Federico Bilò e Massimiliano Scuder

A proposito di arte, tecnica e impresa

“Ogni arte ha i suo lato tecnico, e la tecnica presuppone calcolo, ripetizione, sforzo faticoso”, queste le parole di Lewis Mumford in Arte e Tecnica, parole che riassumono bene alcune delle questioni discusse lo scorso mercoledì 13 dicembre, presso l’azienda Treddy-3D Printing& Consulting, a Pescara, luogo del fare attraverso l’applicazione tecnica e tecnologica.

L’incontro “Arte e Impresa. L’industria come laboratorio creativo” a cura della Fondazione Zimei e dell’azienda pescarese Treddy, ha visto discutere insieme l’architetto e curatore Massimo Scuderi, il fondatore dell’azienda di stampa 3D Mattia Mucci, Federico Bilò professore ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura di Pescara, l’artista Alfredo Pirri e la curatrice Sara Løve Daðadóttir.

Massimo Scuderi, direttore artistico della fondazione Zimei e curatore della mostra Pick Pocket in corso al Teatro Michetti di Pescara, sottolinea l’importanza del lavoro e della sinergia con le imprese locali – come l’azienda che ospita la tavola rotonda – nel processo artistico e curatoriale che da anni lo vede impegnato sul territorio nazionale e internazionale. Lui ideatore, tra le altre cose, del progetto Mud, Museo Diffuso, per recuperare e creare una rete di opere d’arte che versano in stato di abbandono nel territorio abruzzese.

Treddy, ci dice Mattia Mucci, fondatore dell’azienda, è una realtà giovane che esporta anche all’estero il suo know-how altamente specialistico: un lavoro sostenibile, dato dall’azione additiva che, senza produrre scarti, usa componenti plastici riciclati.

L’excursus storico di Federico Bilò parte da lontano, per indagare questioni etimologiche: già il termine greco “techne” individuava nell’arte il sapere manuale, un sapere che coniugava all’operosità l’estro artistico e ingegnoso. “Per secoli”, dice Bilò, “Arte e Artigianato hanno condiviso un sistema di saperi e tecniche: lo scultore era il migliore tra gli scalpellini!”. Se la rivoluzione industriale mette in crisi il sapere artigianale come sapere prettamente manuale a favore di una produzione su larga scala, il Bauhaus mira a qualificare tale produzione attraverso il sapere e il progetto del designer. Come oggi sia possibile ricongiungere occhio e mano ce lo raccontano Alfredo Pirri, prima, Sara Løve Daðadóttir, poi.

L’artista cosentino, a poche settimane dalla Laurea honoris causa in Architettura conferitagli dall’Università Roma Tre, racconta del forte sodalizio lavorativo con la società italiana specializzata nella produzione di cemento Buzzi Unicem. Per la riapertura del Castello Maniace a Siracusa, nel 2020, interessato da un lungo restauro, Pirri realizza l’installazione Passi: una superficie pavimentale specchiata che riflette le architetture della sala ipostila e che si carica dei passi e della forza dei lavoratori della società di cementi, che segnano e frantumano, con il loro incedere, lo specchio continuo. 

Dall’azione processionale, al coinvolgimento degli studenti: Pirri racconta della trasposizione in architettura dei suoi meravigliosi acquerelli ad opera gruppo di studenti e dottorandi in Architettura dell’Università Roma Tre, coordinati dal prof. Paolo Desideri, per progettare a Guidonia un centro culturale a pochi passi dalla cementiera della Buzzi Unicem.

E, a dire bene del sodalizio arte-architettura è, poi, il lavoro di Pirri a Firenze: Prospettive con orizzonti è l’opera che funge da copertura al nuovo auditorium del Maggio Musicale Fiorentino, progettato dallo studio ABDR, e che si caratterizza di ritmi regolari e di eleganti giochi materici.

Sara Løve Daðadóttir racconta di Pavilion Nordico: un centro di arte e cultura nordica a Buenos Aires, che presto coinvolgerà artisti e artigiani abruzzesi: in un palazzo di inizio secolo trova spazio una residenza che accoglie, ogni mese, artisti, artigiani, designer, provenienti non solo dal nord Europa. Qui, dal 2019, prendono forma manufatti che guardano al sapere locale, alla lavorazione del vimine e del vetro, oltre alle nuove tecnologie e a materiali sperimentali, per dire di quanto il sapere artigianale sia, ancora una volta, parte fondamentale del processo creativo e dell’azione artistica.

Allora, tra le macchine in funzione, le stampe in corso e i prototipi 3D, l’incontro prova che è oggi possibile coniugare tecnologia, fare artigianale, sensibilità artistica e visione imprenditoriale, mettendo a sistema saperi e competenze diverse che insistono già sui territori.