Letizia Battaglia, immagine dalla pagina Facebook della fotografa

Una polemica provinciale (atto finale)

Ultimo atto di una vicenda di cui avremmo preferito un epilogo diverso. Quello che rimane, a margine di queste discussioni, è purtroppo il vuoto.

Nella breve nota pubblicata qui su Segnonline a mia firma lo avevo affermato che eravamo di fronte a una polemica provinciale (adesso aggiungerei anche “virtuale”), la cui vittoria sarebbe andata, alla fine, alla rissa, al nulla. Non lo avevo affermato perché posseggo le stesse qualità di un chiaroveggente (forse sì), ma perché l’epilogo di tutto era scritto dentro la corsa agli armamenti che le due tifoserie (i pro e i contro) stavano intraprendendo, a colpi di offese pubbliche e sterili. È stato davvero irritante. Insopportabile. 

Non saprei dire se quella di sollevare un polverone e scatenare la tempesta, senza giungere a conclusioni, sia una maledizione tutta italiana o, piuttosto, tale patologia derivi da anni di esposizione alla tv, la quale con la violenza, l’ingiuria e la morbosità riempie i suoi palinsesti da anni. Comunque, lo ammetto: a un certo punto ho pensato di trovarmi in un cinepanettone (stanno arrivando, eh!). Sono ritornato nella realtà quando ho riavvolto il nastro della vicenda, e ho analizzato quei passaggi di poco precedenti all’esplosione mediatica, ai passaggi in cui feci un paragone tra le foto e le domande: è pubblicità?, sono interessanti?, ci vedo dentro qualcosa?, c’è di meglio? 

Mi hanno incuriosito, invece, le modalità con cui le riviste di settore hanno trattato l’argomento, malgrado di divertente non ci fosse nulla. Il compito delle riviste di settore non mi pare che sia quello di fornire delle arringhe, anche se sappiamo bene che sono funzionali al tribunale di Facebook. Mi piace quando la critica è appassionata. Anzi, è proprio così che dovrebbe essere. Ma ritengo che un obbligo della critica sia presentare i mille scenari complessi di un singolo evento, non far confondere il lettore con mille parole sviando il nucleo. E poi, mi chiedo, perché la critica è così rigida, così restia a utilizzare un linguaggio leggermente più ironico? Come mai è così ostinata nel prendere tutto sul serio? Dài, almeno la critica potrebbe concedersi una narrazione diversa della realtà, visto che alla narrazione omologata ci pensano i quotidiani (se non fosse per il differente colore delle testate, non riuscirei a individuarli). 

Al termine di una brutta vicenda, che ha portato ad alcune scelte discutibili, alcune totalmente inaccettabili e ad altre leggitime, a mio giudizio ritengo che tutto ‘sto inchiostro digitale non era necessario sprecarlo. Pubblicità d’autore sono quelle foto, pubblicità di una grande fotografa, e pubblicità rimarranno: per l’eternità. Però capisco anche un’altra cosa, e cioè che l’uomo contemporaneo è annoiato. Deve occuparsi di qualcosa, senza occuparsene davvero. Deve occuparsi della modella di Gucci, delle scarpe della Lidl, di Zerocalcare ultimo intellettuale e così via. Sono questi i suoi nuovi “beni culturali”. 

Prima che qualcuno mi fraintenda appositamente, preferisco chiarire in modo elementare. Non sto dicendo che i singoli elementi che ho testé citato possono confondersi tra loro come il ketchup e la maionese, come la vodka e l’acqua tonica. Sto dicendo che dell’apparato fenomenico di tali singoli elementi non se ne dovrebbe occupare più nessuno affinché si dissolvano, affinché i lettori trovino contenuti qualitativamente interessanti, o pedagogicamente scomodi, tra le colonne delle riviste o i post dei social. Non vorrei nuovamente fare il veggente, ma permettere l’ingresso di questi temi laddove il posto era occupato da argomenti più impellenti (vorrei ricordare a tutti che siamo ancora dentro l’apocalisse), a lungo termine potrà causare dei danni. 

Dunque, mea culpa per aver scritto. Fine. 

Dario Orphée La Mendola

Dario Orphée La Mendola, si laurea in Filosofia, con una tesi sul sentimento, presso l'Università degli studi di Palermo. Insegna Estetica ed Etica della Comunicazione all'Accademia di Belle Arti di Agrigento, e Progettazione delle professionalità all'Accademia di Belle Arti di Catania. Curatore indipendente, si occupa di ecologia e filosofia dell'agricoltura. Per Segnonline scrive soprattutto contributi di opinione e riflessione su diversi argomenti che riguardano l’arte con particolare attenzione alle problematiche estetiche ed etiche.