderna “Giovanni Carandente” di Palazzo Collicola a Spoleto apre nuovamente al pubblico per ospitare una raccolta di opere inedite del pittore romano Matteo Montani.

A chiunque sia capitato, negli anni, di scrivere sulla pittura di Matteo Montani, il gioco retorico dell’ossimoro è apparso come la via di fuga più immediata, lo stratagemma linguistico più pratico ed efficace per tentarne una prima sintesi evitando i pantani della verbosità ostentata e le eccedenze di virtuosismo linguistico. L’arte di Matteo Montani, piuttosto, ama indugiare nel silenzio. Alle lungaggini dell’omelia preferisce la sveltezza dell’haiku, al sermone oppone l’epigramma. Già Alberto Zanchetta, nel saggio in catalogo di The glow and the glare, personale dell’artista da Luca Tommasi del 2017, richiamando quanto detto da Georges Braque (“in arte c’è solo una cosa che importa: quella che non può essere spiegata”), aveva confessato una sincera impotenza di fronte alla pittura dell’artista romano, e da quest’ultima esortato a “deporre la penna”.  

Pur facendo un po’ di spazio alle parole – e talvolta è necessario – risulta estremamente difficile, per chiunque decida in qualsiasi momento di avventurarsi in una simile operazione di trascrizione, non avvertire, sin dalle prime battute, una certa fatica e un profondo senso di imbarazzo. Se parole dovranno essere, dunque, è bene che esse siano i tasselli di un vocabolario nuovo, ridotto all’osso, in cui l’atto presuntuoso di riconduzione dell’enigma al noto sfrutti il potenziale comunicativo proprio dell’ossimoro.

Costellazione privata Matteo Montani, a cura di Davide Silvioli. Veduta della mostra, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph Vincenzo Alessandria

Costellazione privata – non un ossimoro fatto e finito, ma che con questo condivide la vis – è infatti il titolo della rassegna con cui la Galleria d’Arte Moderna “Giovanni Carandente” di Palazzo Collicola a Spoleto ha inaugurato, lo scorso 26 marzo, il suo anno espositivo. Concepita in occasione di Level 0, format ideato da ArtVerona e giunto ormai alla nona edizione per mettere in contatto artisti italiani di fama internazionale con istituzioni culturali di rilievo nel panorama nazionale, la mostracurata da Davide Silvioli e aperta fino al prossimo 29 maggio, si snoda lungo tutto il percorso espositivo della galleria. Ad accompagnare il visitatore tra le sale della collezione permanente, quindici opere inedite, tutte su carta abrasiva – ad eccezione di una – e in piccolo formato.

Già da queste prime indicazioni di natura morfologico – strutturale, la scelta del titolo risulta quanto mai adeguata. La raccolta di dipinti in mostrainfatti, è una costellazione nella misura in cui la propria identità è – nelle parole del curatore – “dislocata”, ed è privata dal momento in cui i piccoli “astri” che la compongono non hanno mai varcato la soglia dello studio dell’artista. 

L’aggettivo privata – se si consente a chi scrive un innocuo vezzo lessicale – si carica, alla luce di un’ulteriore considerazione di carattere tecnico, di venature inattese. Montani, che in questa occasione non fa che presentare “dettagli” significativi estrapolati da superfici pittoriche più vaste, accerchia il perimetro delle sue opere, sottraendo loro le aree periferiche e di fatto privandole delle propaggini più lontane. 

L’intervento di selezione e scarto di Montani, se a primo impatto può risultare un’operazione autoritaria, è il frutto tanto di un’esigenza pratica – il formato ridotto permette all’artista di ottimizzare gli spazi – quanto del suo desiderio di addentrarsi nelle zone di massima tensione energetica, dagli epicentri del sisma ai nuclei di ebollizione della materia insofferente che, un attimo prima della deflagrazione, viene catturata dall’occhi depositandosi nel rovescio della palpebra. Con l’ausilio della carta abrasiva, supporto di derivazione surrealista (si pensi ai frottages di artisti come Max Ernst) e che Montani, in un’intervista del 2016 ha paragonato all’occhio del pittore “che tutto afferra” e a cui “il visibile rimane aggrappato”, egli affida alle sue masse minime  il compito di arretrare lo sguardo sino all’alba dell’Universo, agli attimi impercettibili che hanno preceduto il Big Bang e in cui l’intera energia cosmica era confinata in un punto ad altissima densità.

Parte di questa energia primordiale si propaga nello spazio e nel vuoto, coinvolgendo gli ambienti della galleria e aprendo  ciascuno dei pezzi in collezione a nuove, ed insperate ipotesi di senso. Ad essere valorizzati sono tanto i tratti “somatici” e formali quanto gli elementi più spiccatamente narrativi. Con Leoncillo Leonardi, ad esempio, Montani condivide la dimensione totalizzante dell’esperienza artistica. Protagonista indiscusso della stagione informale umbra, Leoncillo era giunto ad annullarsi in un abbraccio panico con la natura, ad “essere” egli stesso “un albero”. Una simbiosi onnicomprensiva, una relazione ravvicinata col paesaggio che fu cifra tipicamente umbra e che portò Francesco Arcangeli a coniare, per i Sei di Spoleto (De Gregori, Raspi, Marignoli, Orsini, Rambaldi e Toscano), la felice etichetta di Ultimi Naturalisti. Naturalista, però, è anche Montani, che nelle sue continue incursioni nei reami della materia, nei paesaggi dell’anima dove l’energia si fa scrittura, testa il potenziale creativo dell’oro e delle terre.

Il sodalizio tra natura scrittura è una costante della pratica artistica di Montani: in un’ intervista con Marina Valensise, il pittore ha tenuto a ribadire il forte legame che intercorre tra la percezione e la sua restituzione “in forma organizzata” (Eugenio Viola, dal catalogo di Things behind). Un rapporto vivo, che si salda nel momento dell’immaginazione. Anche Davide Sarchioni, curatore della mostra Seelendlandschaft (“Paesaggi dell’anima”) a Wurzburg, ha correttamente rivendicato l’affinità di Montani con il pensiero di Rudolf Arnheim. Se quest’ultimo, in Arte e percezione visiva, aveva riaffermato la componente creativa della visione, Montani, dal canto suo, ha affermato, a proposito di una sua opera (con i consueti addensamenti): “in questi mesi, ascoltando la radio in macchina o mentre lavoro nel mio studio, mi è spesso capitato di seguire lo stacco della meterologia con particolare attenzione. I termini tecnici che vengono usati mi piacciono immensamente e un’espressione come “con i consueti addensamenti” mi emoziona come se leggessi una poesia”.

Abitando uno spazio liminale, in between, Montani apre le porte tanto a suggestioni di marca naturalistica quanto a sollecitazioni dal taglio più spiccatamente astratto. Nei fogli in sicofoil di Carla Accardi (Untitled n. 579), ad esempio, il cammino orizzontale dei grafismi ondulati e incrociati trova uno sfogo naturale nell’orizzontalità altrettanto palese delle linee di Montani. Ancora, l’euforia incontenibile del Tromboloide di Gianni Asdrubali si lega ad un altro lavoro di Montani, che sembra riproporre un ingrandimento delle agitazioni interne di cellule in riproduzione. Nel caso di due opere entrate da poco in collezione (L’allegro girovagare dei germogli gotici di Claudio Massini e Para no ser imbècil di Maurizio Cannavacciuolo), l’artista interviene assecondando della prima la dominante cromatica – il verde – e della seconda il ritmo verticale. 

L’elenco delle affinità elettive di Matteo Montani potrebbe essere, ed effettivamente lo è, ben più ricco, dalla frontalità sfacciata dei solidi metafisici di Marco Tirelli alle indagini molecolari di Sol LeWitt. Tuttavia, insistere sull’ innegabile versatilità di Montani, seconda solo – se proprio ci si sente in dovere di stilare una personale classifica dei suoi punti di forza – a un segno espressivo forte e maturo sin dagli esordi, appare, agli occhi di chi scrive, una ridondanza evitabile. Meglio,  a questo punto, deporre nuovamente la penna.

Costellazione privata Matteo Montani, a cura di Davide Silvioli. Veduta della mostra, Palazzo Collicola, Spoleto. Ph Vincenzo Alessandria

Matteo MontaniCostellazione privata
a cura di Davide Silvioli
Palazzo Collicola
Piazza Collicola 1, 06049 Spoleto (PG)
Dal 26 marzo al 29 maggio 2022
Info: https://www.palazzocollicola.it/scheda_mostra_montani.html