63° Premio Termoli – Una biblioteca di arti visive e design per raccontare un territorio

Apre al pubblico in una bellissima giornata di sole il Premio Termoli al MACTE. La sua 63esima edizione dialoga sulle due strade percorse già nell’anno precedente, Architettura e Design e Arti Visive, nel quale non c’è un tema di partenza scelto dalla curatrice Cristiana Perrella ma le connessioni nate portano un filo conduttore. Identificarsi nel presente progettando un futuro sapendolo gestire, mantenendo delle radici.

La sezione  Architettura e Design si compone di una call internazionale a cui è stato chiesto di ideare uno spazio nuovo e funzionale, una biblioteca da costruire all’interno di un’ala del MACTE. Un ex mercato rionale riqualificato a tal punto da essere ciò che la cultura deve e può essere nel territorio, un dialogo. I sei partecipanti alla call sono stati BB (Milano); Chiara Cavanna–Isabella Ciminiello–Simone Nardi  (Torino); thehighkey (New York); Matilde Cassani Studio (Milano); Ortiz + Zhou_O+R Studio (Siviglia) e Sara&Sara (Ljubljana) e il risultato di questa chiamata è stata la sostenibilità, la ricerca di una luce che dia visibilità e l’appartenenza del territorio emersa dai colori, dalle linee e dalla forza delle strutture ideate per lo spazio. La giuria che ha scelto i lavori è composta da Cristiana Perrella, Federica Sala (curatrice e design advisor), Marco Rainò (architetto, designer e curatore) e Paolo De Matteis Larivera (Presidente della Fondazione MACTE). 

Mentre i 12 artisti presenti per la sezione Arti visive sono arrivati  dalla selezione di 4 Curatori, in dialogo con la curatrice incaricata Cristiana Perrella, composto quest’anno da Davide Ferri, Alessandro Rabottini, Bruna Roccasalva e Alessandra Troncone. Il risultato è una connessione naturale e a tratti involontaria di quello che la natura delle cose facciano parte di noi, di come la tecnologia sia nel presente e vista con gli occhi increduli e meccanici del post futuro, la ricerca nel passato di identità contestualizzandolo e dichiarazioni di vita eterna.

È una mostra, in parte contenuta nella piazza centrale del MACTE, dove Pissing figures di Giulia Cenci  dialoga con Linda Fregni Nagler Untitled (Fragment of healing Light). Un’installazione e un lavoro di ricerca fotografico nel quale si rende ibrido il naturale recuperando uno sguardo visionario futurista ma grazie al passato nei suoi componenti. Girando la stanza collettiva rimane la pittura, arricchita dal colore e l’espressione della trasmissione di input interconnessi. Il dito e Secondo tuffo di Valerio Nicolai nel loro colore rosso intenso applicato ai grandi formati che utilizza lasciano spazio oltre la tela, oltre i limiti, mentre Strettamente legati. Il profilo di mia madre e Transito di Chiara Enzo con le sue piccole tele di profondo tatto ci immergono nella sua indagine di appartenere ad una famiglia e alla vita terrena, la pelle resa come uno sconfinato confine da cui trarre le risposte.

Lorenza Boisi e Michele Tocca toccano matericamente i loro lavori, chi con il colore e nella percezione umana, animale e naturalistica con assaggio alla vita quotidiana (Winter life  e Orfeo incanta gli animali con la musica) e chi lo fa con il calore da elementi figurativi isolati e percettibili fino all’immaginario astratto di un paesaggio (After Rain, Woods, Dry rain-jacket).

Passando poi alle stanze con progetti individuali troviamo Luca Bertolo con Alba mediterranea. La costa vista dal mare che intelligentemente ci lascia intravedere quello che non vediamo nel consueto, una tela appoggiata a terra con degli spiragli che ci permettono di vedere quell’alba e immaginare quella costa. Il progetto fotografico di Irene Ferrara dal nome Supervision (Leaves and other Blurrings) ci dà anch’esso la possibilità di avere spiragli di quel qualcosa che dimentichiamo e che lasciamo andare, come telecamere di sorveglianza abbandonate funzionanti che immortalano spiragli di inutile funzionalità ma di carattere emozionale forte. 

L’installazione di Luca Monterastelli Happy together, the recursive need for unity racconta nella sua grandezza un complesso stato di civiltà contenuto in una casa, in una comunità fatta di elementi che innescano il pensiero di produttività, costruzione e di difesa. La delicatezza delle ceramiche di Diego Cibelli La devozione della cura incarnano proprio la devozione, senz’altro sinonimo, di quello che la tecnica ceramica di Capodimonte unita a iconografie da archivio riescano a raccontare un mondo di fantascienza, trasformativo tra umano e naturale lasciando serenità e calma. 

Una scultura enciclopedica data dalla trasformazione di un’ossessione compulsiva di uno storico d’arte e chiusa da un artista che, per chiudere anche lui un cerchio emotivo, ha creato un paesaggio che racconta del suo territorio e delle sue montagne. Eugenio Tibaldi in Architettura dell’isolamento racconta la sua storia, nel buio di un appartamento ricreato e assemblato pieno di parole e figure iconiche. 

Infine il video di Adelita Husni-Bey The reading / La seduta chiude il racconto aprendo altri spiragli a temi che hanno ancora bisogno di risposta. Una seduta o un incontro, dei tarocchi e delle domande di giovani che si confrontano con l’artista che riflettono sulle proprie relazioni con l’ambiente e con lo sfruttamento della terra, esaminando una serie di interrogativi complessi relativi al concetto di estrazione, minaccia, tecnologia, uso, valore e vulnerabilità. Un racconto sulla nostra terra, un messaggio intergenerazionale.

Un’occasione di confronto e di apertura,  che il MACTE propone in questa edizione del Premio Termoli dimostrando capacità di riuscire a creare progetti importanti e a valorizzare un territorio con potenzialità.

La giuria, composta da Cristiana Perrella, Caterina Riva (direttrice del MACTE) e Francesco Stocchi (curatore del Museum Boijmans van Beuningen di Rotterdam), sceglieranno l’opera vincitrice che entrerà nella collezione del MACTE con la modalità del premio acquisto sia per la sezione Architettura e Design come per le Arti Visive.