Nel tuo tempo, OlafurEliasson, installation view Palazzo Strozzi Firenze. ©photo Ela Bialkowska OKNO studio

Nel tuo tempo: considerazioni sul concetto di tempo nell’estetica di Olafur Eliasson a partire dalla mostra di Palazzo Strozzi

Davide Silvioli ci invita a riflettere sul concetto di “tempo” esistente nella mostra di Olafur Eliasson appena inaugurata a Palazzo Strozzi.

Come noto, lo scorso 22 settembre, a Palazzo Strozzi, ha aperto al pubblico la mostra di Olafur Eliasson, a cura di Arturo Galasino, dal titolo “Nel tuo tempo”. La personale, dal taglio antologico, raccorda nelle sale dell’antica sede una cerchia di opere distintive dell’andamento del percorso di ricerca artistica dell’autore, dagli anni Novanta a oggi. I lavori, generalmente, presentano un assetto interdisciplinare, stabilendo compresenza fra dispositivi tecnologici e materie prime, spesso formulati in apparati visivi dalle proprietà cinetiche e ottiche, risolvendosi, per lo più, nella fisica di installazioni in cui il fruitore riveste un ruolo discriminante nella lettura dell’opera stessa. Dunque, a collegare una realizzazione all’altra, sul piano espressivo, si registra la sussistenza di questo dato dinamico, di un cambio di stato persistente che tuttavia risulta sempre essere iscritto in un regime estetico dotato di coerenza. Le opere mutano parzialmente in maniera autonoma e, allo stesso tempo, variano anche a seconda della prospettiva d’osservazione del visitatore, il quale, così, identifica una variabile attiva rispetto alla restituzione delle stesse.

Parallelamente, è importante specificare, per addentrarsi sensatamente nei contenuti a fondamento del progetto, ideato dallo stesso Eliasson, che tale predisposizione al movimento non è da interpretarsi, banalmente, in chiave di mera destabilizzazione percettiva, come fosse un contraccolpo della tradizione optical, ma, diversamente, dimostra ben maggiore attinenza genealogica con le ricerche cinetico-programmate maturate in Europa durante la prima metà degli anni Sessanta. Relativamente a questo linguaggio artistico, la funzione del movimento, appunto, concretava il divenire del tempo, inglobandolo letteralmente nell’entità materiale dell’opera. Ugualmente, è altrettanto doveroso precisare che le realizzazioni esposte con corrispondono neppure a una rivisitazione pedissequa dell’antecedente storico-artistico appena citato, poiché rivelano differenze sostanziali nei mezzi, nell’estetica e nei temi. Pertanto, secondo quali modalità la formalizzazione delle opere incluse nell’esposizione rispecchia il concetto di tempo – dichiarato esplicitamente nella sua denominazione – e quali sfumature della relativa nozione giunge ad argomentare? 

Nel tuo tempo, OlafurEliasson, installation view Palazzo Strozzi Firenze. ©photo Ela Bialkowska OKNO studio

Dalla titolazione, emerge, innanzitutto, la concentrazione dell’impianto teorico della mostra sul tempo soggettivo; ovvero quello misurato in correlazione alle possibilità dell’individuo che lo avverte. Difatti, il riferimento al tempo del soggetto, perciò a un senso del tempo introspettivo/psicologico, di cui si ravvisa la matrice in Bergson, si evince nell’aggettivo possessivo “tuo”, che rimanda a una temporalità intrapresa come personale. Si tratta di un tempo, invero, sì introiettato ma non interiore al punto di causare una percezione arbitraria del suo svolgimento, come sull’esempio della “recherche” di Proust. Allora, il rinvio al tempo soggettivo è da ricondursi al condizionamento – già menzionato – che il singolo fruitore esercita approcciando alle opere, influenzandone i tempi, quindi collateralmente anche i modi, di espressione. Parimenti a come la percezione del tempo di ciascuna persona è alterato sulla base di quelle che sono le variabili (efficienza degli organi di senso del percipiente, posizione nello spazio, stato dell’ambiente circostante, etc.) del contesto entro cui la stessa ne avverte il corso, il confronto con i lavori dell’artista cambia in risposta alle capacità sensoriali dell’osservatore, alla sua collocazione nella sala, alla direzione del suo percorso di visita e, per le opere in esterno, anche in rapporto ai cambiamenti atmosferici. Quest’ultimo aspetto attesta che, così come l’individuo elabora gli effetti del tempo oggettivo, cioè quello fisico, derivandone conclusioni soggettive, ogni visitatore della mostra, per le ragioni medesime, esperisce la relazione con l’opera mediante termini differenti, la quale, ciò nonostante, è depositaria di una cronologia propria – a suo modo – oggettiva, poiché, come introdotto, le realizzazioni palesano regimi estetici (e tecnici) coerenti. A questo punto, allora, qual è il derivato del concetto di tempo che le opere, così impostate, nella loro oggettività, terminano nel tematizzare?

Verrebbe da sostenere, a una prima impressione, che si tratta del tempo relativo di Bachelard, il quale, nel suo proposito di razionalizzare la concezione bergsoniana di durata cronologica, termina nel teorizzare un tempo pensato come continuità plurale (compatibile con quanto enunciato dalla teoria della relatività ristretta). Tuttavia, questa risposta sarebbe insufficiente perché non è in potere di riflettere il peso che, in Eliasson, hanno sempre avuto le materie impiegate e il loro studio.

Nel tuo tempo, OlafurEliasson, installation view Palazzo Strozzi Firenze. ©photo Ela Bialkowska OKNO studio

D’altro canto, in questa interrogazione, è risolutivo invece fare appello alla teoria stilata da Benveniste (poi riabilitata da Serres, Marramao, Polizzi), il quale rivendicava che il sostantivo latino tempus, usato per indicare sia il tempo cronologico che quello meteorologico, è successivo a quelli che erano erroneamente ritenuti essere i suoi derivati (tempestas, temperatura, etc.) e che quindi è tempus a essere un derivato di una classe di sostantivi preesistente. Ciò sottende al fatto che la percezione del trascorrere del tempo, per sua ontologia, è strettamente connessa al verificarsi dei fenomeni meteorologici (si pensi allo strumento della meridiana) e, più largamente, di quelli naturali, quindi alla loro osservazione convertita in misura. Tale sistema concettuale, risarcendo la frattura che convenzionalmente intercorre fra le due categorie della temporalità prima citate, ben replica l’esercizio dinamico messo in atto dalle opere a composizione della mostra di Palazzo Strozzi e che rappresenta una costante dell’autore danese. Su questa basa, non è un caso che fra i temi intrapresi da Eliasson ricorra regolarmente il clima, l’ambiente, le forze della natura. Su questa linea, “Beauty” (1993) costituisce un caso paradigmatico, nel suo essere, in divenire, sciame atomico, pioggia cosmica, fuoco pulviscolare, vento aurorale, spettro di luce, frequenza d’acqua, turbolenza di onde. D’altronde, non c’è tempo che passa senza il tempo che fa. 

Nel tuo tempo, OlafurEliasson, installation view Palazzo Strozzi Firenze. ©photo Ela Bialkowska OKNO studio