La mostra presenta capolavori di oltre 30 artisti, datati tra il XVII e il XIX secolo. Oltre le stampe e i dipinti troviamo oggetti di uso quotidiano, come ventagli, kimono e strumenti musicali.
Durante il periodo Edo (dal nome della capitale orientale, l’attuale Tokyo) il Giappone mantenne una politica di isolamento dal resto del mondo, ma con importanti trasformazioni sociali ed economiche che favorirono l’urbanizzazione. La società era rigidamente strutturata in classi sociali, con restrizioni sull’interazione e rigide norme comportamentali. I samurai dominavano la gerarchia sociale, ma la classe mercantile accumulò ricchezza e cominciò a godere di privilegi come l’istruzione e l’accesso alle arti. L’Ukiyoe, che significa “mondo fluttuante”, divenne l’espressione artistica dell’immersione nella realtà terrena, considerata dal buddhismo fonte di sofferenza per la sua natura impermanente, ma ora riscoperta attraverso un raffinato edonismo, capace di valorizzarne la pur effimera bellezza.
La mostra approfondisce diverse tematiche attraverso sette sezioni, mostrando il fascino delle donne, le arti performative, i quartieri del piacere, gli intrattenimenti e le vedute del Giappone. Le stampe dell’Ukiyoe, realizzate principalmente mediante silografia con blocchi di legno su carta o stoffa, divennero estremamente popolari e riflettono l’evoluzione dei costumi e delle tradizioni giapponesi. Inizialmente incentrate su attori kabuki e scene urbane, si estesero poi a una vasta gamma di soggetti, inclusi paesaggi e ritratti di cortigiane.
L’Ukiyoe ha continuato a influenzare l’arte e la cultura anche dopo il periodo Edo, in Giappone e in occidente, da Van Gogh a Monet, fino agli odierni manga. Un contributo importante in Italia è stato dato dalle collezioni di Vincenzo Ragusa e Edoardo Chiossone – artisti residenti a lungo in Giappone tra fine Ottocento e primi anni del Novecento – dalle quali provengono la maggior parte delle opere in mostra.