Silvia Giambrone
Silvia Giambrone, The Hall of shadows ©Adrien Dirand, Courtesy Dior

Riflessioni a specchio. L’estetica del disincanto nell’opera di Silvia Giambrone

Un percorso visivo ed emotivo tra moda, arte contemporanea ed empatia estetica. Specchi ‘in movimento’, The Hall of Shadows, l’ultimo lavoro di Silvia Giambrone realizzato in collaborazione con DIOR. Riflessioni speculari che l’artista anima ne La Galerie des Glaces di Versailles in occasione della presentazione della collezione prêt-à-porter donna della Maison francese.

Siamo il nostro ricordo, Siamo museo immaginario di mutevoli forme, Mucchio di specchi rotti.

Jorge Luis Borges, Elogio dell’ombra, 1969

Immaginiamo… di essere a Versailles nella maestosa Reggia costruita per volere di Luigi XIV, le roi soleil. Siamo in una delle sale più rappresentative del potere assoluto del sovrano, La Galerie des glaces. Una location preziosa che Maria Grazia Chiuri, direttore creativo della casa di moda Dior, sceglie come scenografia per presentare la collezione prêt-à-porter donna 2021-2022 della Maison e dar vita, in dialogo con l’arte contemporanea di Silvia Giambrone e le coreografie di Sharon Eyal, alla magia della bellezza che abita il corpo, l’incantesimo della moda che permette di vedere il sogno. Ora, immaginiamo di attraversare gli specchi della sala, di andare oltre la soglia temporale, riflettere specchio a specchio, seguendo il filo consapevole dell’arte dell’empatia. E voilà…Da quel passato imponente e fastoso arriviamo ai giorni nostri, decisamente meno splendenti, forse più critici e incerti. Il tempo del qui e ora dove la pratica artistica diviene essenziale nella comprensione del momento che viviamo e dell’umanità che si guarda allo specchio, senza mai quasi realmente fermarsi a riflettere. E poi, d’un tratto, l’incantesimo si spezza, la magia svanisce… L’estetica del disincanto mostra l’inganno senza orpelli, specchi senza specchi, nessun rimando, nessun riflesso, siamo di fronte alla bellezza che ferisce, è l’allarmante cambiamento del sentire di The Hall of Shadows di Silvia Giambrone che risuona presente nella magnificente Galleria degli Specchi. Non siamo più riflessi, la vista è velata, gli specchi inducono a sentire senza vedere. In questo ‘non mostrare’ il corpo si ferma per accorgersi del dolore, incerato e intriso di spine affilate, pronte ad affrontare il disagio e la sofferenza del male che va mostrato per essere sciolto nella stessa cera, dapprima indurita. Siamo dinanzi alla potenza di una bellezza crudele, dirompente e spinosa, un alert collettivo di uno specchio che non tradisce e non nasconde il vero, il grido che guarda oltre, che rompe il paradigma della tradizionale bellezza e riflette il dolore del cambiamento, una nuova estetica. Gli specchi di Giambrone destabilizzano e ‘spezzano’ il simbolo del bello che rassicura. L’artista, di fronte a questi specchi non convenzionali, avulsi dalla loro funzione identitaria, ci invita a riflettere sul dolore, sulla durezza aculea del senso effimero di una estetica spesso rassicurante. È necessario mettersi totalmente a nudo, rispecchiarsi e rispecchiare la realtà ombrosa fuori e dentro noi stessi, riconoscere la banalità del male e andare oltre, sentire in quel pungersi il risveglio dolente che può davvero svelare ai nostri occhi la vera bellezza.

Negli specchi di Silvia Giambrone bisogna andare oltre la vista, rispecchiare è sentire. La lettera che segue nasce da riflessioni ‘a specchio’, un bisogno per meditare insieme sul senso e ruolo dell’arte come attivatore di pensiero visivo ed emotivo. Un’attenzione sul valore relazionale e sociale dell’opera, nel processo di educazione all’arte dell’empatia estetica come metodo per vedere e sentire la vera bellezza che fa male.

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Cara Silvia,

questa lettera è l’inizio di una relazione attraverso l’arte del rispecchiamento.

Sento, vedo, mi relaziono.

I tuoi specchi ci hanno portato a riflettere insieme sul Qui e Ora, partendo dal dolore, dal disagio e dal bello, per raggiungere una soluzione che viaggia con rispetto ed etica sino alla tua estetica. Una nuova estetica, un nuovo specchio che pone la donna in relazione con il mondo. Come stare al mondo nella consapevolezza del dolore che si trasforma in Bello. Il Bello oltre lo specchio come l’incanto nel rispecchiato dolore. I tuoi specchi sono riflesso contemporaneo di tutti NOI!

Questo è un viaggio insieme verso la Verità dell’interno, del tuo sentire (che è quello che ci interessa) come creatrice dietro lo specchio e come artista che comunica guardando gli altri davanti il suo specchio. Empatia nasce da uno specchio/identità per poi creare relazioni, ed è solo nella relazione che si realizza autenticità spazio-tempo. Identità si rispecchia nell’occhio dell’osservatore, e lo specchio risulta un alert infinito laddove le spine risultano interruttori di conoscenza. Solo nel risveglio dal dolore possiamo guardare davvero senza essere accecati dal desiderio di illusione. L’invito all’emancipazione radicale del bello attraverso l’interrogazione del dolore ingombrante, come l’atto della relazione intima nei luoghi aperti, trova la domanda di riconoscimento.

Qui e Ora, non basta più la realtà che fa rumore, che le cose accadano e succedano, occorre che ci fermiamo nel Cosa SENTIAMO? Cosa PENSIAMO, cosa VEDIAMO al di là delle nostre scoperte del Sé e COSA DI QUESTO POSSIAMO FARE INSIEME?

Il segreto che tu sveli è nel bello che va oltre lo specchio, si trasforma in opera dell’intimità emotiva che ci cattura e ingombra lo spazio come nuovo volto in RELAZIONE.

Il tuo SENTIRE si traduce nel VEDERE Mio Tuo Nostro sentire…

Come mai questa magia accade? Come mai senti il potere e la violenza dentro il corpo delle donne? Quel Sentire da dove parte e come si presenta nella sua visone, nel pensiero immaginario collettivo? Le tue mani perché hanno scelto il tocco delle spine come alert sullo specchio collettivo, specchio senza vetro di un Narciso contemporaneo? Dove volevi portarci nel risveglio? Chi eravamo NOI nella tua narrazione, con sguardi di dolore, mentre creavi uno specchio della verità? Per te la donna ha un volto? Un specchio Femminile? Perché?

Le domande rispecchiano una conferma che SENTIAMO INSIEME, è la magia dello specchio di EMPATIA.

Silvia Giambrone, The Hall of shadows, courtesy DIOR ©Adrien Dirand

Care Amalia e Andrijana, grazie per la vostra lettera.

Ci sono tradimenti preziosi, come quelli che talvolta lo specchio mette in scena, che liberano finalmente il tradito da quel patto di realtà sigillato lentamente e inesorabilmente con la quotidianità. Nessuno sfugge a questo esame quotidiano: lo specchio ti condanna, lo specchio ti assolve. Può così accadere che la realtà ti trovi in piedi alla sbarra, petto aperto alla sentenza, senza neppure sapere del processo. Così si comportano gli specchi, costretti in doppiopetti di illusioni. Io invece confido nei tradimenti. I fasti, la gloria, l’epica, la vittoria, l’esaltazione di immagini di potere che conserviamo nel petto a monito del nostro fallimento e che severamente ci chiamano alla vita, trovano quotidianamente nello specchio la loro prova finale, ed è qui che sento il bisogno di ordire un tradimento alto e profondo. Trapuntata di spine, la superficie dello specchio si abbandona al morbido calore della cera, sciogliendo così il segreto accordo tra chi guarda e chi è guardato, tra chi dice e chi viene detto. Ci sono domande a cui abbiamo risposto con grazia e con pazienza, ci sono altre domande che ci scavano dentro come la goccia con la pietra. Non è più tempo di affidare all’intimità dello specchio la risposta a queste domande. E’ tempo di sospettare di tutte le immagini che abbiamo ereditato e che ci hanno viste in catene per secoli. Catene di sguardi, catene di abitudini, di convenzioni, perfino catene di uguaglianza, ottenuta a titolo di cortesia. Come se bastasse allungare la catena piuttosto che scioglierla. È ora che quel che ci circonda ci dica la verità sulle nostre vite ed è ora che noi si sia pronte ad ascoltarla, a dispetto del pudore, della paura e della memoria, a dispetto dell’appartenenza, a dispetto della nostra stessa complicità, quasi sempre fraintesa, così da riscrivere l’ordine del mondo mentre riscriviamo noi stesse.

Silvia Giambrone, The Hall of shadows, courtesy DIOR ©Adrien Dirand

Grazie di CUoRE Silvia

Maria Grazia Chiuri – Maison DIOR per la gentile concessione delle immagini

Andrijana

Versailles, La Galerie des glaces, The Hall of Shadows di Silvia Giambrone, a cura di Paola Ugolini, per DIOR

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